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Per le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (SSUU 21761 del 29 luglio 2021, testo in calce) con latto giudiziario che ratifica laccordo di separazione o di divorzio è possibile trasferire i beni immobili da un coniuge allaltro o a favore dei figli, senza passare obbligatoriamente dal notaio.

Il caso

L’accordo raggiunto tra i coniugi, nel divorzio a domanda congiunta, prevedeva il trasferimento a favore dei figli della coppia, maggiorenni ma economicamente non autosufficienti, del 50% della nuda proprietà spettante al padre sulla casa coniugale, e il trasferimento dal marito alla moglie dell’usufrutto sulla propria quota di proprietà della casa.  Con il ricorso, i coniugi producevano anche:

  • la dichiarazione di conformità allo stato di fatto dell’immobile dei dati catastali e delle planimetrie;
  • la dichiarazione di conformità dell’intestazione catastale alle risultanze dei registri immobiliari;
  • una perizia tecnica giurata con allegati: l’attestato di prestazione energetica (APE), la dichiarazione di conformità dell’impianto termico alle prescrizioni legali, la visura e la planimetria catastale dell’immobile.

I coniugi si impegnavano inoltre ad eseguire a loro cura e spese la trascrizione e le formalità di pubblicità immobiliare e le volture, esonerando il cancelliere dalle responsabilità relative e impegnandosi a depositare in cancelleria la ricevuta di presentazione della pubblicità immobiliare e la nota di trascrizione.

I figli dei coniugi intervenivano ad adiuvandum nel processo, esprimendo il loro consenso ai trasferimenti immobiliari previsti dall’accordo di divorzio dei genitori.

Il Tribunale di Pesaro, dichiarava con sentenza la cessazione degli effetti civili del matrimonio, ma precisava che gli accordi relativi all’immobile erano da intendersi come impegni preliminari di vendita e di acquisto, aventi dunque efficacia esclusivamente obbligatoria.

La Corte di appello, confermando la posizione del Tribunale di Pesaro, precisava che la verifica di conformità ipocatastale dell’immobile fosse da considerare un adempimento riservato in via esclusiva al notaio rogante.

I coniugi impugnavano dunque la sentenza di appello con ricorso per Cassazione.

La questione veniva rimessa alle Sezioni Unite della Corte per chiarire definitivamente se l’accordo raggiunto dai coniugi in sede di separazione congiunto o domanda congiunta di divorzio, e avente ad oggetto il trasferimento di immobili, possa o meno avere effetti traslativi. Il punto è infatti da tempo oggetto di soluzioni interpretative contrastanti da parte della giurisprudenza di merito.

Le tre posizioni di dottrina e giurisprudenza

La pronuncia delle Sezioni Unite ripercorre le tre posizioni presenti in dottrina ed in giurisprudenza.

  • La posizione più restrittiva ritiene che gli accordi tra i coniugi in sede di separazione e divorzio non possano avere un contenuto ulteriore rispetto a quello necessario (affidamento dei figli minori e loro mantenimento, esercizio della responsabilità genitoriale, assegnazione della casa coniugale, eventuale mantenimento del coniuge). Niente spazio dunque ai trasferimenti immobiliari, che anche se contenuti nell’accordo e nel verbale dI i separazione, non potrebbero essere trascritti, ma richiederebbero sempre e comunque il successivo intervento del notaio.
  • Una posizione intermedia è quella che adotta la c.d. procedura “bifasica”. Nel verbale di separazione o divorzio congiunto i coniugi possono assumere l’impegno (a contenuto meramente obbligatorio) di operare i trasferimenti immobiliari, ma l’effetto traslativo è comunque riservato alla successiva stipula notarile, anche per evitare i numerosi errori invalidanti dell’atto traslativo (come quelli relativi ad errori di verifiche urbanistiche, certificazioni catastali e attestazioni energetiche). La maggior parte delle decisioni della giurisprudenza di merito, muovendo dalla distinzione tra contenuto necessario e contenuto eventuale degli accordi di separazione e divorzio, consente l’integrazione degli accordi di separazione con clausole contenenti impegni di carattere obbligatorio, aventi ad oggetto il trasferimento di beni immobili. Tuttavia escludono l’efficacia traslativa di tali pattuizioni, ritenendo riservato al notaio il compito di controllo indiretto dello Stato sui trasferimenti immobiliari.
  • La posizione di maggiore apertura è quella che vede negli accordi di separazione e divorzio una “negoziazione globale” di tutti i rapporti tra i coniugi, individuando un vero e proprio contratto di definizione della crisi coniugale, idoneo ad “abbracciare ogni forma di costituzione e di trasferimento di diritti patrimoniali, compiuti con o senza controprestazione, in occasione della crisi coniugale”. I “contratti della crisi coniugale”, o contratti post-matrimoniali, secondo questo orientamento, sarebbero contratti tipici, che trovano la loro base normativa negli artt- 711 c.p.c. e 4 comma 16 L. 898/70.

La giurisprudenza di legittimità, a differenza dei giudici di merito, ha manifestato di aderire a quest’ultimo orientamento. Ed è questa posizione che viene accolta anche dalle Sezioni Unite del Supremo Collegio nella sentenza in commento, con alcune precisazioni.

