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Quando il titolo di cui è munito il creditore non gli consente più di intraprendere l’azione esecutiva, per scadenza del termine di efficacia; cosa deve fare il debitore per opporsi.

Capita piuttosto spesso di veder arrivare un pignoramento fondato su un atto di precetto scaduto, in quanto notificato parecchio tempo prima, e in queste situazioni il debitore si chiede: è valido oppure posso oppormi all’azione esecutiva che il creditore ha intrapreso troppo tardi sui miei beni?

Per rispondere a questa domanda vediamo subito cos’è l’atto di precetto, a cosa serve e, soprattutto, quale periodo di efficacia ha prima di scadere: ti anticipiamo che è piuttosto breve, e da qui arriveremo alle conseguenze del mancato rispetto dei termini da parte del creditore e alle iniziative che il debitore può proporre contro i pignoramenti tardivi.

Titolo esecutivo: perché è fondamentale

Per legge [1] nessuna azione esecutiva sui beni del debitore – quindi il pignoramento dei suoi beni mobili o immobili, conti correnti, stipendi e pensioni – può essere intrapresa se il creditore non è munito di un “titolo esecutivo”: un atto che dimostra l’esistenza del suo credito e ne quantifica l’ammontare.

Le lettere di diffida e messa in mora non sono sufficienti: occorre un atto formale sulla cui base il creditore può validamente intimare al suo debitore di adempiere, e che, a seconda dei casi, può consistere in una sentenza emessa dal giudice, in un decreto ingiuntivo non opposto, in un verbale di conciliazione redatto nell’ambito di una vertenza di lavoro, ed anche in documenti stragiudiziali, come un assegno o una cambiale o un atto pubblico notarile (talvolta anche una scrittura privata autenticata) che certifica la debenza di una somma di denaro.

Atto di precetto: cos’è e a cosa serve

Se il titolo esecutivo è il presupposto dell’azione esecutiva, e potremmo paragonarlo al carburante nel serbatoio delle autovetture, l’atto di precetto è la scintilla che la fa partire, avviando il motore.

Con l’atto di precetto, il creditore intima al debitore di adempiere all’obbligo riportato nel titolo esecutivo di cui è munito, e di farlo entro un termine che non può essere inferiore a 10 giorni, avvisandolo che in mancanza procederà all’espropriazione forzata dei suoi beni [2].

Di solito il titolo esecutivo e l’atto di precetto vengono notificati insieme, ma nulla vieta di farlo separatamente, in momenti successivi. Non si può, invece, notificare soltanto il precetto, senza il titolo esecutivo a monte, altrimenti il debitore può proporre opposizione perché è stato omesso un passaggio indispensabile.

Se l’obbligazione riguarda il pagamento di una somma di denaro, l’atto di precetto deve quantificarla esattamente, indicando l’ammontare del capitale, gli interessi maturati, la rivalutazione monetaria e le spese, detraendo gli eventuali acconti già versati.

L’atto di precetto viene notificato dall’ufficiale giudiziario al debitore, e produce i suoi effetti solo a partire dal momento in cui la notifica è avvenuta. Tra i vari effetti, c’è quello di interrompere la prescrizione del credito.

Quando scade il precetto?

Mentre il titolo esecutivo ha una validità molto estesa, di ben 10 anni, l’atto di precetto ha un ristretto termine di efficacia, che è di 90 giorni dalla data della sua notifica al debitore. Entro questo periodo il creditore può utilmente intraprendere le azioni esecutive, pignorando i beni del debitore ed anche le somme di cui egli è a sua volta creditore, come gli stipendi e le pensioni; oltre tale scadenza, invece, se l’esecuzione non è stata iniziata, il precetto perde automaticamente efficacia, come sancisce l’articolo 481 del Codice di procedura civile.

Ciò significa che, se il debitore subisce un’azione esecutiva instaurata a precetto scaduto, con l’assistenza di un avvocato può proporre opposizione agli atti esecutivi intrapresi dal creditore, facendone rilevare l’invalidità dal giudice, a norma dell’

articolo 617 del Codice di procedura civile. Facciamo un esempio.

Il 18 gennaio Anna notifica al suo ex marito Marco un atto di precetto per l’omesso pagamento dell’assegno di divorzio, disposto dal giudice con sentenza. Marco non ottempera all’intimazione e non versa il dovuto, sicché Anna, soltanto il 5 maggio, esegue il pignoramento dello stipendio presso il datore di lavoro del suo ex coniuge. Marco può opporsi per tardività dell’esecuzione, ricorrendo al giudice, facendo valere il mancato rispetto dei termini di efficacia del precetto entro cui il pignoramento avrebbe dovuto eseguirsi.

Bisogna sottolineare che in questi casi l’azione esecutiva non decade, in quanto il creditore può sempre rinnovare il precetto, notificandolo nuovamente al debitore, e in tal modo avrà a disposizione ulteriori 90 giorni per avviare l’espropriazione forzata (ma non potrà più addossare al debitore le spese del precetto perento, cioè ormai estinto).

Sospensione del termine di efficacia del precetto

La riforma Cartabia

, in vigore dal 28 febbraio 2023, ha introdotto un’ipotesi legale di sospensione del termine di efficacia del precetto, che, come abbiamo visto, è di 90 giorni decorrenti dalla data della sua notifica al debitore.

Il decorso del termine di efficacia del precetto viene sospeso, in base al nuovo articolo 492 bis del Codice di procedura civile, nell’ipotesi in cui il creditore presenti al tribunale l’istanza di autorizzazione ad accedere, tramite l’ufficiale giudiziario e con modalità telematiche, alle banche dati delle Pubbliche Amministrazioni per individuare i beni del debitore da sottoporre ad esecuzione forzata (ad esempio, il Registro dei rapporti bancari e finanziari in cui sono presenti i dati dei conti correnti e dei depositi, gli archivi dell’Inps, il Pra per i veicoli a motore e le imbarcazioni, o la Conservatoria immobiliare per i fabbricati ed i terreni).

Questa sospensione opera sino alla comunicazione, da parte dell’ufficiale giudiziario al creditore, delle informazioni richieste, o di non aver potuto eseguire le ricerche, o del rigetto da parte del presidente del tribunale dell’istanza di autorizzazione all’accesso alle banche dati; al verificarsi di uno di tali eventi, il termine di 90 giorni riprenderà a decorrere e, trattandosi di una sospensione – non di un’interruzione – saranno conteggiati anche i giorni precedenti al verificarsi della causa che ha determinato la sospensione.

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