In ritardo il Paese su tutti i 17 Obiettivi: tra 2010 e 2023 peggioramenti su 5 Goal. Dati negativi per povertà e disuguaglianze. Enrico Giovannini: «Dalla politica scelte inadeguate»
L’Italia è su un sentiero di sviluppo insostenibile. Lo dice il Rapporto annuale dell’Alleanza per lo sviluppo sostenibile, frutto della competenza di quasi mille esperti che operano nei suoi gruppi di lavoro, rappresentando le oltre 320 organizzazioni della società civile aderenti all’Alleanza. «Gli indicatori statistici più aggiornati descrivono con chiarezza il drammatico ritardo dell’Italia su tutti i 17 obiettivi dell’Agenda Onu 2030», precisa Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’Alleanza. E siamo a soli sei anni dal traguardo.
In alcuni ambiti, addirittura, l’Italia sta andando indietro invece che avanti. Il rapporto, intitolato «Coltivare ora il nostro futuro», riscontra peggioramenti nell’arco temporale tra il 2010 e il 2023 per cinque Goal: 1 (povertà), 10 (disuguaglianze), 15 (ecosistemi terrestri), 16 (governance) e 17 (partnership). Miglioramenti molto contenuti, meno di un punto all’anno, si registrano per sei Obiettivi: 2 (cibo), 7 (energia pulita), 8 (lavoro e crescita economica), 11 (città sostenibili), 13 (clima) e 14 (ecosistemi marini). Miglioramenti più consistenti si evidenziano invece per cinque Goal: 3 (salute), 4 (educazione), 5 (genere), 6 (acqua) e 9 (innovazione). L’unico Goal con un aumento superiore al punto all’anno è quello relativo all’economia circolare (12). Guardando alle disuguaglianze territoriali, emerge una riduzione per un solo Goal (16), un aumento su due (4 e 6) e una sostanziale stabilità per i restanti dodici per cui sono disponibili dati regionali. Non siamo messi meglio sugli obiettivi definiti dalla Strategia nazionale di sviluppo sostenibile 2022, approvata l’anno scorso in seguito agli impegni presi in sede europea: sulla base delle previsioni formulate in collaborazione con Prometeia, dei 37 obiettivi al 2030 solo otto (il 21,6%) sono raggiungibili, 22 (il 59,5%) non sono raggiungibili e sette (il 18,9%) hanno un andamento incerto.
«Insomma, siamo di fronte a un disastro annunciato», commenta Giovannini. «Questa situazione dovrebbe far raccogliere attorno all’Agenda 2030 tutte le forze politiche, economiche e sociali del Paese. Purtroppo, così non è: nonostante il sostegno della cittadinanza a queste tematiche e gli impegni assunti in sede Ue, G7 e Onu dal governo italiano, l’attuazione dell’Agenda 2030 non appare centrale nel disegno delle politiche, visto che gli interventi adottati negli ultimi due anni non solo non sono in grado di produrre il cambio di passo necessario, ma diversi di essi sono andati in contrasto», sottolinea Giovannini. La disattenzione della classe politica all’attuazione dell’Agenda 2030 «appare incomprensibile anche alla luce delle opinioni espresse dagli italiani», precisa Giovannini: il 62% chiede al governo una transizione ecologica rapida e incisiva e il 93% ritiene che l’Italia dovrebbe rafforzare i propri impegni per affrontare il cambiamento climatico.
Il rapporto suggerisce una serie di possibili soluzioni, in particolare invitando il governo a impegnarsi su un Piano di accelerazione verso gli obiettivi dell’Agenda 2030, anche alla luce del Patto sul Futuro firmato il 22 settembre alle Nazioni Unite. Gli interventi prioritari dovrebbero puntare a prevenire il rischio idrogeologico, a orientare la politica di coesione nel quadro di riferimento della Strategia nazionale di sviluppo sostenibile 2022, a rilanciare la strategia nazionale per le aree interne, ad attuare pienamente la legge europea per il ripristino della natura, a dare piena attuazione al Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, ad approvare quanto prima una buona legge sulla rigenerazione urbana e a varare una riforma organica del governo del territorio.
Correggere gli errori
Questi, secondo l’Alleanza, sono i punti salienti su cui operare per correggere la rotta. Senza trascurare la necessità di riorientare la barra del timone sugli errori già compiuti. «La legge sull’autonomia differenziata presenta numerosi problemi che possono determinare crescenti disuguaglianze fra i territori», commenta Giovannini e auspica che le norme vengano modificate, riconducendo le materie di rilevanza nazionale (infrastrutture, energia, ecc.) all’esclusiva potestà legislativa dello Stato. Sul fronte dei possibili fattori positivi di cambiamento, il rapporto individua invece il Regolamento europeo sul ripristino della natura. «Si tratta di una grande opportunità, anche per creare occupazione di qualità, non solo per il miglioramento ambientale nelle aree extraurbane, ma anche in quelle urbane, visto che il Regolamento prevede lo stop immediato al consumo di suolo netto in alcune parti significative del territorio nazionale», spiega Giovannini. Per questo, il Piano di ripristino andrebbe preparato il prima possibile, coinvolgendo la comunità scientifica e la società civile.
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