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Le composizioni negoziate della crisi d’impresa (Cnc) conclusesi favorevolmente sono il 18% dei casi complessivi (1172 domande) con 110 imprese risanate. Il risultato si deve soprattutto all’accelerazione sperimentata negli ultimi tre trimestri del 2023, in cui oltre 1 procedura su 4 si è chiusa con esito favorevole. Da novembre 2023 ad oggi il trend è in crescita stabile anche nell’utilizzo della Cnc: 25 nuove domande ogni quindici giorni così attestando la fiducia nel nuovo strumento che sta permettendo di aiutare le imprese a superare la crisi, mantenere la continuità aziendale e trovare accordi con i creditori in un contesto di negoziazione amichevole. Il picco è stato raggiunto nella seconda metà di novembre 2023 con 43 domande presentate. Lo rivelano i dati Unioncamere aggiornati al 15 gennaio 2024.

Istituto unico

La Cnc prende piede (anche) perché oggi è l’unico istituto stragiudiziale e non concorsuale previsto dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (dlgs 12/2019, Ccii), già introdotto nel nostro ordinamento dal 15 novembre 2021 con il dl 118/21, inserito nel corpo del Ccii dal giugno 2022 a seguito del dlgs 83/22 che ha innovato e adeguato il Ccii ai principi comunitari e alla c.d. direttiva insolvency.

Delle 1.172 domande presentate al 15 gennaio scorso alle camere di commercio sono 485 quelle ancora in corso di gestione, 68 invece quelle rifiutate, mentre 619 sono state chiuse.

Sospensioni e protezioni

Nel 75,09% dei casi (880 istanze) sono state richieste le misure protettive, cioè il blocco dei pagamenti e la tutela dell’impresa in difficoltà, mentre le misure sospensive sono state utilizzate nel 47,78% dei casi (560 istanze). 104 istanze hanno riguardato gruppi d’imprese, 70 imprese sottosoglia, ovvero quelle imprese minori (art. 2, lett. c, Ccii) che non sono assoggettabili a liquidazione giudiziali. Un numero, quest’ultimo, che indica come la Cnc sia tagliata più per le imprese di una certa dimensione, anziché per le piccole.

Esito negativo

Per quanto riguarda le istanze chiuse con esito negativo, nel 32,63% dei casi è avvenuto per l’assenza di prospettive di risanamento (in 202 casi su 509), ma il trend si sta invertendo negli ultimi tempi. Nel 38,94% dei casi per la conclusione negativa della fase di trattazione (241 su 509) e per il 10,66% per la rinuncia da parte dell’imprenditore (66 casi su 509). Tra gli esiti favorevoli, invece, si registra la conclusione di contratti ex 23, comma 1, lett. a), in 28 casi su 110, di accordi ex art. 23, comma 1, lett. c), cioè attraverso accordi stragiudiziali. Sono invece 48 i casi di ricorso ad altre procedure di regolazione della crisi, con ricorso sempre maggiore agli accordi di ristrutturazione dei debiti.

Posti di lavoro salvati

L’esperienza e i numeri di Unioncamere dimostrano un utilizzo sempre più consapevole della Cnc da parte delle imprese ed un accesso allo strumento in uno stadio della crisi ancora non troppo avanzato, il che consente alle società di perseguire efficaci percorsi di risanamento e rilancio.

Il dato che fa riflettere riguarda il numero di posti di lavoro tutelati grazie ai risanamenti raggiunti con la Cnc. Unioncamere dichiara che nel complesso si tratta di circa 6.300 addetti nelle 110 imprese che hanno ottenuto il successo nella Cnc. Oltre a ciò, occorre considerare l’effetto benefico del risanamento dell’impresa sui fornitori e su tutte le aziende dell’indotto e della filiera produttiva.

Prevalenza al Nord

Lo strumento continua ad essere adoperato soprattutto nelle regioni del Nord. Il maggior numero delle istanze proviene infatti dalla Lombardia (il 22% del totale), seguita dal Lazio (13% del totale) e, in ordine decrescente, dall’Emilia-Romagna, dal Veneto, dalla Toscana e dalla Puglia.

Per quanto riguarda la figura dell’esperto, alla data del 15 gennaio 2023 risultano 4.257 iscritti agli elenchi regionali, proveniente per lo più dalle regioni Lombardia (il 19,10% del totale), Toscana, Emilia-Romagna, Veneto e Lazio.

Commercialisti al top

La stragrande maggioranza degli esperti è rappresentata dalla categoria dei commercialisti (79,39%), seguita da quella degli avvocati (19,22%), mentre risultano ancora poche iscrizioni proveniente dalla categoria dei dirigenti d’impresa e dei consulenti del lavoro.

Con riferimenti ai soli incarichi in corso, vi sono 382 esperti con un incarico assegnato, e solo 19 esperti con due incarichi assegnati. Questo è il dato meno edificante: tanti aspiranti e poco lavoro, eppure tutti i professionisti hanno dovuto fare corsi e iscriversi agli elenchi tenuti dalle cciaa.

 

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