A fine settembre Pechino ha annunciato un ampio pacchetto di misure di stimolo monetario e di sostegno al mercato immobiliare. La Borsa di Shanghai ha immediatamente festeggiato con un rialzo nelle settimane successive che ha sfiorato il 40%, ma gli economisti hanno accolto l’annuncio con molto meno entusiasmo. Se il rallentamento della seconda economia al mondo ha bisogno di un intervento così massiccio, vuol dire che la situazione è peggiore di quella descritta dai dati ufficiali, è stato il ragionamento. E in secondo luogo non è detto che le misure annunciate sia sufficienti a rilanciare la crescita. A conferma di questi timori, è già arrivato l’ampliamento del programma voluto dalle autorità cinesi, che si concentra soprattutto sul settore immobiliare, ormai da molti anni il maggior problema dell’economia cinese: le imprese edili hanno infatti costruito moltissimo facendo ricorso al debito bancario e il crollo del mercato immobiliare ha messo in difficoltà l’intero settore, che a sua volta ha trasmesso i problemi al comparto bancario.
Il pacchetto messo in campo dalla Banca Centrale Cinese (Pboc) comprende il taglio dei tassi di interesse a breve termine e la riduzione del coefficiente di riserva obbligatoria che le banche devono mantenere, una misura che consentirà di liberare fino a 1 trilione di yuan (130 miliardi di euro), aumentando la capacità degli istituti di credito di erogare prestiti a imprese e famiglie. Ci sarà inoltre un’iniezione di almeno 800 miliardi di yuan (102 miliardi di euro) per sostenere la liquidità e stimolare il mercato azionario. Sono stati infine previsti tagli ai tassi di interesse sui mutui esistenti, da cui trarranno beneficio circa 50 milioni di famiglie, e un abbassamento dell’acconto richiesto per l’acquisto di seconde case.
“Un’azione simultanea così è molto insolita e testimonia l’urgenza di Pechino”, hanno scritto gli economisti di Bloomberg, che ricordano come da ormai un po’ di tempo si susseguano gli avvertimenti sul fatto che la Cina potrebbe non riuscire a raggiungere il suo obiettivo di crescita del Pil di circa il 5% quest’anno.
E i più recenti dati vanno proprio in questa direzione. Il progresso del prodotto interno lordo nel terzo trimestre è stato infatti del 4,6% annuo, un valore superiore al 4,5% atteso dagli analisti, ma inferiore al 4,7% del periodo aprile-giugno.
Il dato relativo al periodo luglio-settembre è il peggiore dell’ultimo anno e mezzo e, secondo quanto riportato dall’ufficio nazionale di statistica cinese (National bureau of statistics of China, Nbs), è maturato in un “ambiente esterno complicato e severo, così come di nuovi problemi di sviluppo economico interno”. “In generale, l’economia nazionale è stata stabile con un progresso costante nei primi tre trimestri e gli effetti delle politiche hanno continuato a manifestarsi con importanti indicatori che hanno mostrato cambiamenti positivi di recente”, scrive ancora l’Nbs.
Oltre alle problematiche fatte registrare dal settore immobiliare, l’economia cinese deve fare i conti anche con un debito del settore privato e delle amministrazioni locali che è cresciuto in modo preoccupante negli ultimi anni. Molte aziende e governi locali hanno accumulato debiti significativi per finanziare investimenti a lungo termine, ma questo ha portato a un aumento del rischio finanziario, con possibili conseguenze sulla stabilità economica del Paese.
In una situazione dove non mancano dunque i motivi di preoccupazione, vanno però ricordati anche i punti di forza dell’economia della repubblica popolare, che continua a vantare una enorme capacità industriale che sta spostandosi sempre più verso prodotti tecnologici avanzati. Il dominio nell’auto elettrica ne è forse il miglior esempio, ma i successi ottenuti nel campo della telefonia con le reti 5G di Huawei sono altrettanto eloquenti, in quanto coniugano altissima qualità e prezzi decisamente inferiori alla concorrenza occidentale.
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