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La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza del 31 dicembre 2021 n. 42093 (testo in calce), interviene nel delicato tema della prededucibilità dei crediti del professionista, restringendone la portata. Nel caso esaminato dal Supremo Consesso, un commercialista aveva svolto la propria attività in relazione alla predisposizione di una domanda di concordato preventivo, poi rinunciata dal debitore. Il professionista invocava la prededuzione del credito nel successivo fallimento.           

Gli ermellini ritengono che il credito del professionista, incaricato dal debitore, di svolgere l’attività necessaria per l’accesso al concordato preventivo, sia prededucibile, anche nel successivo fallimento, se la prestazione sia stata funzionale alle finalità della prima procedura (ossia del concordato preventivo). La valutazione della strumentalità della prestazione, ad opera del giudice di merito, avviene ex ante e riguarda la circostanza che l’intervento del professionista abbia contribuito “con inerenza necessaria” alla conservazione o all’incremento dei valori aziendali dell’impresa. Inoltre, è necessario che il debitore venga ammesso alla procedura in modo che i creditori, a cui la proposta è rivolta, possano esprimersi su di essa.

La complessa decisione si articola in 45 pagine, per brevità espositiva, si riportano solo i passaggi di maggior rilievo, rinviando, per un approfondimento, alla lettura integrale della pronuncia.

La vicenda

Un commercialista impugnava il decreto del tribunale che ne aveva rigettato l’opposizione allo stato passivo avverso il decreto del giudice delegato che, a sua volta, aveva respinto l’insinuazione al passivo del credito professionale, per come avanzata in prededuzione. Il commercialista era stato incaricato dal debitore come advisor contabile e aveva svolto l’attività nella pendenza della domanda di concordato preventivo con riserva (art. 161 c. 6 legge fall.). Il debitore, poi, aveva rinunciato al piano e ne era seguita la dichiarazione di fallimento.

Il professionista chiedeva l’ammissione al passivo in prededuzione del credito di circa 38 mila euro, o, in subordine, l’importo di 31 mila euro assistito da privilegio ex art. 2751 bis n. 2 c.c.; l’ammissione al passivo veniva ammessa sulla minor cifra di 15 mila euro in privilegio per l’attività di predisposizione della proposta e formulazione di piano di concordato. La prededuzione era esclusa in ragione dell’inammissibilità della domanda di concordato preventivo (a cui si riferiva l’attività svolta dal professionista). Inoltre, era intervenuta una rinuncia al concordato da parte del debitore, stante l’impossibilità di formulare qualsiasi proposta, difettando i requisiti minimi essenziali.

Premesse

Prima di analizzare il decisum è d’uopo ricordare brevemente cosa prevede la legge fallimentare relativamente ai crediti prededucibili (art. 111 c. 2 legge fall) e al concordato preventivo con riserva (art. 161 c. 6 legge fall).

I crediti prededucibili

L’art. 111 c. 2 legge fall. rubricato “ordine di distribuzione delle somme” dispone che sono soddisfatti con preferenza, ossia sono prededucibili,

  • i crediti così qualificati da una specifica disposizione di legge,
  • i crediti sorti in occasione (crediti occasionali) o in funzione (crediti funzionali) delle procedure concorsuali.

I crediti suddetti sono assolti con la liquidazione del patrimonio mobiliare e immobiliare, rispettate le cause di prelazione, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti (art. 111 bis c. 2 legge fall.).

La pronuncia in commento si sofferma sui crediti funzionali.

Il concordato preventivo con riserva

L’art. 161 legge fall. si occupa del concordato preventivo, si tratta di una procedura concorsuale a cui può ricorrere l’imprenditore che si trovi in una situazione di crisi o insolvenza, per cercare di risanare la propria esposizione debitoria attraverso diverse modalità. Esistono due strade:

  1. il concordato (preventivo) ordinario, in cui il debitore predispone un piano di concordato e lo deposita in Tribunale unitamente alla documentazione necessaria (art. 161 c. 1, 2, 3);
  2. il concordato in bianco o con riserva o preconcordato, tramite il quale il debitore chiede al Tribunale di accedere alla procedura, domanda l’anticipazione delle tutele caratteristiche del concordato e chiede un termine entro cui predisporre il piano e la documentazione (art. 161 c. 6).

