«Non siamo indagati, non siamo soggetti ad avvisi di garanzia. I nove soggetti cui fa riferimento la procura non sono nostri clienti. Certamente la Guardia di Finanza ha degli strumenti per risalire a collegamenti che noi non abbiamo». Questa è la difesa dell’amministratore delegato di Banca Progetto, Paolo Fiorentino, nella conferenza stampa indetta nel giorno in cui il suo istituto è stato travolto da un decreto di tutela giudiziaria da parte del Tribunale di Milano (che non è un commissariamento, come qualche giornale ha scritto) e da un tornado mediatico che, adesso, rischia di mettere a repentaglio la crescita di una banca in salute e che svolge un ruolo non comune nel finanziamento delle piccole e medie imprese italiane.
In ambienti vicini all’istituto milanese c’è anche una certa irritazione su come la vicenda è stata trattata mediaticamente. Se per un verso è logico che un’indagine su 10 milioni di prestiti a 9 società ritenute in odore di ‘ndrangheta attiri l’attenzione, per altro verso è vero che il business bancario richiede delle cautele. Cosa che non sembra sfiorare certi inquirenti ansiosi di finire sui giornali. Non sarebbe da sorprendersi se negli uffici di Banca Progetto fioccassero telefonate di clienti timorosi (anche se giovedì l’ad ha negato deflussi significativi) per un’inchiesta che riguarda presunte «carenze istruttorie di 10 finanziamento su 40mila in essere» (lo 0,000225% del totale). Non è la prima volta che negli ambienti finanziari milanesi si registra un certo stupore per il modo rumoroso con cui talvolta si muove la Procura di Milano. E se poi gli sviluppi processuali portassero alla conclusione che Banca Progetto, in realtà, aveva seguito tutte le procedure correttamente, come tante volte è accaduto? A quel punto sarebbe tardi per cancellare i danni d’immagine procurati alla banca, che peraltro ha in corso un passaggio di proprietà tra il fondo Oaktree (proprietario dell’Inter) e Centerbridge. Titoli come come «Banca Progetto commissariata» si sono sprecati su agenzie di stampa e quotidiani. Il punto è che la situazione è ben lontana da tale eventualità, anche se l’amministratore giudiziario scelto dalla Procura, Donato Maria Pezzuto, ci metterà fino a 1 anno per confermare che non ci sono state carenze istruttorie nell’erogazione di quei 10 prestiti. Ma, come ha detto Fiorentino, «l’amministratore giudiziario non avrà un onere gestionale e non esautorerà le deleghe del management» e quindi i vertici dell’istituto, oltre a non essere sotto inchiesta, rimangono padroni delle scelte gestionali. «Il business va avanti», ha detto ieri Fiorentino. Anche le dichiarazioni di Maurizio Ponzoni, per i pm legato alla ‘ndrangheta, («A Banca Progetto sarebbe bastato fare una ricerca sul mio nome e cognome») sono da prendere con le molle. Dal momento che, come ha dichiarato la banca, lui non figurava nell’anagrafica clienti e, per le conoscenze dell’istituto, Ponzoni non era in alcun modo riconducibile alle società (e lo stesso si può dire per Enrico Barone), che sono pertanto uscite dalle verifiche come solvibili.
Inoltre, per quanto Banca Progetto abbia effettivamente in capo 10 milioni di prestiti, almeno alcune delle operazioni sotto i riflettori sarebbero cofinanziate da altri istituti che non hanno subito lo stesso trattamento. Insomma, questa vicenda potrebbe anche sgonfiarsi, come peraltro è successo altre volte. Ma, come sempre, nessuno pagherà il danno procurato alla sua immagine.
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