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Ai fini dell’ultimazione dell’opera per l’ottenimento del condono edilizio, si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, esse siano state completate funzionalmente.

Se un’opera è completata ‘al rustico’ con copertura, si può legittimamente beneficiare del condono edilizio.

Lo ha messo nero su bianco il Tar Roma nella sentenza 4113/2024 dello scorso 1° marzo, accogliendo il ricorso di un privato contro il provvedimento di rigetto dell’istanza di condono ex legge 326/2003 (Terzo condono edilizio) emanato dal comune per l‘ampliamento di 19 metri quadrati di s.u.r. sul terrazzo di pertinenza dell’immobile.

 

La ‘dead’ line del Terzo condono edilizio e le differenze con la sanatoria ordinaria

Sull’opera era stata presentata istanza di condono in data 9 febbraio 2004, ma secondo il comune le opere non erano state completate entro il 31 marzo 2003, la ‘dead-line’ per l’ottenimento del terzo condono edilizio (DL 269/2003, convertito con modifiche dalla legge 326/2003).

Sappiamo, infatti, che a differenza della sanatoria ordinaria (doppia conformità urbanistica ex art.36 del dpr 380/2001), nei condoni edilizi non serve l’accertamento di conformità ma viene sanata l’opera abusiva completata però entro una determinata data.

 

Il concetto di ultimazione dell’opera nel condono edilizio

Il ricorrente ritiene che al momento del sopralluogo del 12 ottobre 2003 l’opera era già completa dal punto di vista strutturale, come del resto sarebbe chiaramente evincibile dal verbale di constatazione della Polizia Municipale, ed il relativo volume perfettamente apprezzabile nella sua consistenza planovolumetrica ed evidentemente connotato del requisito della stabilità indispensabile per essere “individuato” e definito funzionalmente ai fini della sanabilità.

Ed è così anche per il Tar Roma, che accoglie il ricorso.

Ai sensi dell’art. 32, comma 25, legge 326/2003 – ricordano i giudici amministrativi – il condono edilizio è consentito per le opere abusive che «risultino ultimate entro il 31 marzo 2003».

Il concetto di ultimazione è specificato nell’art.31 comma 2 della legge 47/1985 (i cui principi debbono ritenersi valevoli anche per la disciplina dei condoni successivi), laddove si precisa che, «ai fini delle disposizioni di cui al comma precedente, si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, esse siano state completate funzionalmente».

 

Condono edilizio: l’onere della prova sull’effettiva ultimazione delle opere è del privato

In materia di condono edilizio, sul richiedente grava l’onere di provare “appieno” la data di ultimazione delle opere, in modo da non lasciare alcun dubbio al riguardo, trattandosi di elemento essenziale per l’ammissibilità dell’istanza di condono.

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Criterio strutturale o funzionale: quando si applica l’uno o l’altro?

In virtù dell’art.31 sopracitato, esistono due criteri alternativi per la verifica del requisito dell’ultimazione, rilevante ai fini del rilascio del condono: 

  • il criterio “strutturale”, che vale nei casi di nuova costruzione (quale quella oggetto del presente giudizio);
  • il criterio “funzionale”, che opera, invece, nei casi di opere interne di edifici già esistenti oppure di manufatti con destinazione diversa da quella residenziale.

 

Criterio strutturale: il completamento al rustico richiede le tamponature esterne e la copertura

Quanto al criterio strutturale del completamento del rustico, per edifici “ultimati”, si intendono, per costante giurisprudenza, quelli completi almeno al “rustico”, espressione con la quale si rappresenta un’opera mancante solo delle finiture (infissi, pavimentazione, tramezzature interne), ma necessariamente comprensiva delle tamponature esterne, che realizzano in concreto i volumi, rendendoli individuabili e esattamente calcolabili (cfr., fra le tante, Cons. di Stato, Sez. IV, 16 ottobre 1998, n. 130).

La giurisprudenza ha altresì chiarito che, se sono necessarie le tamponature esterne, a maggior ragione diventa essenziale l’esistenza di una copertura che ha, dal punto di vista della sagoma e del volume, la funzione di definire le dimensioni dell’intervento realizzato e, dal punto di vista costruttivo, lo scopo di rendere conto della compiutezza della realizzazione stessa.

In tal senso vanno lette le affermazioni della giurisprudenza che evidenzia come la copertura debba essere in materiale non precario ed idoneo ad una rifinitura finale con interventi minimi (cfr. Cons. di Stato, Sez. VI, 15 settembre 2015, n. 4287, dove si evidenzia la sufficienza di una copertura in muratura, stabilmente infissa al corpo verticale e costituita con materiale non precario e soltanto non rifinita con tegole o simili, ossia realizzata in maniera tale “da permettere la precisa individuazione del volume da condonare, escludendosi ogni possibilità di far luogo a successive modifiche o ampliamenti“).

 

Terzo Condono edilizio e ultimazione delle opere per la sanatoria: il criterio strutturale e quello funzionale

Ai fini della sanatoria straordinaria/condono, per opere ultimate devono intendersi «gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente».

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Condono edilizio ok: qui c’è completamento strutturale

La questione si chiude qui: l’orientamento giurisprudenziale di cui sopra appare rilevante nel caso di specie, considerato che nel già verbale di sopralluogo del 13 ottobre 2003 si fa riferimento a una “copertura in legno e orditura dello stesso materiale, salvo poi specificare, nelle annotazioni, che l’opera si presenta in corso di costruzione e la copertura parzialmente eseguita.

Come si spiega questa ‘discrasia’?

Secondo il TAR, in realtà la copertura, pur necessitando di opere di rifinitura, era già stata realizzata e consentiva di apprezzare le dimensioni dell’intervento realizzato.

Una simile conclusione è conseguenza del fatto che all’interno del manufatto erano già state edificate tramezzature al fine di realizzare un vano di circa mq 4.50, ovvero un’opera di suddivisione interna del locale che presuppone l’avvenuta realizzazione del tetto.

Per questo, il (terzo) condono edilizio era ottenibile.


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