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Su questo tema si è espresso il TAR Lazio che ha respinto, con la sentenza numero 5321/2022, il ricorso del proprietario di un terreno al diniego del comune alla richiesta di condono in sanatoria di un fabbricato di circa 120 metri quadri costruita con travi e pilastri in ferro e copertura in plastica.

Aspetto da non trascurare è quello che riguarda l’ubicazione del fabbricato in una zona specifica ovvero quella dei 150 metri da fiumi, torrenti, corsi d’acqua.

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A tal proposito il Comune aveva rigettato l’istanza di sanatoria edilizia presentata ai sensi del d.l. n. 269/2003 per la realizzazione di una serra su terreno di sua proprietà atteso che l’intervento abusivo “ricade in area sottoposta al seguente vincolo paesistico: Vincolo di cui all’art. 142 comma 1 lett. C) del D. lgs. 42/02 in quanto all’interno della fascia di rispetto del corso d’acqua”.

Ma andiamo in ordine analizzando la questione oggetto della sentenza.

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I motivi del ricorso

Il proprietario del fabbricato presentava due motivi di ricorso al diniego di sanatoria, con i quali lamentava rispettivamente:

  • “Violazione e falsa applicazione di legge”, in quanto il corso d’acqua in oggetto non risultava iscritto nell’elenco delle acque pubbliche e
  • “Violazione dell’art. 5 della L.R. Lazio n. 12 dell’8.11.04”, in quanto la serra costituiva opera minore suscettibile di sanatoria.

Il Comune si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso specificando che il corso d’acqua risultava sottoposto a vincolo paesistico in quanto affluente diretto di un altro corso d’acqua iscritto negli elenchi delle acque pubbliche.

Per i Giudici del Tar Lazio il ricorso del proprietario è infondato. Vediamo le ragioni.

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Corsi d’acqua: il vincolo paesistico

Tra le motivazioni fornite dai giudici, nella sentenza si legge che “i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna”.

I giudici espongono inoltre ulteriori motivazioni sul rispetto della fascia di rispetto dei 150 metri a ridosso dei corsi d’acqua, specificando che entro la stessa esiste un “vincolo di inedificabilità assoluta, posto a protezione del corso dell’acqua e funzionalizzato proprio ad evitare costruzioni in tale area particolarmente vulnerabile sotto il profilo paesaggistico” (cfr. ex multis Cons. St., Sez. II, 3.01.2022, n. 17).

Inoltre, nel caso specifico della Regione Lazio, tale aspetto viene legiferato con la L.R. 6 luglio 1998, n. 24 che all’art. 7, comma 1 dispone: “sono sottoposti a vincolo paesistico i fiumi, i torrenti ed i corsi d’acqua iscritti negli elenchi di cui al testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna, di seguito denominata fascia di rispetto”.

Al comma 2 dell’art.7 viene inoltre precisato che: “Nella categoria di beni paesistici di cui al comma 1 rientrano i corsi d’acqua iscritti negli elenchi delle acque pubbliche riportati nelle Gazzette ufficiali relativi ai cinque capoluoghi di provincia della Regione”. 

In particolare, il comma 6 dello stesso articolo prescrive che “I corsi d’acqua e le relative fasce di rispetto debbono essere mantenuti integri e inedificati per una profondità di metri 150 per parte”.

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Serra: opera minore sanabile?

Su questo punto, i giudici rispondono al proprietario che identifica la serra, oggetto della domanda di condono, quale opera minore sanabile.

Nella sentenza si legge a tal proposito che in riferimento all’art. 32, comma 26, lett. a), l. n. 326/2003, nell’ambito degli immobili soggetti a vincolo sono suscettibili di sanatoria esclusivamente gli interventi abusivi di restauro e risanamento conservativo, nonché di manutenzione straordinaria.

Nel caso in questione l’intervento per cui è stata richiesta la sanatoria è una “serra della superficie utile di mq 122,88” in cui si rileva la costruzione di una “tettoia (…) con pilastri e travi in ferro coperta con materiale in parte plastico e in parte ferroso” delle “dimensioni accertate (…) di ml 16.30X9.80 con una altezza media di ml 3.00”.

Pertanto l’abuso, a differenza di quanto presentato dal proprietario, per i giudici assume la consistenza di una nuova costruzione non condonabile, in ragione della esistenza del vincolo paesaggistico.

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Foto:iStock.com/yorkfoto

 

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