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Al netto delle dichiarazioni delle diverse fazioni politiche, questa volta a certificarlo è la Banca d’Italia che rivela in un suo occasional paper che il “Bonus facciate” e il “Superbonus 110%” hanno comportato una spesa di oltre 170 miliardi di euro, superando per costi i benefici economici generati. Il debito pubblico aumenta, mentre i benefici fiscali risultano inferiori alle aspettative.

Obiettivi ambiziosi, ma con una spesa significativa

L’intento del “Bonus facciate” e del “Superbonus 110%”, introdotti in Italia nella seconda metà del 2020, era quello di stimolare il settore delle costruzioni attraverso investimenti mirati a migliorare l’efficienza energetica e le caratteristiche antisismiche ed estetiche degli edifici residenziali.

Questi incentivi hanno comportato una spesa di oltre 170 miliardi di euro nel periodo 2021-2023, rappresentando circa il 3% del PIL medio annuo. Tuttavia, l’analisi di Bankitalia, condotta da tre studiosi Antonio Accetturo, Elisabetta Olivieri e Fabrizio Renzi, mette in luce come tali misure non abbiano generato entrate sufficienti a coprire i costi sostenuti, contribuendo all’aumento del debito pubblico.

Costi Bonus facciate e Superbonus: gli effetti economici della misura

I ricercatori della Banca d’Italia hanno confrontato l’andamento della spesa per investimenti residenziali in Italia con quello di altri paesi europei che non avevano adottato programmi simili, utilizzando il metodo del controllo sintetico. Dall’analisi emerge che circa un quarto della spesa relativa agli investimenti sussidiati, ovvero oltre 45 miliardi di euro, sarebbe stata effettuata anche in assenza degli incentivi. Questo risultato implica che il moltiplicatore fiscale sia stato inferiore all’unità, ossia che i benefici per l’economia in termini di valore aggiunto siano stati inferiori ai costi delle agevolazioni.

Secondo lo studio, il “Bonus facciate” e il “Superbonus 110%” hanno contribuito per circa 2,6-3,4 punti percentuali alla crescita totale del valore aggiunto del 13,5% registrata dal 2020 al 2023. Inoltre, gli incentivi hanno rappresentato circa tre trimestri di crescita del valore aggiunto nel settore delle costruzioni, mentre il loro impatto in altri settori è stato limitato.

Si precisa che l’analisi di Bankitalia non consente una valutazione completa del programma. Ad esempio, non è stato considerato l’impatto ambientale derivante dall’aumento dell’efficienza energetica, né sono state quantificate le possibili risposte comportamentali di imprese e famiglie in un contesto di prezzi degli input in aumento e lunghi ritardi nell’esecuzione dei lavori di ristrutturazione. Inoltre, non sono state affrontate le questioni legate alla trasferibilità dei crediti d’imposta a terzi, che possono generare incertezza sui beneficiari finali delle sovvenzioni e sulle loro implicazioni per il bilancio pubblico.

Repetita iuvant

La Banca d’Italia aveva già lanciato l’allarme, due mesi fa, depositando presso la commissione Finanze del Senato, una “memoria” in cui aveva evocato la possibilità di una cancellazione immediata del Superbonus prima della sua scadenza naturale prevista per la fine del 2025. Questo avvertimento era stato formulato durante l’esame della legge di conversione del Decreto Legge n. 39/2024, che a marzo aveva quasi completamente bloccato la cessione del credito e lo sconto in fattura.

Secondo la Banca d’Italia, l’ultimo decreto rappresentava un passo necessario per ridurre l’incertezza sui costi del Superbonus. L’esperienza con il Decreto Legge n. 11 dell’anno precedente aveva suggerito che per garantire l’efficacia delle misure non si dovevano apportare allentamenti rispetto al testo originale. Pertanto, non erano previste deroghe come avvenuto l’anno precedente con il decreto cessioni. Inoltre, se le nuove restrizioni non fossero riuscite a frenare l’accumularsi dei crediti, l’unica soluzione possibile sarebbe stata l’eliminazione del Superbonus prima della sua scadenza naturale.

Per il futuro, la Banca d’Italia aveva indicato la necessità di cambiare approccio. I crediti d’imposta di entità rilevante e con caratteristiche innovative avrebbero dovuto essere accompagnati da tetti di spesa sia complessiva (come quelli stabiliti dal DL 39 per le zone terremotate) sia per ciascun beneficiario. Le aliquote non avrebbero mai dovuto avvicinarsi al 100%. Inoltre, era stato suggerito di predisporre una base informativa esaustiva e un meccanismo di monitoraggio dei costi in tempo reale già nella fase di progettazione delle misure. Infine, i risultati del monitoraggio avrebbero dovuto essere resi pubblici con chiarezza e tempestività.

Costi Bonus facciate e Superbonus: conclusioni

Le condizioni in cui i bonus sono stati concepiti – nel pieno della crisi pandemica – non si prestavano a un processo decisionale ben ponderato. Tuttavia, guardando al futuro, i ricercatori sostengono che il policy maker dovrà essere in grado di progettare iniziative più giuste socialmente e più sostenibili finanziariamente. Una possibile soluzione per continuare a sostenere le ristrutturazioni green potrebbe essere quella di:

  • riservare il massimo tasso di incentivo alle famiglie più povere;
  • limitarle alle opere puramente green;
  • riducendo leggermente il tasso al di sotto del 100% per contenere i costi complessivi delle ristrutturazioni;
  • l’aliquota dovrebbe diminuire in funzione del reddito dei richiedenti e della quota di opere green;
  • bilanciare il sostegno alle ristrutturazioni green con la necessità di contenere la spesa pubblica e il debito.

 

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