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Il concorso nel reato di bancarotta fraudolenta distrattiva non può essere desunto dal ruolo rivestito in rapporto al fallito, ma va dimostrata l’effettiva conoscenza dello stato di decozione della fallita e la sussistenza del dolo specifico di sottrarre risorse ai creditori dell’ente insolvente.
Per tali motivi la Corte di cassazione, con la sentenza n. 26426/2022, ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna della ricorrente, in quanto non ha commesso il fatto.

Il caso
Nella vicenda l’imputata era accusata di aver concorso nel reato perché la società di cui era socia al 90% aveva acquistato il capannone industriale della società poi fallita e di cui era titolare del 10% (mentre il 90% di questa apparteneva all’imprenditore fallito divenuto suo marito dopo l’operazione di compravendita).

Il ricorso
La ricorrente contestava, in primis, il carattere distrattivo della compravendita sostenendo che di fatto la società poi fallita con tale operazione avesse ricevuto una cospicua iniezione di denaro che non poteva che favorire i creditori della stessa. Ma la Cassazione conferma la definizione illecita dell’operazione, che di fatto faceva venir meno l’unico bene su cui i creditori avrebbero potuto ottenere soddisfazione. Infatti, il denaro ricevuto per la vendita veniva in parte impiegato per il pagamento di compensi al marito della ricorrente da parte della società venditrice dell’immobile che era stata poi costretta, per proseguire l’attività, ad affittare dei nuovi locali (tra l’altro, proprio dalla società acquirente del capannone). Infine, quest’ultima rivendeva il capannone a un terzo. Ma sul punto la Cassazione aderisce pienamente alla definizione – data dai giudici di merito – di attività distrattiva riferita alla compravendita dell’unico bene d’impresa della fallita.

Il dolo specifico non provato
La Cassazione accoglie invece i rilievi della ricorrente contro la decisione di merito sul punto della prova della sua partecipazione all’attività dolosa. La Cassazione ritiene non sussistente un valido compendio probatorio sul concorso della ricorrente nel reato di bancarotta fraudolenta. Infatti, la Cassazione accoglie il motivo con cui la ricorrente fa rilevare come l’affermazione di responsabilità nei suoi confronti sia stata desunta da fattori “formali” che non hanno dato conto dell’elemento psicologico di partecipazione al reato (necessario per far sorgere la responsabilità penale). In effetti, la sentenza annullata aveva riconosciuto colpevole la ricorrente, moglie dell’imputato principale, in base al rilievo dato de plano alle sue caratteristiche personali:
– la qualità di socia della fallita e della società acquirente del bene distratto
– il rapporto di coniugio
– la sua preparazione professionale connessa alla qualifica di avvocato.

 

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