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La decisione delle Sezioni Unite

Dopo aver ripercorso gli orientamenti di dottrina e giurisprudenza, le Sezioni Unite danno conto delle ragioni che depongono a favore della posizione aperturista.

Innanzitutto, gli accordi dei coniugi sono insindacabili da parte del giudice, che tanto in sede di separazione quanto in occasione del divorzio, può verificare solamente l’inadeguatezza delle disposizioni in favore della prole, o in caso di divorzio la mancanza dei requisiti di legge per la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Ma il Tribunale non può in ogni caso sindacare le scelte negoziali compiute dalle parti nella regolazione di tutti i loro rapporti.

Pertanto, imporre alle parti di limitarsi a contrarre un preliminare di vendita e acquisto anziché il trasferimento immediato dei diritti immobiliari, significherebbe incidere in modo indebito sull’autonomia privata delle parti, costituzionalmente tutelata (art.2, 3, 41 e 42 Cost.).

Inoltre, va tenuto conto di cosa succederebbe se uno dei due coniugi dopo la pronuncia della separazione o del divorzio non adempisse all’obbligo assunto nel verbale. L’altro coniuge avrebbe come unico rimedio il ricorso all’azione di adempimento coattivo (art. 2932 c.c.), e ciò si tradurrebbe in un allungamento dei tempi di definizione della crisi coniugale e in un aumento esponenziale dei costi, che inciderebbe su una situazione economica spesso fragile e compromessa.

I documenti necessari a pena di nullità

Ultimo ed importante argomento da vincere resta quello della riserva notarile della stipula dei trasferimenti immobiliari.  La giurisprudenza più restrittiva ricavava tale riserva dall’art. 29 comma 1 bis della L. 52/85, (come introdotto dall’art. 19 comma 14 del D.l. 78/2010), a norma del quale “gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi, aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti, il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.

Secondo l’orientamento restrittivo, la nullità comminata dalla norma si riferirebbe non solo al contenuto dell’atto di trasferimento, ma anche al soggetto (il notaio) che deve compiere la verifica di conformità. Le Sezioni Unite della Corte invece precisano che la nullità in questione è una nullità “testuale” (art. 1418 c.c.) e oggettiva, che prescinde dall’esattezza e dalla veridicità dei dati, e che è comminata per il solo fatto che manchino i seguenti elementi:

  • identificazione catastale
  • riferimento alle planimetrie depositate in catasto
  • dichiarazione di conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie.

In sede di separazione o divorzio, è indispensabile quindi che l’atto traslativo contenga i predetti elementi previsti a pena di nullità, ma non è rilevante che sia il notaio il soggetto che roga l’atto.

Il verbale di udienza di comparizione dei coniugi, redatto dal cancelliere ai sensi dell’art. 126 c.p.c. è dotato dei requisiti di forma scritta (art. 1350 c.c.) prescritti per i trasferimenti immobiliari ed è anche atto pubblico avente fede privilegiata fino a querela di falso (sia della provenienza dal cancelliere che lo redige e degli atti da lui compiuti, sia dei fatti che egli attesta essere avvenuti alla sua presenza).

Il verbale di udienza redatto dal cancelliere è pertanto a tutti gli effetti un atto pubblico ai sensi dell’art. 2699 c.c. e quindi trascrivibile ai sensi dell’art. 2657 c.c. Le verifiche che l’art. 29 comma 1 bis L. 52/85 riserva al notaio, possono dunque essere validamente compiute anche dal cancelliere. “Si ritiene in sostanza, che pur essendo la norma rivolta agli atti autenticati o formati dal notaio, essa sia comunque applicabile a tutti gli atti amministrativi che producono i medesimi effetti, quali i decreti di trasferimento per espropriazione, ed anche agli atti giudiziari, quali le sentenze costitutive ex art. 2932 c.c.

Spetta in ogni caso alle parti presentare al cancelliere tutta la documentazione richiesta a pena di nullità e necessaria al compimento delle opportune verifiche ipocatastali da parte del cancelliere. A tal fine, Le Sezioni Unite invitano i singoli uffici giudiziari, in accordo con i Consigli dell’Ordine, a redigere dei protocolli per indicare alle parti e ai loro difensori la documentazione da produrre.

Il principio di diritto

Concludendo dunque a favore della possibilità di trasferire gli immobili in sede di accordo di separazione o di divorzio, le Sezioni Unite affermano il seguente principio di diritto: “Le clausole dellaccordo di divorzio a domanda congiunta, o di separazione consensuale, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili, o di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi, o dei figli, al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide in quanto il predetto accordo, inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico ex art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo la sentenza di divorzio (che, rispetto alle pattuizioni relative alla prole e ai rapporti economici, ha valore di pronuncia dichiarativa) ovvero dopo lomologazione, valido titolo per la trascrizione ex art. 2657 c.c., presupponendo la validità dei trasferimenti lattestazione del cancelliere che le parti abbiamo prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui allart. 29, comma 1-bis, della l. n. 52 del 1985, mentre non produce la nullità del trasferimento il mancato compimento, da parte dellausiliario, dellulteriore verifica soggettiva circa lintestatario catastale dei beni e la sua conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.

CASSAZIONE CIVILE, SENTENZA N. 21761/2021 >> SCARICA IL TESTO PDF

 

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