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Nullo il sequestro dei conti correnti della società che ha avuto accesso ai finanziamenti garantiti dallo Stato per le Pmi , durante l’emergenza Covid, senza dichiarare che una compagine del gruppo era oggetto della misura cautelare dell’interdittiva antimafia. La Cassazione (sentenza 49124) ricorda al Tribunale che aveva avallato il sequestro, che l’accesso alle agevolazioni economiche di varia natura, dal credito di imposta ai finanziamenti garantiti, è precluso solo nel caso il provvedimento adottato dall’autorità giudiziaria sia definitivo. Ma soprattutto -come invece avvenuto nel caso esaminato – il sequestro preventivo non può colpire la società che ha ottenuto il beneficio, se diversa da quella oggetto di interdittiva, solo perché titolare delle compagini è al stessa persona fisica.

La Suprema corte smonta la tesi contraria del Tribunale che aveva valorizzato l’effetto “contaminazione” tra le società del gruppo che avevano in comune il legale rappresentante, indagato per indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, per non aver autodichiarato che una delle sue società era “monitorata” per il rischio di infiltrazione mafiosa. I giudici di legittimità sottolineano che il legislatore con il Codice antimafia (articolo 84, lettera f) Dlgs 159/2011) considera significative svariate vicende della vita della società in cui l’infiltrazione mafiosa si sta per materializzare.

Tuttavia la Cassazione esclude che si spinga «a conferire rilevanza a ciò che accade in altri organismi societari, quand’anche facenti parte di uno stesso gruppo, di un medesimo consorzio o di un raggruppamento temporaneo di imprese». Non è dunque possibile ritenere che, come ha fatto il Tribunale, «possa dirsi acclarata la sussistenza di un tentativo di infiltrazione mafiosa solo in forza dell’avvenuta adozione di un provvedimento interdittivo antimafia a carico di una società diversa da quella che accede al finanziamento e/o alla agevolazione per quanto riconducibile alla titolarità della stessa persona fisica».

La Cassazione prende le distanze, dall’ordinanza impugnata che, sulla base di una lettura analitica e sistematica del Codice antimafia, fissa come presupposto imprescindibile per l’erogazione del contributi o il riconoscimento del credito di imposta, la cosiddetta “regolarità antimafia” del soggetto richiedente, sia persona fisica sia giuridica.

La Suprema corte ribadisce che, ostacolo ai benefici è solo il provvedimento definitivo. Il sequestro va dunque annullato senza rinvio e le somme restituite.

 

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