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Cosa succede quando l’Amministrazione finanziaria respinge l’accordo o non risponde alla proposta del debitore entro i termini: come funziona l’omologa forzata.

Le imposte e tasse non pagate possono diventare un macigno che rende impossibile risollevarsi, come purtroppo sanno molte piccole e medie imprese in crisi ed anche parecchi artigiani e lavoratori autonomi. Ma per i debitori in difficoltà c’è una via d’uscita: il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – in breve, Ccii – entrato in vigore nel 2022 ha irrobustito la transazione fiscale, un accordo che consente di ridurre e di dilazionare i debiti fiscali accumulati.

La transazione fiscale è un istituto di carattere permanente, quindi molto diverso dalle varie forme di pace (o tregua) fiscale che sono state reintrodotte nel 2023 per la definizione agevolata (o rottamazione, saldo e stralcio, o condono che dir si voglia) dei vecchi debiti, analogamente a quanto era avvenuto nel 2018), quindi non è soggetta a limiti temporali di presentazione della domanda; il rovescio della medaglia non si applica alla generalità dei contribuenti, bensì soltanto ad alcune categorie di imprenditori, che devono “scendere a patti” col Fisco e presentare una proposta ragionata e congrua di taglio dei debiti fiscali.

Ma se l’Agenzia delle Entrate si oppone alla transazione fiscale, cosa si può fare per superare il diniego? Niente paura: il giudice non è vincolato dalle prese di posizione dell’Amministrazione finanziaria, e ha la possibilità, prevista dalla legge [1], di disporre l’omologazione forzata della transazione fiscale, che così verrà accettata anche in mancanza di un accordo con l’Agenzia delle Entrate. Questo, però, avviene al verificarsi di alcune condizioni, che devono essere accertate nel corso della procedura.

Transazione fiscale: cos’è e come funziona

La transazione fiscale è un istituto, disciplinato dalla legge fallimentare [1], che consente alle imprese in stato di insolvenza ed ammesse al concordato preventivo, o ad un accordo di ristrutturazione dei debiti, di abbattere l’ammontare dei debiti fiscali e stabilire le forme e modalità di pagamento del residuo.

Si tratta di una possibilità riconosciuta in favore di chi è stato ammesso ad uno di questi due istituti – il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione – per consentirgli di evitare la crisi d’impresa e il fallimento; è un modo per risollevarsi gradualmente, e nel frattempo proseguire l’attività, invece di cessarla definitivamente.

Transazione fiscale: beneficiari

Possono accedere alla transazione fiscale tutti gli imprenditori commerciali (persone fisiche o società) in stato di crisi ed ai quali si applica la disciplina del fallimento: dunque, sono esclusi coloro che non esercitano attività imprenditoriali o commerciali ed anche i piccoli imprenditori, come i coltivatori diretti, i lavoratori autonomi e gli artigiani. Gli imprenditori agricoli possono andare in transazione fiscale, anche se sono privi dei requisiti di fallibilità, se realizzano un accordo di ristrutturazione.

La transazione fiscale si innesta sempre su un concordato preventivo o su un accordo di ristrutturazione del debito, raggiunto e omologato presso il competente tribunale. In particolare:

  • con il concordato preventivo si realizza un accordo tra il debitore e tutti i suoi creditori circa le modalità di pagamento dei debiti;
  • con l’accordo di ristrutturazione il patto deve ottenere la maggioranza di almeno il 60% dei debitori e non occorre, quindi, l’unanimità dei loro consensi.

Transazione fiscale: ambito di applicazione

La transazione fiscale permette di ottenere un pagamento in misura ridotta, e/o dilazionata, dei debiti tributari, che comprendono tutti i tributi di competenza dell’Agenzia delle Entrate: quindi l’Irpef, l’Iva, l’Irap, l’Ires, l’imposta di registro, le imposte di successione e di donazione e le imposte ipotecarie e catastali, e le relative sanzioni, nonché gli interessi di mora applicati in caso di ritardato pagamento.

Inoltre, la transazione fiscale può riguardare anche i tributi gestiti dall’Agenzia delle Dogane e Monopoli ed i contributi previdenziali ed assistenziali da versare all’Inps e all’Inail; sono esclusi, invece, i tributi locali gestiti da Comuni e Regioni (come il bollo auto, l’Imu e la Tari, ecc.). La giurisprudenza, però, talvolta ammette che gli Enti titolari del tributo possano prendere parte agli accordi di ristrutturazione, e farvi rientrare anche i crediti affidati alle Agenzie di riscossione, quindi trasformati in cartelle esattoriali

[2].

Transazione fiscale: come funziona

La proposta di transazione fiscale avanzata dal contribuente richiede una relazione asseverata, redatta da un professionista attestatore, che valuta la situazione debitoria dell’impresa ed attesta la presenza di determinati indici, in base ai quali si formula un piano di risanamento: questo documento deve indicare la percentuale di soddisfazione dei vari debiti tributari e la tempistica di pagamento.

L’attestazione del professionista abilitato – che deve essere in possesso della qualifica di revisore legale – è necessaria anche per rispettare i limiti di concorso del Fisco con gli altri eventuali creditori privati e muniti di privilegio (come una banca che ha concesso il mutuo ed ha apposto l’ipoteca sull’immobile).

Transazione fiscale: omologa forzosa

Anche l’Agenzia delle Entrate (come le altre agenzie fiscali e gli istituti previdenziali coinvolti, ad esempio l’Inps) può interloquire nella proposta di transazione fiscale e presentare le proprie osservazioni; ma il tribunale può

omologare la transazione fiscale e così approvarla, anche se l’Ufficio ha espresso il proprio dissenso o non si è pronunciato affatto sulla proposta presentata dal debitore. Ciò avviene se il giudice valuta che il soddisfacimento proposto dal debitore nella relazione asseverata risulta conveniente, e sempre che la mancata adesione del Fisco fosse determinante ai fini del raggiungimento delle soglie di efficacia della procedura (nell’accordo di ristrutturazione, pari al 60% dei debiti complessivi, o del 30% in caso di accordo agevolato).

Tuttavia ai fini dell’omologazione forzosa della transazione fiscale da parte del tribunale è necessario che siano trascorsi 90 giorni dal deposito della proposta di transazione: prima di tale termine l’adesione dell’Agenzia delle Entrate non può essere considerata mancante, in quanto essa ha ancora tempo per esprimere il proprio parere. Anche la giurisprudenza [3] ritiene che la domanda di omologa forzosa della transazione fiscale non può essere presentata prima che sia decorso il suddetto

termine di 90 giorni: in quel caso è stata respinta l’istanza di un’impresa che aveva richiesto l’omologazione di una transazione presentata all’Agenzia delle Entrate solo 3 giorni prima.

Pertanto, le situazioni che possono concretamente verificarsi per l’approvazione della transazione fiscale sono due:

  • se c’è l’adesione dell’Amministrazione finanziaria, il debitore può richiedere al tribunale l’omologazione ordinaria della transazione fiscale, depositando l’accordo di ristrutturazione sottoscritto con l’Agenzia delle Entrate, senza dover attendere alcun termine;
  • se l’Agenzia delle Entrate non si è espressa entro 90 giorni dalla data di deposito della proposta, o se la ha respinta, il debitore può chiedere l‘omologazione forzosa, depositando il testo dell’accordo non accettato e dimostrando la sussistenza delle altre condizioni che abbiamo esposto.

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