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Tutti i ricorsi al giudice che può fare il debitore e l’elenco dei beni impignorabili, dalla prima casa al conto corrente.

Se sopraggiunge un pignoramento è perché il debitore è stato già messo nella condizione di difendersi dalle pretese del creditore e non ha inteso farlo oppure ha perso ogni giudizio dinanzi al giudice. Ciò nonostante la legge riconosce alcuni diritti al debitore esecutato: diritti, da un lato, rivolti a far valere eventuali vizi di procedura e di sostanza della procedura, dall’altro finalizzati alla tutela della dignità e della sopravvivenza della persona. Vediamo dunque quali sono i diritti in caso di pignoramento e cosa può fare il debitore per tutelarsi.

Quando è possibile il pignoramento

Non si può intraprendere un pignoramento se il creditore non è in possesso di un «titolo esecutivo». Con questo termine si intendono:

  • le sentenze di condanna (anche di primo grado);
  • i decreti ingiuntivi definitivi (ossia non opposti nel termine di 40 giorni);
  • gli assegni e le cambiali scadute;
  • i contratti di mutuo stipulati dinanzi al notaio;
  • le cartelle esattoriali;
  • gli attestati di credito della Siae.

Dunque non è possibile avviare un pignoramento sulla base di un semplice contratto non adempiuto, di una bolletta non pagata, di una scrittura privata, ecc. L’azione esecutiva è infatti subordinata al previo accertamento, da parte del giudice, del diritto di credito vantato. In termini pratici – salvo nel caso di assegni, cambiali, cartelle esattoriali, contratti di mutuo e attestati della Siae – il creditore deve prima avviare una causa contro il debitore o chiedere, contro di questi, un decreto ingiuntivo.

Qualsiasi processo presuppone quindi la notifica al debitore della stessa, affinché questi possa difendersi, costituendosi in giudizio.

Invece, nel caso di decreto ingiuntivo, il debitore viene a conoscenza dell’atto dopo la sua emissione e notifica; successivamente però può fare ricorso entro 40 giorni a mezzo del proprio avvocato.

Avviso prima del pignoramento

L’esecuzione forzata – o meglio, il pignoramento – presuppone due notifiche al debitore a mezzo dell’ufficiale giudiziario:

  • il titolo esecutivo (la sentenza, il decreto ingiuntivo, ecc.);
  • l’atto di precetto ossia un ultimo avviso a pagare entro 10 giorni. Il precetto scade dopo 90 giorni ma può essere rinnovato, ossia notificato nuovamente. Ogni notifica del precetto interrompe i termini di prescrizione del credito. L’atto di precetto non è dovuto in caso in cui il titolo esecutivo sia una cartella esattoriale.

L’opposizione agli atti dell’esecuzione

Ci sono due mezzi per contestare il pignoramento. Il primo è l’opposizione agli atti dell’esecuzione

. È rivolta a far valere tutti i vizi di procedura. Si pensi al caso in cui il debitore non ha mai ricevuto la notifica del titolo esecutivo o del precetto o quando il pignoramento avviene dopo il decorso di 90 giorni dal precetto.

L’opposizione può essere fatta valere entro massimo 20 giorni dal ricevimento dell’atto viziato. Si propone dinanzi al giudice dell’esecuzione del tribunale.

L’opposizione all’esecuzione

Il secondo mezzo per contestare il pignoramento è l’opposizione all’esecuzione. A differenza dell’opposizione contro gli atti esecutivi, questa è rivolta a contestare i vizi di sostanza della procedura, ossia l’esistenza del diritto del creditore. Può essere fatta valere in qualsiasi momento, anche oltre i 20 giorni previsti per l’opposizione agli atti esecutivi.

Vi si ricorre, ad esempio, quando il creditore abbia sbagliato i conteggi, quando il suo credito sia caduto in prescrizione, quando il debitore è un soggetto diverso da quello che ha subito il pignoramento, quando il debito è stato già pagato o annullato dalla sentenza di un giudice, ecc.

Anche in questo caso l’opposizione si propone in tribunale, dinanzi al giudice dell’esecuzione, a mezzo del proprio avvocato.

I beni impignorabili

La legge detta un lungo elenco di beni impignorabili a tutela della dignità morale e personale del debitore.

In via generale, nel caso di pignoramento dei beni mobili, non si possono pignorare l’anello nuziale, i vestiti e la biancheria, i letti, i tavoli per i pasti con e sedie, gli armadi, guardaroba, cassettoni, frigorifero, stufe e fornelli di cucina; lavatrice, utensili di casa e di cucina unitamente al mobile idoneo a contenerli, in quanto indispensabili al debitore e alle persone della sua famiglia che convivono con lui. Sono invece pignorabili i mobili di rilevante valore economico, anche per accertato pregio artistico o di antiquariato (a meno che non si tratti del letto).

Non sono altresì pignorabili i beni commestibili e combustibili necessari per un mese al mantenimento del debitore e delle altre persone della sua famiglia con lui conviventi; le cose sacre e quelle che servono all’esercizio del culto (ad esempio una statuetta della madonna) a meno che non siano di elevato valore economico (un crocifisso in oro); le decorazioni al valore, lettere, registri e in genere gli scritti di famiglia e i manoscritti, salvo che formino parte di una collezione; le armi e oggetti che il debitore ha l’obbligo di conservare per adempiere un pubblico servizio.

Non si possono pignorare gli animali di affezione o da compagnia tenuti presso la casa del debitore o negli altri luoghi a lui appartenenti, senza fini produttivi, alimentari o commerciali (ad esempio un cane, un gatto, un criceto, un coniglietto); gli animali impiegati ai fini terapeutici o di assistenza del debitore, del coniuge, del convivente o dei figli (si pensi al cane guida per i non vedenti); i beni in usufrutto legale (si pensi ai beni di proprietà dei figli in usufrutto ai genitori).

