Condannato quale esponente del locale di Asti, la sua pericolosità è stata desunta anche dalle informazioni fornite dal Comando provinciale dei carabinieri di Vibo
Resta confermata la misura di sicurezza della libertà vigilata per un anno disposta dal Magistrato di sorveglianza di Catanzaro nei confronti di Angelo Stambè, 48 anni, di Sant’Angelo di Gerocarne. È quanto deciso dalla prima sezione penale della Cassazione che ha respinto il ricorso di Stambè il quale con sentenza della Corte d’Appello di Torino, emessa il 20 maggio 2022, è stato condannato – nell’ambito dell’operazione antimafia denominata “Barbarossa” – alla pena di 7 anni sette e 10 mesi di reclusione per il reato di associazione mafiosa commesso nel 2010 e con condotta perdurante. Contestualmente, la Corte d’Appello di Torino aveva irrogato ad Angelo Stambè la misura di sicurezza della libertà vigilata a pena espiata, misura ora confermata dalla Suprema Corte. La pericolosità di Stambè è stata desunta dalle informazioni fornite dal Comando provinciale dei carabinieri di Vibo Valentia, dalla relazione dell’Uepe (ufficio esecuzione penale esterna) e “dall’acclarata appartenenza ad una cosca di ‘ndrangheta dalla quale deriva una presunzione semplice di pericolosità desunta dalle caratteristiche del sodalizio e dall’assenza di elementi idonei ad escludere la permanenza del vincolo”. Per la Cassazione, dagli “atti emerge che Angelo Stambè, di Sant’Angelo di Gerocarne, è stato affiliato al locale di ‘ndrangheta di Asti e vi ha militato sin dal 2010 per circa un decennio; tutti i suoi nove fratelli sono risultati collegati alla stessa cosca e uno di loro vi ha rivestito un ruolo di spicco. L’informativa di polizia descrive inoltre una rete di relazioni familiari e di frequentazioni, intrattenute da Angelo Stambè anche nel periodo successivo ai fatti per cui è stato condannato, che non offrono alcuna rassicurazione circa la definitiva cesura del legame di affiliazione che lo ha incardinato nell’organizzazione criminale.
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