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Nel caso di interventi eseguiti in assenza di permesso di
costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, la
normativa edilizia prevede un definito procedimento per la
rimozione degli abusi.

Demolizione abusi edilizi e condono edilizio: nuova sentenza
della Cassazione

Ma quando si parla di abusi edilizi occorre spesso entrare nel
merito di eventuali richieste di sanatoria, collegate all’attuale
quadro di riferimento normativo, il d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico
Edilizia), e alle 3 leggi sul condono edilizio del 1985, 1994 e
2003, i cui effetti si trascinano nei tribunali ancora oggi.

Si parla di abusi edilizi, ordinanza di demolizione e istanza di
condono edilizio in un recente intervento della Corte di Cassazione
che, con la sentenza n.
16271 del 5 aprile 2022
, ribaltando completamente i precedenti
gradi di giudizio, accoglie il ricorso presentato per la revoca del
provvedimento di annullamento di un ordine di demolizione.

Demolizione e istanza di condono

Il caso è apparentemente semplice perché nei precedenti gradi di
giudizio i giudici, facendo riferimento ai contenuti dell’art. 31,
comma 4 del Testo Unico Edilizia, avevano disposto che, superati i
tempi previsti per la demolizione dell’abuso da parte del privato,
si sarebbe dovuto procedere con l’accertamento formale
dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, previa notifica
all’interessato, che avrebbe costituito titolo per l’immissione nel
possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari.

Nel caso di specie, il privato successivamente alla scadenza
concessa per la demolizione, aveva presentato istanza di condono ai
sensi dell’art. 32 del D.L n. 269/2003 (terzo condono edilizio) e
il Comune aveva rilasciato in suo favore il permesso di costruire
in sanatoria. Due mesi dopo lo stesso Comune aveva annullato detto
permesso, sulla base del rilievo che la domanda di condono era
stata presentata quando già si era perfezionata l’acquisizione del
bene al patrimonio del comune. Il provvedimento di annullamento era
stato impugnato al TAR che aveva concesso, dapprima, la sospensiva
e, poi, con sentenza aveva accolto il ricorso e annullato
l’ordinanza di demolizione emessa dal Comune.

La vicenda non termina qui. Il Gip del Tribunale, quale giudice
dell’esecuzione, su istanza del privato, emette ordinanza di revoca
dell’ordine di demolizione di cui alla sentenza di applicazione
pena ex art. 444 cod. proc. pen. ed dichiara estinto il reato
edilizio.

Avverso detta ordinanza il Pubblico Ministero presenta ricorso
per cassazione, chiedendone l’annullamento e rilevando che il
permesso di costruire in sanatoria doveva ritenersi illegittimo in
quanto presentato da soggetto non legittimato, essendosi al momento
della domanda già verificata la fattispecie acquisitiva ex art. 31
DPR 380/01 in favore del Comune ed essendo perciò il bene già
uscito dalla sfera di disponibilità del soggetto istante.

La Corte di Cassazione dispone l’annullamento con rinvio
dell’ordinanza del Giudice dell’esecuzione, demandando ai giudice
la verifica in ordine alla legittimità del provvedimento di
sanatoria, anche sotto il profilo della legittimazione del
beneficiario al rilascio dell’atto.

Il Gip del Tribunale, quale giudice dell’esecuzione, in sede di
rinvio, con l’ordinanza oggetto di nuova impugnazione in
Cassazione, conferma le precedenti statuizioni revocando l’ordine
di demolizione di cui alla sentenza di patteggiamento e dichiara
estinto il reato.

In nuovo ricorso in Cassazione

La vicenda finisce qui? Assolutamente no perché, come
anticipato, viene presentato ricorso avverso l’ordinanza del
giudice dell’esecuzione in sede di rinvio, formulando un unico
motivo con cui si deduce inosservanza o erronea applicazione della
legge penale o di altre norme giuridiche di cui deve tenere conto
nell’applicazione della legge penale.