Si tenga conto che il debitore non può rifiutarsi di aprire all’ufficiale giudiziario qualora voglia entrare in casa ed è tenuto ad aprirgli casseforti, armadi e ripostigli a sua richiesta. L’ufficiale può farsi accompagnare dall’avvocato del creditore.

Gli strumenti, gli oggetti e libri indispensabili all’esercizio della professione, dell’arte o del mestiere del debitore sono pignorabili solo se il presumibile valore ricavabile dalla vendita degli altri beni rinvenuti dall’ufficiale giudiziario o indicati dal debitore non appare sufficiente per soddisfare il credito. In ogni caso, tali beni possono essere pignorati solo nei limiti massimi di un quinto.

In caso di pignoramento presso terzi (ossia quello avente ad oggetto i crediti che il debitore vanta nei confronti di altri soggetti) sono dettate specifiche regole:

  • il pignoramento del conto corrente su cui viene accreditato (esclusivamente) lo stipendio o la pensione: quanto ai soldi che sono già depositati al momento della notifica del pignoramento, può essere pignorato solo per l’eventuale parte che eccede il triplo dell’assegno sociale. Le successive mensilità possono essere pignorate sono entro i limiti di un quinto, con esclusione dell’ultima mensilità che non può mai essere trattenuta dalla banca. Se però il creditore è l’Agente per la riscossione che agisce per via di una cartella esattoriale non pagata, il limite al pignoramento delle mensilità di stipendio e pensione è diverso: a) per stipendi fino a 2.500 euro: il pignoramento è di massimo un decimo; b) per stipendi da 2.500 euro fino a 5.000 euro: il pignoramento è di massimo un settimo; c) per stipendi oltre 5.000 euro: il pignoramento è di massimo un quinto;
  • il pignoramento della pensione presso l’Inps può avvenire nei limiti di un quinto detratto però prima il minimo vitale che è pari a due volte l’assegno sociale e che non può mai essere inferiore a 1.000 euro. Pertanto le pensioni che non superano mille euro sono impignorabili. Anche in questo caso, se il creditore è l’Agente per la riscossione, il limite al pignoramento delle mensilità di stipendio e pensione è: a) per stipendi fino a 2.500 euro: il pignoramento è di massimo un decimo; b) per stipendi da 2.500 euro fino a 5.000 euro: il pignoramento è di massimo un settimo; c) per stipendi oltre 5.000 euro: il pignoramento è di massimo un quinto;
  • il pignoramento del conto corrente direttamente presso il datore di lavoro può avvenire solo nei limiti del quinto; anche in questo caso valgono i limiti più stretti nel caso di pignoramento azionato dall’Agente della Riscossione;
  • per tutti i calcoli e ulteriori informazioni si rinvia all’articolo Limiti di pignoramento.

I diritti in caso di pignoramento immobiliare

Non esistono limiti al pignoramento immobiliare, che pertanto può essere attivato indipendentemente dall’importo in contestazione.

Tuttavia, in caso di pignoramento della casa, con messa all’asta tramite la procedura giudiziale, il debitore ha diritto a continuare a viverci all’interno fino all’aggiudicazione al miglior offerente fatta dal giudice. Il tribunale potrebbe emettere un ordine di sgombero solo se il comportamento del debitore è rivolto a impedire la vendita del bene, ad esempio opponendosi alle visite degli offerenti.

Il debitore non può partecipare all’asta, ma possono farlo i suoi parenti e persino il coniuge.

La legge riconosce al debitore la possibilità di vendere la casa anche privatamente, accordandosi con il creditore, e facendo in modo che il prezzo vada a coprire il debito; l’eventuale surplus può essere trattenuto dal debitore medesimo.

Non è prevista alcuna deroga al pignoramento della casa nell’ipotesi in cui, all’interno dell’abitazione, vivano persone anziani, disabili o minorenni.

I limiti al pignoramento immobiliare e il divieto di pignoramento della prima casa

Esistono però dei limiti al pignoramento immobiliare quando il creditore è l’

Agente per la Riscossione Esattoriale (ad esempio Agenzia Entrate Riscossione). In tal caso:

  • non è possibile iscrivere ipoteca sulla casa per debiti inferiori a 20.000 euro. Il debitore può evitare l’ipoteca corrispondendo solo una parte del credito, quella necessaria a far scendere l’importo dovuto al di sotto di tale soglia (ad esempio in caso di una cartella di 25mila euro, pagandone solo 5.100 è possibile evitare l’ipoteca);
  • non è possibile pignorare gli immobili se il debito non supera 120.000 euro e se il complessivo patrimonio immobiliare del debitore non vale più di 120.000 euro;
  • se il debitore è titolare di una sola casa adibita a civile abitazione, in cui è residente, e sempre che non sia accatastata nelle categorie A/1, A/8 o A/9, non è possibile il pignoramento (è il cosiddetto divieto di pignoramento della prima casa). Ma se il debitore dovesse essere titolare di altri beni immobili, anche solo in quote, la prima casa sarebbe pignorabile.

I limiti al pignoramento dell’auto

Solo l’Agente per la riscossione può imporre il fermo amministrativo sull’auto. Non ci sono limiti di debito al di sotto del quale non si possa procedere al fermo. Tuttavia esso deve essere preceduto da un preavviso di 30 giorni. Inoltre il fermo non può mai essere eseguito sull’auto strumentale all’esercizio dell’attività professionale o imprenditoriale: essa deve essere iscritta nel libro dei beni ammortizzabili.

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