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Definizione e ambito di applicazione

L’art. 2 lett. q), del Codice della crisi definisce le misure in esame come i provvedimenti cautelari emessi dal giudice competente a tutela del patrimonio o dell’impresa del debitore, che appaiano secondo le circostanze più idonei ad assicurare provvisoriamente il buon esito delle trattative e gli effetti degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e delle procedure di insolvenza.

Quanto alla tipologia di misure cautelari che possono essere pronunciate, l’art. 54, primo comma, del nuovo Codice, anche se non si riferisce più espressamente ai provvedimenti conservativi, sembra confermare l’impostazione già fatta propria dall’art. 15, comma 8, del r.d. n. 267/1942, nel senso di attribuire al tribunale, pur entro i limiti della domanda di parte, di una sorta di potere cd. innominato di cautela. Ciò significa che la parte interessata potrà richiedere – come avviene in generale nel processo civile rispetto al provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. – tutti i provvedimenti cautelari, inclusa la nomina di un custode dell’azienda o del patrimonio, che appaiano, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare gli effetti della sentenza di apertura della procedura di liquidazione giudiziale ovvero di omologa del concordato preventivo o degli accordi di ristrutturazione di debiti.

Particolarmente delicato appare sul piano interpretativo l’espresso riferimento al potere del giudice di nominare un custode giudiziale, nel senso che occorre interrogarsi se lo stesso, nel solco di quanto sembra evidenziare la medesima Relazione illustrativa, abbia il significato di impedire che non sia più attribuita al tribunale la possibilità di nominare un amministratore giudiziario dell’impresa, per limitare l’intervento giudiziario sul funzionamento di imprese ancora in bonis operato in alcune occasioni nella prassi applicativa.

Presupposti per l’emanazione delle misure

Sebbene il Codice della crisi resti silente sotto tale aspetto, l’espressa definizione dei provvedimenti in esame come “cautelari” postula, ai fini della concessione degli stessi, un vaglio positivo dell’autorità giudiziaria sui presupposti del fumus boni juris e del periculum in mora.

In buona sostanza, occorrerà per un verso che il richiedente fornisca prova, anche solo sommaria, dell’apparente fondatezza dei fatti costitutivi del diritto (di solito di credito nella materia in esame) che fa valere.

Inoltre, il ricorrere dovrà dedurre e dimostrare – non potendosi ritenere che la situazione di crisi aziendale si atteggi a periculum in mora in re ipsa – che qualora il provvedimento non fosse concesso, l’imprenditore finirebbe con il sottrarre alla garanzia patrimoniale dei creditori i propri beni prima dell’apertura della procedura concorsuale o dello strumento di regolazione della crisi. A tal fine ci si potrà avvalere anche di presunzioni, documentando, per esempio, che nei mesi precedenti l’imprenditore ha alienato in base ad un andamento anomalo i propri cespiti immobiliari o la maggior parte di essi

Procedimento di concessione

Sul piano processuale, l’art. 55 del nuovo Codice della crisi muta radicalmente la prospettiva della legge fallimentare optando – in buona sostanza – per una struttura del procedimento analoga, specie se si guarda all’art. 669-sexies c.p.c., alle previsioni del procedimento cautelare uniforme.

Così l’emanazione delle misure non è più demandata, come in passato, al tribunale in composizione collegiale, bensì al magistrato cui è affidata la trattazione del procedimento.

Inoltre, in conformità all’art. 669-sexies c.p.c. viene previsto, che le misure cautelari possano essere di regola adottate solo dopo l’udienza nel contraddittorio tra le parti, salva la possibilità, propria anche del secondo comma predetta disposizione normativa, di una concessione delle misure con decreto inaudita altera parte, in caso di periculum in mora c.d. al quadrato. In detta situazione, tuttavia, i provvedimenti concessi con decreto gli stessi dovranno quindi essere vagliati, al fine di una conferma, modifica o revoca, nel contraddittorio tra le parti, e notificate alla parte resistente, unitamente al ricorso, entro il termine perentorio di otto giorni dalla concessione.

Sotto il profilo istruttorio, ancora una volta l’art. 55 del Codice della crisi ricalca il modello previsto dall’art. 669-sexies c.p.c. poiché stabilisce che il giudice «procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione alla misura richiesta».

Nell’ipotesi, invece, nella quale il contraddittorio sia differito rispetto alla concessione della misura cautelare con decreto, nella misura in cui la convocazione delle parti potrebbe pregiudicare l’attuazione del provvedimento, il giudice emana lo stesso assunte, ove occorra, sommarie informazioni: pertanto, sotto tale profilo, la norma ricalca, nuovamente, il disposto dell’art. 669-sexies c.p.c., quanto al secondo comma dedicato al modulo processuale eccezionale a contraddittorio differito.

Effetti delle misure cautelari

I provvedimenti cautelari conservano efficacia, salvo revoca o modifica, sino all’apertura delle procedure di insolvenza ovvero dal momento della pubblicazione delle sentenze di omologazione degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza.

Dopo le modifiche apportate dal d.lgs. n. 83 del 2022, le ordinanze rese sull’istanza di concessione delle misure cautelari sono reclamabili ex art. 669-terdecies c.p.c., ossia con lo strumento del reclamo cautelare al collegio contemplato nell’ambito del procedimento cautelare uniforme del codice di procedura civile.

Vi è dunque che, avendo riguardo al consolidato orientamento della S.C. sulla questione, la decisione assunta in sede di reclamo cautelare non dovrebbe essere ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost. E’ invero stato più volte ribadito in sede di legittimità che è inammissibile il ricorso straordinario per cassazione avverso l’ordinanza resa in sede di reclamo cautelare ex art. 669-terdecies c.p.c., ancorché affetta da inesistenza, nullità o abnormità, senza che ciò si ponga in contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost., trattandosi di un provvedimento inidoneo a incidere con efficacia di giudicato su situazioni soggettive di natura sostanziale e ininfluente nel successivo giudizio di merito, o con l’art. 6 CEDU, essendo comunque garantita una duplice fase di tutela davanti a un’istanza nazionale (v., ex plurimis, Cass. n. 12229/2018).

 

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