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Si applicano anche alle ipotesi di condono edilizio i principi sul silenzio assenso e sulla formazione tacita del titolo, anche laddove sussistano profili di contrasto con la normativa sulla conformità urbanistico-edilizia di riferimento. È quanto ritenuto dal TAR Lazio, sede di Roma, sentenza n. 8282 del 26 aprile 2024.

Silenzio assenso e conformità urbanistico-edilizia: il fatto

Il caso all’attenzione del TAR originava dall’impugnazione della reiezione dell’istanza di condono edilizio presentata ai sensi della legge n. 327/2003. In particolare si discuteva della legittimità dell’adozione del provvedimento di diniego a fronte dell’intervenuta formazione del silenzio assenso sull’istanza presentata.

Sul tema si scontravano le due tesi contrapposte dell’amministrazione e del ricorrente. Secondo la tesi comunale non si poteva formare alcun silenzio assenso sull’istanza presentata a fronte del superamento del limite di 200 mc dato dalla sommatoria delle volumetrie oggetto delle due istanze di condono concernenti il medesimo fabbricato. Secondo il ricorrente, invece, il silenzio assenso si sarebbe comunque perfezionato una volta decorsi i 36 mesi dal versamento dell’ultima rata degli oneri concessori.

All’esito del giudizio, richiamati alcuni precedenti analoghi, il TAR ha dato ragione al privato, annullando i provvedimenti di reiezione dell’istanza di condono edilizio.

La formazione del silenzio assenso

La questione rilevante nel giudizio in esame atteneva alla possibilità di riconoscere la formazione del silenzio assenso per quelle istanze di condono non conformi alle disposizioni di riferimento. Nel caso di specie, come detto, l’istanza violava le disposizioni regionali e nazionali di riferimento atteso che si superava il limite di 200 mc ivi previsto. La ricorrente, infatti, presentava due istanze di condono per un medesimo fabbricato e dalla sommatoria delle volumetrie derivava il superamento dei 200mc previsti. In altre parole, la domanda non poteva essere accolta per carenza dei requisiti sostanziali e, nonostante ciò, il TAR riconosce l’intervenuta formazione del silenzio assenso.

I principi in materia di silenzio assenso per formazione del titolo (tacito, appunto), anche laddove sussistano profili di contrasto con la normativa urbanistico-edilizia di riferimento, sono stati già applicati anche dalla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato per il rilascio del permesso di costruire. La sentenza in commento rappresenta un’inedita applicazione di tali principi alle ipotesi di condono edilizio.

Alla domanda se il provvedimento tacito di accoglimento dell’istanza consegua al mero decorrere del tempo, oppure se sia altresì necessaria la concreta sussistenza dei presupposti normativi per il conseguimento del bene della vita, il TAR Lazio ha preferito la seconda, chiarendo come la mancata conformità della fattispecie concreta ai presupposti disciplinati e richiesti dal modello legale di riferimento determina comunque la formazione del silenzio significativo.

La consumazione del potere

Aderendo alla tesi proposta dal TAR, dunque, si ha che il potere (primario) di provvedere si consuma con il mero decorso del termine procedimentale, fermo restando che, in caso di provvedimento abilitativo tacito in contrasto i requisiti di validità della fattispecie, la pubblica amministrazione ha il potere (secondario) di intervenire in via di autotutela. In ogni caso anche il terzo controinteressato può esperire azione di annullamento del silenzio assenso avente carattere provvedimentale.

A fronte della consumazione del potere primario di provvedere, pertanto, si determina l’irrilevanza della fase istruttoria tardivamente avviata, con conseguente inefficacia del provvedimento di rigetto adottato ex art. 2, comma 8 bis, l. n. 241/90.

 

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