Secondo il ricorrente, il giudice della esecuzione avrebbe
erroneamente ritenuto legittimo il permesso in sanatoria,
rilasciato a soggetto che in realtà non era legittimato a
presentare istanza di condono. Ai sensi dell’art. 31 DPR 380/2001,
infatti, allo scadere del novantesimo giorno dalla notifica
dell’ordine di demolizione non ottemperato si verifica ope legis
l’effetto ablatorio con acquisizione gratuita al patrimonio
comunale, mentre la notifica all’interessato dell’accertamento
formale dell’inottemperanza, prevista dal comma 4 dello stesso
articolo, costituisce soltanto il titolo necessario per
l’immissione in possesso e per la trascrizione nei registri
immobiliari e deve essere disposta allorquando, pur dopo il
trasferimento della proprietà, il responsabile dell’abuso non
voglia spogliarsi del bene.

Nel caso in esame, nonostante il ricorrente non avesse
ottemperato ai plurimi ordini di demolizione nei 90 giorni dalla
notifica, l’amministrazione comunale non aveva adottato né il
provvedimento di inottemperanza, né il provvedimento di
acquisizione al patrimonio del Comune e il privato aveva, quindi,
presentato istanza di condono.

La revoca dell’ordine di demolizione

Gli ermellini hanno ricordato che ai fini della revoca
dell’ordine di demolizione di un immobile oggetto di condono
edilizio, il giudice dell’esecuzione deve verificare la legittimità
del sopravvenuto atto concessorio, sotto il profilo della
sussistenza dei presupposti per la sua emanazione, dovendo in
particolare verificare:

  • la disciplina normativa applicabile;
  • la legittimazione di colui che abbia ottenuto il titolo in
    sanatoria;
  • la tempestività della domanda;
  • il rispetto dei requisiti strutturali e temporali per la
    sanabilità dell’opera;
  • ove l’immobile edificato ricada in zona vincolata, il tipo di
    vincolo esistente nonché la sussistenza dei requisiti volumetrici o
    di destinazione assentibili.

Nel caso in esame il giudice della esecuzione non ha assolto a
tale dovere e non ha operato la valutazione demandatagli dal
giudice remittente, in quanto la motivazione dell’ordinanza
impugnata riporta per intero la sentenza del Tar e si limita nella
parte finale ad affermare di condividerne il contenuto.

Non vi è stata, dunque, da parte del giudice investito della
verifica della legittimità del provvedimento di sanatoria una
autonoma valutazione, ma solo una pedissequa ripetizione delle
argomentazioni svolte dal giudice amministrativo.

L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale

Ai sensi dell’art. 31, comma 3 del d.P.R. n. 380/2001,
l’ingiustificata inottemperanza all’ordine di demolizione
dell’opera abusiva ed alla rinnessione in pristino dello stato dei
luoghi entro novanta giorni dalla notifica dell’ingiunzione a
demolire emessa dall’Autorità amministrativa determina l’automatica
acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera e dell’area
pertinente, che si verifica ope legis e cioè indipendentemente
dalla notifica all’interessato dell’accertamento formale
dell’inottemperanza, il quale costituisce titolo necessario solo
all’immissione in possesso dell’ente locale ed alla trascrizione
nei registri immobiliari ai fini della necessaria pubblicità.

Il procedimento di acquisizione, dunque, non si snoda attraverso
più fasi nel senso indicato dal Tar, ma si compie per effetto della
scadenza del suddetto termine decorrente dalla notifica
dell’ingiunzione a demolire. Una volta verificatasi l’acquisizione
del bene al patrimonio del comune, l’ex proprietario perde
qualsiasi potere di disposizione, nonché ogni diritto reale
sull’immobile. Ne consegue che dovrà essere verificata la qualità
di proprietario da parte del soggetto istante all’atto della
presentazione della domanda di condono, dovendosi considerare
illegittimo il permesso rilasciato nei confronti di chi avesse già
perso la titolarità del bene, in quanto rilasciato a soggetto non
legittimato a presentare la relativa istanza.

Così è deciso, l’udienza è tolta.

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