Nella fattispecie in esame, viene in rilievo la seconda forma di concordato (il cosiddetto preconcordato), ossia un istituto che agevola il debitore, in quanto gli permette di ottenere il blocco delle azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio in via anticipata. Si ricorda che è sufficiente la pubblicazione della domanda di concordato con riserva sul Registro delle Imprese per ottenere un’elevata protezione del patrimonio del debitore. Infatti, da quel momento, sorge il divieto di iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio dell’imprenditore, l’impossibilità di acquisire senza autorizzazione diritti di prelazione con effetto rispetto ai creditori concorrenti, l’inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni precedenti la data di pubblicazione (art. 168 legge fall.)

L’abrogazione della norma interpretativa restrittiva

Nel caso in esame, la prestazione del commercialista era stata svolta durante la vigenza di una norma interpretativa relativa ai concordati con riserva, la quale stabiliva la sussistenza della prededuzione a condizione che proposta, piano e documentazione fossero presentati nel termine dato dal giudice e che la procedura venisse aperta in continuità con la domanda. Si fa riferimento all’art. 11 c. 3 quater d. l. 145/2013 successivamente abrogato dall’art. 22 c. 7 d. l. 91/2014.

Ebbene, tra i motivi di ricorso, il commercialista deduce che il Tribunale abbia errato nel negare la prededuzione del suo credito sul presupposto dell’assenza dell’utilità delle prestazioni professionali rese anteriormente alla dichiarazione di fallimento dell’imprenditore. Secondo la difesa del professionista, infatti, il raggiungimento del risultato è irrilevante ai fini delle prededuzione essendo stata abrogata la norma interpretativa di cui sopra.

Come vedremo la Suprema Corte rigetta tale ricostruzione.

Gli otto quesiti sottoposti alle Sezioni Unite

La Suprema Corte viene investita dei seguenti quesiti:

  1. se l’esclusione dell’azione revocatoria fallimentare relativamente ai crediti afferenti a prestazione di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali (ex art. 67 lett. g) legge fall.) abbia la medesima ratio su cui si fonda la prededuzione del credito dei professionisti che abbiano prestato la propria opera per l’accesso alla procedura concordataria (art. 111 c. 2 legge fall);
  2. se debba essere ribadito che la prededuzione del credito del professionista non trova fondamento nel presupposto dell’occasionalità, ma in quelli della funzionalità e/o della espressa previsione legale;
  3. se debba essere ribadito che il criterio della funzionalità va valutato ex ante, essendo irrilevante l’utilità della prestazione del professionista;
  4. se la previsione legale si riferisca al solo professionista attestatore o anche agli altri professionisti cui si è fatto cenno;
  5. se il preconcordato sia una fase di un’organica procedura o se la procedura di concordato preventivo, anche in caso di concordato in bianco, abbia inizio con il provvedimento di ammissione del tribunale;
  6. se la prededuzione spetti anche in caso di procedura concordataria in bianco che non varca la soglia dell’ammissibilità ovvero in caso di revoca della proposta da parte del proponente;
  7. se la prededuzione spetti al professionista che ha lavorato prima ancora del deposito della domanda di concordato;
  8. se l’esigenza di contrastare il danno inferto ai creditori per effetto del depauperamento dell’attivo derivante da una gestione preconcordataria produttiva di debiti prededucibili possa essere soddisfatta attraverso la verifica dell’esatto adempimento, e del carattere non abusivo e/o fraudatorio, della prestazione richiesta al professionista in vista dell’accesso alla procedura concordataria.

La prededuzione attribuisce una precedenza processuale

In buona sostanza, la domanda è se sia prededucibile – anche nel successivo fallimento – il credito del professionista per l’opera svolta dopo la domanda di concordato preventivo con riserva (art. 161 c. 6 legge fall.), il quale però non sia ammissibile, in quanto alla scadenza del termine – già prorogato – non sussistono gli adempimenti minimi (piano, proposta, documenti) e il debitore ha rinunciato alla domanda.

La questione è di grande interesse giacché, nella prassi, accade con frequenza che, nella successiva fase fallimentare, vengano avanzati ingenti crediti in prededuzione la cui genesi va ricercata in un’iniziativa del debitore (come, appunto, la predisposizione della domanda di concordato con riserva) e in cui manca un previo vaglio giudiziario. È vero che il legislatore favorisce gli strumenti di regolazione della crisi d’impresa, ma il loro impiego non deve andare a detrimento dei creditori.

