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il racconto della figlia Il Tirreno #finsubito richiedi mutuo fino 100%


LIVORNO. È morto in casa, da solo, nonostante la figlia a luglio abbia lanciato l’allarme ai servizi sociali per tentare di salvarlo. Ma l’iter burocratico, purtroppo, ha impiegato troppo tempo per arrivare a compimento. E Sandro Favilli, dentista livornese di 71 anni, è stato trovato cadavere accanto al letto del suo appartamento al quarto piano di via Zambelli, nella zona di Villa Fabbricotti. Un malore, probabilmente, quello che gli ha stroncato la vita: se ne è accorta proprio la figlia, con cui da due anni l’odontoiatra aveva deciso di rompere ogni legame, non vedendolo più collegarsi su Facebook e parlando con l’ex compagna, che lo sentiva ogni giorno e che da quasi due settimane però non riusciva più a contattarlo.

La tragedia

Favilli, andato in pensione durante il Covid, ha avuto per anni uno studio a San Pietro in Palazzi, nel Cecinese, e poi a Livorno, in via di Popogna. Aveva perso la moglie sette anni fa: non aveva amici e gli era rimasta solo la figlia e l’ex compagna, con la quale spesso di sentiva. Quest’ultima, chiamando la figlia, ha attivato la macchina dei soccorsi, con i volontari della Svs di Ardenza e il medico e l’infermiere del 118 sull’automedica dell’Asl che purtroppo, per salvarlo, non hanno potuto far nulla dopo la scoperta del cadavere, visto che era già in avanzato stato di decomposizione. Per chiarire le cause del decesso, con ogni probabilità, verrà eseguita l’autopsia o un esame esterno, visto che i dipendenti delle onoranze funebri della Misericordia di via Verdi hanno trasferito la salma, sotto sequestro così come l’immobile, al cimitero dei Lupi. La polizia di Stato, con la scientifica, si è invece occupata dei rilievi, stabilendo che all’interno della casa non c’era nessun altro.

Parla la figlia

«Nonostante da due anni mio babbo avesse chiuso unilateralmente i rapporti con me – spiega – io ho cercato in tutti modi di rimanergli vicino, pur non abitando in città. Per capire se fosse vivo o meno, l’unica cosa che potevo fare, era vedere i suoi accessi su Facebook. Ho provato a chiamarlo, varie volte, ma conosceva il mio numero e non rispondeva. Quindi, siccome era una persona abitudinaria, tenevo d’occhio Messenger. Negli ultimi giorni non c’era più entrato e chiaramente dopo varie situazioni che non tornavano ho chiamato il 112 e fatto intervenire i pompieri». La donna, a luglio, aveva inviato una mail ai servizi sociali del Comune, mettendo in moto l’iter che purtroppo non è arrivato a compimento per tempo. Il suo obiettivo era aiutare il padre. «Mi hanno richiamato dopo pochi giorni, ho spiegato loro la situazione – le sue parole – ma mi hanno detto di non poter effettuare un accesso forzato in casa, visto che era in grado di intendere di volere. Il problema era che lui non voleva essere aiutato, non accettava nessuno. Ho raccontato loro che l’ultima volta che ero stata da lui, siccome era un accumulatore seriale di oggetti, le condizioni igienico-sanitarie dell’appartamento erano veramente al limite della praticabilità». Dall’ente, la figlia, è riuscita comunque ad avere il nominativo del medico di famiglia. «Oggi – sottolinea – avrei avuto un appuntamento con lui, per spiegargli la situazione. Purtroppo è accaduto troppo tardi, mio padre non me lo restituirà più nessuno. Io ho fatto di tutto per aiutarlo, andando anche contro la sua volontà, e di più davvero non potevo fare. Mi sarei aspettata un epilogo diverso, anche se che non so davvero se i servizi sociali avrebbero realmente potuto fare di più, dico che forse avrebbe potuto essere salvato».

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Sulla causa del decesso, al momento, non vi sono certezze. La pista più probabile è il malore improvviso, visto che in casa non vi sarebbero segni che farebbero pensare al contrario, solo un ingente accumulo di materiale che, però, nulla a che fare con il decesso di Favilli. «Anche io ipotizzo il malore improvviso – conclude la figlia – ma sono in attesa di avere ulteriori informazioni dalla procura. Per il funerale dovrò attendere ancora un po’ di giorni, forse due settimane, dato che la salma è sotto sequestro».



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