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La pronuncia che esamineremo oggi (sentenza Tribunale di Roma, n. 2954 dell’11 febbraio 2020) è tornata sull’annosa questione del rapporto tra consorzi e Condominio.

Quale migliore occasione per fare il punto sugli oneri consortili e dare spunti utili, tratti dalla giurisprudenza.

La decisione del Tribunale di Roma: cosa è successo

La sentenza romana arriva all’esito di un’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da un consorzio di urbanizzazione nei confronti di un Condominio per il pagamento degli oneri consortili delle annualità dal 2011 al 2014 – il ricorso era stato ottenuto nel 2016, l’opposizione, promossa anch’essa nel 2016, si chiude oggi con la pronuncia in commento.

Dunque, il consorzio chiedeva il pagamento di oneri consortili dovuti a custodia e portierato, lavori manutentivi, manutenzione impianti tecnologici, manutenzione delle aree a verde e dell’irrigazione, servizio ritiro “porta a porta” trasporto e trattamento rifiuti e pulizia ordinaria.

Alla somma ingiunta si aggiungevano gli interessi moratori di cui al D. Lgs. 231/2002 e le spese legali liquidate dal Giudice del monitorio.

Si opponeva dunque il Condominio, contestando la corrispondenza della somma ingiunta sia alle ripartizioni approvate dalle assemblee dei delegati del consorzio, sia al totale corrisposto dal Condominio e dalla società costruttrice del medesimo, anch’essa condòmina in quanto proprietaria di molte unità immobiliari.

Il consorzio, insistendo nella conferma del decreto ingiuntivo, sostiene che, sulla somma ingiunta, sia anche dovuta l’IVA, oltre a rilevare che le somme corrisposte dal Condominio e dalla costruttrice erano già state defalcate dal saldo totale del debito del Condominio, come approvato dall’assemblea consortile.

Consorzi e condominio, quali norme applicare?

Il Tribunale rigetta l’opposizione, ma dichiara comunque cessata la materia del contendere poiché, nelle more del giudizio, la costruttrice aveva provveduto a corrispondere le somme ingiunte a lei spettanti ed ancora inevase, mentre, sulla scorta del decreto ottenuto, quanto rimaneva della sorte era stato recuperato dal Consorzio tramite pignoramento presso terzi verso il Condominio.

I mille volti di un consorzio

Il Giudice spiega, nella prima parte della pronuncia, come i consorzi di urbanizzazione – quale era appunto il consorzio ricorrente ed opposto – siano figure atipiche, non espressamente disciplinate nel nostro ordinamento, ma riconducibili all’intento dei proprietari di terreni ricadenti in un comprensorio di i) realizzare, sui propri terreni, i servizi e le attrezzature prescritte negli strumenti urbanistici e, ii) mantenere e gestire quanto realizzato.

Ciò che distingue i consorzi in parola è la duplice caratteristica della realità e dell’associazione personale: con “realità” intendiamo il forte collegamento tra le res, cioè gli immobili, insistenti sul terreno del comprensorio ed i diritti e doveri connessi ad esse ed a tutte le parti comuni ed i servizi oggetto di consorzio, cosicché si avvera l’obligatio propter rem che già conosciamo nella materia condominiale, per cui l’onere, anche pecuniario, segue la cosa oggetto di proprietà e non la persona del proprietario.

L’aspetto associativo è invece rinvenibile nella presenza di un’aggregazione stabile di persone che si impegnano, per un certo tempo o a tempo indeterminato, alla realizzazione di uno scopo comune, non lucrativo e non imprenditoriale.

Altro elemento importante è la regolamentazione della vita consortile, che secondo il Giudice – e la giurisprudenza maggioritaria – va ricercata nell’atto costitutivo e nello statuto, dove il consorzio può dettare le norme circa l’amministrazione, l’adozione delle decisioni, il riparto delle spese e così via.

Anzi, la pronuncia contiene un vero e proprio vademecum per orientarsi nella vita consortile, per cui si afferma che:

  • la materia delle delibere consortili sia assoggettata agli artt. 1136 e 1137 c.c. e non al corrispondente art. 21 c.c. in materia di associazioni non riconosciute: questo comporta che le maggioranze per approvare le delibere e l’impugnativa delle stesse sia soggetta alla disciplina condominiale;
  • le spese per la lottizzazione siano attribuibili in base all’ art. 1101 c.c., dettato per la comunione e
  • il recesso ad nutum non sia ammissibile (come invece consentito nelle associazioni), in quanto, costituendosi il vincolo propter rem, si diviene consorziati per il solo fatto giuridico dell’acquisto della proprietà di un bene (unità immobiliare) insistente nel consorzio e, pertanto, ci si può liberare della qualità di “consorziato” solamente alienando il bene oggetto di consorzio.

Oneri consortili e Condominio

Come noto, la giurisprudenza afferma ormai da tempo che il consorzio può agire, con il ricorso monitorio di cui all’art. 63 disp. att. c.c. per ottenere il recupero degli oneri presso i morosi.

Di recente, tuttavia, la Cassazione – con l’ ordinanza n. 4263 del 19 febbraio 2020 – ha affermato che non basta, per il consorzio, produrre le delibere di approvazione delle spese (quand’anche a consuntivo), bensì è anche necessario che questo provi di aver effettivamente reso i servizi di cui chiede il pagamento.

Inoltre, non mancano pronunce che affermano come i consorziati possano decidere quali norme siano applicabili al proprio rapporto – così, ad esempio, Cassaz. n. 22641/2013, la quale ha affermato che le norme in materia condominiale siano applicabili al consorzio solamente in via residuale e sempre laddove manchi un’espressa previsione, da parte dello statuto consortile, circa la regolamentazione da applicare.

Un campo, quindi, tuttora aperto ad interpretazioni.

L’IVA sugli oneri consortili

Circa questo punto, non riusciamo a comprendere, dal testo della pronuncia, se l’IVA sugli oneri consortili ingiunti con il decreto fosse stata in esso calcolata come elemento della sorte richiesta oppure se si tratti di domanda successiva, svolta dal consorzio solamente in sede di opposizione.

Anche laddove si trattasse di domanda successiva, non la si ritiene nuova e, pertanto, si ritiene che il consorzio fosse legittimato a proporla, poiché rammentiamo che, quando si apre la fase a cognizione piena data dall’opposizione al decreto ingiuntivo, il creditore che abbia agito in virtù del proprio diritto di credito ha comunque ampia facoltà di deduzione e di prova inerenti detto diritto e l’IVA è un accessorio del diritto di credito.

Quanto poi all’applicabilità, il Giudice porta a sostegno sia quanto previsto dalla normativa fiscale in materia di IVA (artt. 2 e 3 D.P.R. n. 633 del 1972 ), sia quanto spiegato dall’Agenzia delle Entrate (con la risoluzione 156/1996 e con la circolare 380/E del 2008); insomma, i servizi offerti dal consorzio ai consorziati producono reddito d’impresa, anche se rientrano nei compiti istituzionali dell’ente, a patto che siano resi dietro un corrispettivo (gli oneri consortili, appunto), inoltre occorre valutare se il rapporto giuridico, cui imputare le prestazioni rese dal consorzio, sia riconducibile a un contratto di mandato senza rappresentanza ovvero a una più generica obbligazione di fare, perché, nel primo caso, avremo applicazione dell’IVA applicabile al rapporto tra mandatario e terzo, mentre, nel secondo, è l’IVA prevista per gli appalti a poter essere richiesta.

Differenza di disciplina fra consorzio e condominio

 

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