Il concordato rientra tra le procedure concorsuali – citate dall’art. 111 c. 2 legge fall. – e ai crediti sorti durante tali procedure la prededuzione conferisce “una precedenza processuale in ragione della strumentalità dell’attività”. La prededuzione “attribuisce una precedenza rispetto a tutti i creditori sull’intero patrimonio del debitore e ha natura procedurale, perché nasce e si realizza in tale ambito e assiste il credito di massa finché esiste la procedura concorsuale in cui lo stesso ha avuto origine, venendo meno con la sua cessazione” (Cass. 15724/2019, Cass. 3020/2020, Cass. 10130/2021).

Il criterio di funzionalità e la prestazione del professionista

Il criterio di funzionalità del credito prededucibile va tenuto distinto da quello dell’occasionalità e dai casi in cui sussista una previsione legale. Riassumendo, sono prededucibili:

  • i crediti indicati ex lege (ad esempio, ex art. 167 c. 7 legge fall.),
  • i crediti occasionali,
  • i crediti funzionali.

L’art. 111 c. 2 legge fall. indica i due parametri (occasionalità o strumentalità) come alternativi, utilizzando la congiunzione “o” con valore disgiuntivo. Il criterio dell’occasionalità è legato ad un aspetto temporale e riguarda i crediti sordi durante la procedura. La giurisprudenza si è spesso divisa in ordine al criterio funzionale che, secondo le Sezioni Unite, ben si presta ad includere i crediti di terzi (come il commercialista, nel caso in esame) per prestazioni svolte a favore del debitore in preparazione delle procedure concorsuali.

Il parametro della funzionalità va impiegato quando ci si trova al di fuori degli atti di gestione di impresa, legalmente compiuti dal debitore, per i quali la prededuzione ha fonte legale. Infatti, l’art. 161 c. 7 legge fall. ammette, durante la procedura di concordato, dal deposito della domanda all’omologazione, il compimento di atti di ordinaria e straordinaria amministrazione (questi ultimi previa autorizzazione giudiziaria). In tale contesto, i crediti di terzi – come i professionisti incaricati dall’imprenditore – eventualmente sorti per effetto degli “atti legalmente compiuti dal debitore” sono prededucibili ai sensi dell’art. 111. Si tratta di un caso di prededuzione di fonte legale per gli atti di gestione di impresa. La disposizione (art. 167 c. 7 legge fall.) “opera a tutela dei terzi che, davanti ad un imprenditore con domanda iscritta al registro delle imprese, sono incentivati a fornirgli beni o servizi non tanto funzionali all’accesso o al rafforzamento del concordato, bensì alla sopravvivenza della sua attività commerciale”.          

La prededuzione e la consecuzione di procedure concorsuali

Nella fattispecie in oggetto, il credito del commercialista è sorto in funzione della predisposizione della domanda di concordato con riserva. Successivamente, è intervenuto il fallimento, tuttavia il legame funzionale del credito riguarda il preconcordato e non il successivo fallimento, infatti, non basta che ad una procedura (preconcordato) ne segua un’altra (fallimento) affinché sussista il criterio funzionale.

Secondo la Corte, la «prededuzione, per sua natura accordata ad un credito nel contesto processuale in cui il relativo titolo trae origine (includendone l’area preparatoria), sopravvive in una procedura concorsuale diversa che segua la precedente solo se sussista una consecuzione fra le stesse». La consecuzione postula un collegamento tra le procedure che devono essere volte a sistemare una situazione di dissesto e non è decisivo neppure l’intervallo di tempo intercorso tra la chiusura di una procedura e la dichiarazione di fallimento. In buona sostanza, il credito rimane prededucibile nel caso in cui vi sia consequenzialità tra la prima procedura e la successiva.

Come va valutata tale consequenzialità?

La Suprema Corte intende dare continuità all’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la continuità sussiste nel caso in cui ricorra lo stesso elemento oggettivo e la procedura di concordato sia stata dichiarata ammissibile (ex art. 163 legge fall.).

Al lume di quanto sopra, al credito del professionista che abbia assistito il debitore:

  • ·non si applica la prededuzione di fonte legale prevista per gli “atti legalmente compiuti dal debitore” nell’ambito degli atti di gestione dell’impresa (ex art. 161 c. 7 legge fall.),
  • ma il criterio di funzionalità (ex art. 111 c. 2 legge fall.).

Il richiamato criterio di funzionalità è assente laddove non vi sia consequenzialità tra concordato e fallimento e tale consequenzialità è esclusa qualora il concordato non sia stato ammesso.

