Usa e Regno Unito hanno messo al bando i prodotti che arrivano dalla provincia dello Xinjiang, dove le ong denunciano violazioni sistematiche dei diritti umani
L’industria italiana del pomodoro accusa la Cina di concorrenza sleale e lancia un appello al governo italiano e all’Unione europea affinché si mettano a discutere della faccenda e trovino una soluzione. A riportare la notizia è il Financial Times, secondo cui in realtà l’industria italiana ha già avanzato le proprie richieste: bloccare le passate di pomodoro importate da Pechino oppure imporre dazi del 60% per pareggiare i maggiori costi cui devono far fronte le imprese europee rispetto ai concorrenti asiatici.
I dati del settore in Italia
Ogni anno in Italia vengono lavorate 5,4 milioni di tonnellate di pomodoro, oltre la metà (il 52%) del totale europeo e il 12,2% della produzione mondiale. La trasformazione del pomodoro rappresenta un settore trainante dell’agroalimentare italiano, con un giro d’affari stimato di 5,2 miliardi di euro ogni anno. Il 60% delle passate di pomodoro prodotte in Italia finisce sul mercato estero, anche se in buona parte resta dentro i confini dell’Unione europea.
La concorrenza estera
A guastare i piani delle aziende italiane ci ha pensato la concorrenza delle aziende cinesi. Nel giro di due anni, scrive il Corriere, Pechino ha raddoppiato la produzione di passate di pomodoro: da 6 a 11 milioni di tonnellate. Il fatto è che buona parte delle attività di trasformazione hanno luogo nello Xinjiang, la regione finita sotto i riflettori negli ultimi anni dopo che numerose ong hanno documentato la sistematica violazione dei diritti umani, soprattutto ai danni degli Uiguri, una minoranza di religione islamica che vive nel nord-ovest della Cina. Secondo le imprese italiane del pomodoro, l’impiego di manodopera a bassissimo costo e gli scarsi standard ambientali finiscono per distorcere la concorrenza e il libero mercato.
Lo stop di Usa e Uk
Stati Uniti e Regno Unito hanno messo al bando le importazioni di passate di pomodoro provenienti dallo Xinjiang, proprio a causa dei motivi sopracitati. L’Unione europea, invece, ha preso tempo e nel frattempo è diventata la destinataria del 13% dell’export cinese di prodotti a base di pomodoro. «Dobbiamo bloccare l’importazione di passate dalla Cina o imporre una tassa del 60%, così che il loro costo non sia troppo diverso da quello dei prodotti italiani», ha detto al Financial Times Francesco Mutti, che non è solo amministratore delegato dello storico marchio Mutti ma anche vicepresidente di Anicav, l’Associazione nazionale industriali conserve alimentari e vegetali.
Foto di copertina: ANSA/Max Cavallari
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