Luca Solca, Senior Research Analyst di Bernstein a Ginevra: «Per i mercati un cambio di leadership alla Casa Bianca può giovare a economia e finanza»
Davanti alla folla di Madison Square Garden a New York, Donald Trump, il candidato repubblicano alle presidenziali americane che si terranno tra una settimana, ha promesso di tagliare l’inflazione, oltreché respingere l’immigrazione. Attorno a lui l’imprenditore Elon Musk, l’ex sindaco di New York Rudy Giuliani e il vice J.D. Vance.
L’economia americana, comunque corre. Anche se la sua corsa non ha garantito a Joe Biden di poter tornare alle urne, è stato il paradosso della gestione democratica di Biden, non riuscire a beneficiare del risultato economico Usa. E la sfidante di Trump oggi è Kamala Harris.
Ma su chi scommette il mondo del business?
«Al 90 per cento credo che il mondo del business internazionale scommetta su Trump alla Casa Bianca», risponde al Corriere Luca Solca Senior Research Analyst, Global Luxury Goods di Bernstein a Ginevra. Tra I più quotati analisti internazionali specie sul mondo del lusso.
Nessun timore che il ritorno di Trump in Pennsylvania Avenue a Washington porti instabilità?
«Al contrario, l’impressione degli investitori internazionali è che allo stato delle cose attuali, ora un cambio di leadership alla Casa Bianca possa essere molto positivo per l’economia e la finanza. Perché Trump ha un’agenda pro-business, ed ha un profilo molto concreto».
Sul piano internazionale, per esempio nel rapporto Usa-Cina, cosa dobbiamo aspettarci tra dazi e tensioni?
«Può darsi che Trump riesca anche a strappare concessioni dalla Cina, anche perché la gestione Biden non è poi stata di grande apertura basti pensare che ha introdotto negli ultimi mesi dei nuovi dazi. Ecco perché le attese di parte del mondo del business globale siano che forse con Trump l’economia Usa starebbe meglio».
A livello geopolitico, quale scenario con Trump e Harris?
«Si arriverebbe a compromessi o scelte di campo più chiare, con Trump. In fondo Trump ha detto che sull’Ucraina vuole raggiungere un compromesso. Così come ha messo in chiaro che appoggia in modo deciso Israele nel conflitto mediorientale. Se ci fosse Kamala Harris a Casa Bianca forse dovremmo preoccuparci di più in Europa: per una probabile escalation ucraina, che potrebbe portare a un conflitto ancora più grave ed esteso con il portato di instabilità e timori da parte degli imprenditori. Certo, un compromesso oggi con la Russia sarebbe come quello del 1938 con la Germania e i Sudeti, il Patto di Monaco… E dopo un anno nuovo avremo un nuovo problema se ci fosse un attacco della Polonia».
A proposito di Usa e di Cina che non riparte e tiene in scacco anche il mondo del lusso globale che sui consumi asiatici ha costruito i suoi piani?
«La Fed ha iniziato a tagliare i tassi e questo permette ai cinesi di intervenire in modo massiccio senza preoccuparsi del tasso di cambio per sostenere la loro economia. Lo conferma la reazione del mercato con titolo Kering, che sale nonostante i dati begativi annunciati come altre maison del lusso. In un certo senso il mercato internazionale parte dall’assunto che ormai abbiamo toccato il peggio, e si può solo risalire. Effettivamente la Fed è stata tempestiva nell’intervenire con il taglio dei tassi prima dell’inizio di una recessione».
Chiunque vinca alle urne americane, il 2025 sarà ancora un anno di recessione?
«Allo stato delle cose, le probabilità di una recessione nel 2025 oggi sono basse, e specie nella seconda metà del 2025 ci saranno i segni di una ripresa».
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