Affinché il credito sorto in seno alla prima procedura (preconcordato) conservi il carattere prededucibile anche nella seconda (fallimento) occorre lo stesso elemento oggettivo (lo stato di insolvenza) e l’assenza di discontinuità anche organizzativa.

Nessun automatismo e valutazione ex ante

Il debitore che intenda formulare una domanda di concordato deve avvalersi di un professionista legale per la predisposizione dell’istanza, l’attestazione della veridicità dei dati aziendali, la fattibilità del piano e via discorrendo. In tale fase, è agevole valutare ex ante la strumentalità dell’attività svolta a favore del debitore. Diverso è il caso delle prestazioni non richieste ex lege a cui ricorra il debitore (come quella dell’advisor contabile nel caso in esame). In tali fattispecie, spetta al giudice di merito valutare la strumentalità della prestazione; infatti, in determinati casi, particolarmente complessi, possono essere necessarie prestazioni specialistiche. Per contro, una minore complessità della vicenda, porta a non giustificare – sotto il profilo del collegamento funzionale – prestazioni eccedenti rispetto all’effettivo bisogno.

Come ricordato, il criterio di funzionalità del credito va valutato ex ante ed esclude qualsiasi automatismo. L’esclusione della prededuzione del credito non dipende dall’insuccesso della domanda di concordato preventivo, in quanto la prestazione del commercialista è di mezzi e non di risultato. La prededuzione può essere esclusa nel caso di “inidoneità causale dell’apporto del terzo alle finalità istituzionali della procedura”. L’attività del professionista deve essere propedeutica rispetto alla procedura concorsuale e non superflua o eccedente al necessario, “si deve trattare di un’inerenza necessaria, rinvenibile quando le prestazioni si atteggino secondo indispensabilità rispetto alle finalità istituzionali della procedura cui accedono, senza cioè che, in loro difetto, quel coordinamento potesse essere prospettato”.

Nesso funzionale tra prestazione e accesso alla concorsualità

Le prestazioni svolte in funzione del concordato preventivo non sono equiparabili sempre e comunque a quelle di cui potrebbe avvalersi il debitore nella predisposizione dell’istanza di fallimento. Anche in tale circostanza si rende sempre necessario accertare la strumentalità della prestazione svolta per accedere al concordato. In particolare, occorre “un nesso funzionale forte tra la prestazione acquisita dal debitore (comunque generatrice di un credito) e l’accesso indefettibile alla concorsualità verso cui l’atto dovrebbe cooperare indispensabilmente, solo così potendo resistere la relativa qualità del credito anche ove alla procedura-obiettivo ne segua altra, come il fallimento, in un avvicendamento d’insuccesso della prima.        
Il credito del professionista è prededucibile se è sorto in funzione della procedura concorsuale, pertanto, è necessario che tale procedura venga aperta. Tornando al concordato preventivo, occorre che l’attività del professionista sia sfociata nella presentazione della domanda e nell’ammissione alla procedura. Solo in tal modo l’attività risulta funzionale, ossia strumentalmente utile, al raggiungimento dell’obiettivo perseguito dal cliente.

L’utilità in concreto rileva nel contenzioso sull’inadempimento del professionista

Cosa accade nel caso in cui venga sollevata un’eccezione di inadempimento (ex art. 1460 c.c.) nei confronti del professionista?

In altre parole, ci si domanda cosa accade nell’ipotesi in cui l’attività del professionista non abbia portato all’apertura del concordato e si sia giunti al fallimento. Infatti, è possibile che il curatore sollevi l’eccezione di inadempimento (ex art. 1460 c.c.) per evitare di gravare di costi la procedura liquidatoria a fronte della manifesta inutilità della prima procedura.

Come abbiamo visto, la prededucibilità del credito è subordinata al carattere funzionale dell’attività prestata dal professionista. La verifica dell’utilità in concreto riguarda l’eventuale controversia sull’inadempimento dell’obbligazione di quest’ultimo. Il curatore fallimentare è l’unico legittimato ad eccepire che il professionista abbia contribuito all’allestimento di un concordato inidoneo al superamento della crisi di impresa. In tal modo, viene giustificata la non ammissione al passivo – totale o parziale – dal momento che si è interrotto il nesso funzionale tra la prestazione e la procedura.

Il curatore avrà l’onere di provare l’esistenza del titolo negoziale e contestare:

  • la non corretta esecuzione della prestazione,
  • oppure la sua inutilità totale o parziale per la massa,
  • oppure l’incompleto adempimento.

