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L’ordinanza che dichiara ammissibile l’impugnazione della parte civile e dispone la traslatio iudicii ex art. 573, comma 1-bis c.p.p., ha carattere di valutazione provvisoria e pertanto non è impugnabile (Cassazione penale, sentenza n. 30752/2023 – testo in calce).

Il fatto

La sentenza che si annota interviene su una questione estremamente interessante e nuova sicchè pare opportuno dar conto della vicenda processuale da cui è scaturita per coglierne i profili decisori rilevanti.

La vicenda, per vero molto semplice, si caratterizza per l’applicazione anticipata di una disposizione introdotta dalla riforma Cartabia: a seguito dell’impugnazione, ad opera della parte civile, della sentenza di assoluzione degli imputati dal reato di falso ideologico con la formula “perchè il fatto non sussiste”, la Corte d’appello, valutata l’ammissibilità dell’impugnazione, disponeva con ordinanza la traslatio iudicii dinanzi al giudice civile competente in grado d’appello, pur essendo la costituzione di parte civile intervenuta in epoca antecedente al 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore dell’art. 573 comma 1 bis c.p.p.

Gli imputati proponevano ricorso per cassazione assumendo che l’appello non fosse stato proposto ai soli interessi civili, poichè chiedeva l’accertamento della responsabilità penale degli imputati.

Diritto penale e processo, Direttore scientifico: Spangher Giorgio, Ed. IPSOA, Periodico. Mensile di giurisprudenza, legislazione e dottrina – La Rivista segue l’evoluzione del diritto penale sostanziale e processuale.
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La sentenza

La Sezione assegnataria del ricorso ne ha dichiarato l’inammissibilità osservando come l’ordinanza del giudice d’appello che dispone la traslatio iudicii, in ossequio al principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, non sia impugnabile né sia altrimenti ricorribile per cassazione come atto abnorme o ai sensi dell’art. 111 Cost.

Nella versione attuale, l’art. 573 c.p.p., che disciplina per l’appunto l’impugnazione per i soli interessi civili, stabilisce che “l’impugnazione per gli interessi civili è proposta, trattata e decisa con le forme ordinarie del processo penale” (comma 1); “quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d’appello e la Corte di cassazione, se l’impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile” (comma 1-bis introdotto per effetto del D.Lgs. n. 150 del 2022).

Orbene, dal combinato disposto degli articoli 568 c.p.p. e 591 c.p.p. si evince che avverso l’ordinanza ex art. 573, comma 1-bis c.p.p., che si esprime a favore della ammissibilità dell’ impugnazione, proposta ai soli interessi civili, non è previsto alcun mezzo di impugnazione, nonostante detto provvedimento sia potenzialmente lesivo, dell’interesse della parte non impugnante a far valere l’inammissibilità dell’atto ex art. 591, comma 1, c.p.p.: come, per esempio, nel caso all’esame della Corte, l’interesse a contestare l’ ammissibilità dell’appello, al fine di invocare una opposta decisione attraverso la quale consolidare l’effetto preclusivo della pronuncia penale anche nel giudizio civile, così da paralizzare definitivamente la pretesa civilistica della controparte che ha partecipato al processo penale.

La non impugnabilità dell’ordinanza de qua non è superabile mediante il ricorso alla categoria dell’abnormità (ricorribile in cassazione) poiché tale categoria ha carattere eccezionale e derogatorio rispetto al principio di tassatività dei mezzi d’impugnazione sancito dall’art. 568 c.p.p. essendo riferibile alle sole situazioni in cui l’ordinamento non appresti altri rimedi idonei a rimuovere il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, o, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste.

Nel caso in rassegna ancorchè la Corte di appello abbia fatto ricorso a un istituto non applicabile ratione temporis secondo quanto statuito di recente dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione con la sentenza del 25 maggio 2023 (ovvero che: “L’ art. 573, comma 1-bis, c.p.p., introdotto dalll’art. 33 del D.Lgs. n. 10 ottobre 2022, n. 150, si applica alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile è intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della citata disposizione ai sensi dell’art. 99- bis del predetto D.Lgs. n. 150 del 2022”), risalendo la costituzione di parte civile al 21 febbraio 2019, la relativa ordinanza non può essere considerata abnorme poichè la stessa è stata emessa alla luce di una opzione ermeneutica espressa su una questione interpretativa insorta sul diritto intertemporale, che, all’epoca, aveva ricevuto l’avallo di varie pronunce della Corte di cassazione.

La medesima ordinanza – ha osservato la Corte – non è neppure ricorribile in Cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost. (“Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge”) sia perchè il provvedimento in esame non attinge la libertà personale – in quanto la statuizione penale di assoluzione è intangibile e rimane in discussione solo la responsabilità civile -, sia perchè il provvedimento in questione pur non essendo una sentenza non ha contenuto decisorio: il contenuto decisorio, cui la giurisprudenza civile e penale riconnette la ricorribilità indipendentemente dalla formale denominazione come ordinanza o decreto, è rilevato dalla capacità di incidere su diritti soggettivi e dalla definitività – che si ha quando il contenuto del provvedimento non sia suscettibile di essere riesaminato.

Orbene, ha ritenuto il Collegio che, nel caso dell’art. 573, comma 1-bis c.p.p., la dichiarazione di ammissibilità dell’impugnazione, prodromica alla traslatio iudicii, pur involgendo diritti soggettivi, non abbia natura decisoria, in quanto la medesima riveste carattere provvisorio e non è vincolante per il giudice civile che, nel giudizio dinanzi a sè, ben potrebbe addivenire a decisione opposta.

L’interesse degli imputati a ottenere una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione proposta dalla parte civile (in questo caso potenzialmente rilevante ex art. 652 c.p.p.) è tutelabile dinanzi al giudice civile, perchè il provvedimento emesso dal giudice penale ex art. 573, comma 1-bis c.p.p., dato il suo carattere di valutazione provvisoria e senza contraddittorio, investe solo il fumus della ammissibilità senza svolgere efficacia preclusiva.

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