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Una delle principali preoccupazioni di un debitore deriva dal pignoramento dei propri beni ad opera dei creditori. In caso, infatti, di debiti non pagati, i creditori potranno aggredire il patrimonio del debitore al fine di soddisfare il proprio credito e il bene più facilmente aggredibile è, indubbiamente, rappresentato dal denaro. Ecco perché i debitori si preoccupano di tutelare il denaro depositato sui propri conti correnti.
Il pignoramento del denaro infatti è piuttosto agevole. Mentre per i beni immobili è necessario il previo esperimento di un’asta giudiziaria e per lo stipendio e la pensione è previsto il limite della pignorabilità fino al quinto, per il denaro tali limiti non sussistono.
Nel momento in cui il creditore notifica l’atto di pignoramento al debitore, l’istituto di credito presso cui è acceso il conto corrente procede al blocco immediato dei fondi, finché il giudice della procedura non ordini di trasferirli a favore del creditore procedente.
La tempestività, dunque, è d’obbligo per evitare che tutto il denaro depositato sul proprio conto corrente venga pignorato a favore dei creditori.

Vediamo quindi in che modo si può agire per evitare ciò.

Partiamo col dire che, normalmente, non sussistono particolari limiti alla pignorabilità di un conto corrente.
Infatti, anche i conti correnti accesi presso istituti di credito stranieri possono essere pignorati, sebbene in questo caso sia necessario un iter più complesso. Inoltre, possono essere pignorate anche le carte prepagate, sia con IBAN sia senza.
Il pignoramento, invece, è escluso per i conti correnti utilizzati in via esclusiva per l’accredito delle seguenti somme:

Un trattamento privilegiato riguarda, poi, i conti correnti ove vengono accreditati lo stipendio o la pensione. Questi, infatti, potranno essere pignorati solo per la parte eccedente il triplo dell’assegno sociale (in base a come annualmente rivalutato dall’Inps).
Qualora il deposito sia inferiore a tale limite, il conto non sarà soggetto ad alcun pignoramento.
Potranno però essere pignorate le mensilità versate in seguito dal datore di lavoro o dall’Inps, ma nel limite del quinto mensile. Ulteriore limite riguarda la pensione, dalla quale dev’essere prima detratto il minimo vitale, il cui ammontare corrisponde al doppio del valore dell’assegno sociale.

Anche il conto PayPal è pignorabile da parte dei creditori, essendo paragonabile a un rapporto bancario. Tuttavia, non sempre i creditori si preoccupano di verificare l’esistenza di tali conti, anche perché non sono censiti né nell’anagrafe Tributaria né nel Registro dei rapporti finanziari.

Un primo modo attraverso il quale procedere a ridurre o azzerare del tutto il denaro depositato sul conto corrente è quello dei prelievi. Non c’è nessuna norma, infatti, che impedisca al titolare di un conto corrente di prelevare il denaro depositato prima di un pignoramento. Infatti, ogni correntista può prelevare un massimo di 10.000 euro mensili senza dover fornire alcuna motivazione. In caso però di superamento di tale soglia mensile, la banca deve chiedere al correntista di indicare, in forma scritta, la destinazione delle somme prelevate.
La finalità è proprio impedire lo svolgimento di operazioni sospette, che devono essere segnalate all’UIF, Unità di informazione finanziaria ed eventualmente alla Procura per le opportune indagini.
Quanto invece ai conti correnti postali, per gli stessi è previsto un tetto mensile normalmente pari a 5.000 euro.

Una volta fatti i prelievi, potrebbe però porsi un altro problema, ovvero individuare dove e come custodire il denaro prelevato. Ebbene, una soluzione potrebbe essere l’impiego delle cassette di sicurezza presenti presso gli stessi istituti di credito. Tuttavia, ulteriore criticità sorge dopo l’eventuale cessazione del pignoramento. Infatti, nel caso di deposito delle somme precedentemente prelevate, l’Agenzia delle entrate potrebbe dare avvio a un accertamento fiscale, per verificare appunto la provenienza di queste somme.
Tutti i versamenti sul conto, infatti, sono qualificati come reddito imponibile fino a prova contraria.

Un altro escamotage consiste nella richiesta al proprio istituto di credito di emissione di alcuni assegni circolari. Questi poi possono essere occultati in una cassetta di sicurezza o nella propria abitazione. In questo modo, le somme relative agli assegni circolari escono dal conto e non sono visibili al creditore, che quindi non potrà pignorarle.
Tuttavia, è previsto un limite: gli assegni circolari possono essere custoditi per un termine massimo di 3 anni dalla loro emissione. Scaduto tale termine, la banca che ha emesso gli assegni non riscossi versa la somma relativa al titolo dormiente nel Fondo indennizzo risparmiatori.

Più veloce, ma decisamente più rischioso è il metodo che prevede l’impiego di bonifici bancari su altri conti correnti. Il problema, in questo caso, sorge in quanto il beneficiario dei bonifici dovrà giustificare la provenienza delle somme all’AdE.
Ad esempio, il bonifico potrebbe essere qualificato come donazione, la quale però è soggetta ai seguenti limiti:

La donazione, tuttavia, presenta una criticità: essa, infatti, è soggetta a registrazione. Pertanto, sarà pubblica e il creditore leso, per renderla inefficace nei propri confronti, potrebbe esperire un’azione revocatoria nel termine di 5 anni.

Altro mezzo potrebbe consistere nella cointestazione del conto corrente a un’altra persona. In questo modo, il pignoramento riguarderebbe solo il 50% dei fondi disponibili sul conto. Tuttavia, anche la cointestazione è qualificata come donazione e, quindi, può essere sottoposta ad azione revocatoria nel termine di cinque anni.



 

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