Invece, il professionista, su cui non grava un’obbligazione di risultato, deve provare l’esatto adempimento “per rispondenza della sua condotta al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui è intervenuto con la propria opera ovvero l’imputazione a fattori esogeni, imprevisti e imprevedibili dell’evoluzione dannosa della procedura, culminata nella sua cessazione (anticipata o non approvata giudizialmente) e nel conseguente fallimento”.

Il professionista, a cui sia negato il compenso per carenza nella dovuta diligenza, non può invocare a fondamento del credito la circostanza che il debitore lo abbia designato per predisporre la procedura concordataria. Inoltre, la circostanza che il concordato sia ammesso dal tribunale (ex art. 163 c. 1 legge fall.) non dimostra l’esattezza dell’adempimento del professionista. Infatti, la suddetta valutazione può essere smentita, in seguito, dallo stesso tribunale, in sede di procedura fallimentare.

L’attività del professionista della crisi non rientra automaticamente nell’ambito della soluzione dei problemi di speciale difficoltà (ex art. 2236 c.c.) in cui la responsabilità resta circoscritta alla colpa grave. In ogni caso, l’onere di provare l’esatto adempimento grava sul professionista a nulla rilevando, sotto il profilo probatorio, la distinzione tra facile esecuzione (o meno) della prestazione che, al contrario, viene in rilievo per la valutazione del grado di diligenza e del corrispondente grado di colpa.

Il CCII come strumento interpretativo

Le Sezioni Unite richiamano la disciplina contenuta nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. 14/2019) per utilizzarla come strumento interpretativo della normativa attuale.
Si ricorda che, sinora, il CCII è entrato solo parzialmente in vigore e la sua operatività, dopo diversi rinvii, è prevista per il 16 maggio 2022, mentre è differita al 31 dicembre 2023 l’applicazione delle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi (così d. l. 118/2021). Alcuni settori del CCII sono stati oggetto di modifiche (si vedano d. lgs. 147/2020 e il citato d.l. 118/2021). Nel caso che ci occupa, trovano ancora applicazione le regole contenute nella legge fallimentare in materia di concordato preventivo (artt. 161 ss. legge fall.).

Come detto, la Corte “usa” il CCII per fornire un’interpretazione della disciplina vigente. In particolare, gli ermellini rinviano alla nuova disciplina (art. 6, comma 1, lett. c) ove è previsto che:

  • sia ammessa la prededuzione in misura del 75% di quanto accertato,
  • sia ammessa la prededuzione dei crediti professionali sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo nonché del deposito della relativa proposta e del piano maturano a condizione che la procedura sia aperta.

In buona sostanza, il CCII subordina la prededuzione all’apertura della procedura.

Per completezza espositiva, si cita la Direttiva Insolvency (2019/1023), la quale non prende posizione sulla prededuzione dei crediti del professionista (vedasi punto 61 della sentenza in commento).

Conclusioni: il principio di diritto

La Suprema Corte rigetta il ricorso del commercialista, in quanto la prestazione professionale non risulta in relazione strumentale con il concordato preventivo mai ammesso ed esula dagli scopi per cui era stata acquisita. Gli ermellini enunciano il seguente principio di diritto:

  • «il credito del professionista incaricato dal debitore di ausilio tecnico per l’accesso al concordato preventivo o il perfezionamento dei relativi atti è considerato prededucibile, anche nel successivo e consecutivo fallimento, se la relativa prestazione, anteriore o posteriore alla domanda di cui alla L. Fall., art. 161, sia stata funzionale, ai sensi della L. Fall., art. 111, comma 2, alle finalità della prima procedura, contribuendo con inerenza necessaria, secondo un giudizio ex ante rimesso all’apprezzamento del giudice del merito, alla conservazione o all’incremento dei valori aziendali dell’impresa, sempre che il debitore venga ammesso alla procedura ai sensi della L. Fall., art. 163, ciò permettendo istituzionalmente ai creditori, cui la proposta è rivolta, di potersi esprimere sulla stessa; restano impregiudicate, da un lato, la possibile ammissione al passivo, con l’eventuale causa di prelazione e, per l’altro, la non ammissione, totale o parziale, del singolo credito ove si accerti l’inadempimento della obbligazione assunta o la partecipazione del professionista ad attività fraudatoria».

CORTE DI CASSAZIONE, SENTENZA N. 42093/2021 >> SCARICA IL TESTO PDF

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