Paolo Malvisi (*) – Perché il marchio è ancora del Parma FC, una volta intervenuta la sentenza dichiarativa di fallimento? Intanto è bene precisare che il “Marchio” risulta, da sempre, registrato a nome “Parma Football Club S.p.A.”. Le eventuali quanto supposte cessioni del marchio a soggetti terzi, intervenuta, come noto, la sentenza dichiarativa del fallimento del Parma FC, sono da considerarsi inefficaci e, pertanto, inopponibili alla procedura fallimentare ex art. 45 L.F., avendo come conseguenza che il marchio stesso, “Parma FC”, rientra, conseguentemente, nel patrimonio del ramo d’azienda sportiva del Parma Football Club S.p.A..
L’art. 45 L.F. stabilisce che “Le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la dichiarazione di fallimento, sono senza effetto rispetto ai creditori”. Ciò significa che sono inopponibili alla procedura fallimentare tutti quegli atti e documenti, pur anche se posti in essere prima, che alla data della dichiarazione di fallimento non presentino i requisiti di opponibilità ai terzi previsti dalla legge (ad esempio la trascrizione immobiliare, la notifica o l’accettazione di data certa per la cessione dei crediti, l’iscrizione nel Registro imprese per la cessione o affitto di azienda, ecc.). In linea generale può comunque affermarsi che risultano opponibili al fallimento gli atti, e solo gli atti, per i quali sia stato effettuato l’adempimento previsto dalla legge per rendere l’atto opponibile ai terzi, oppure, per gli atti per i quali non sia previsto un tale adempimento, solo quelli per i quali possa dimostrarsi la presenza di una data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento (ad esempio una autentica notarile, una registrazione presso l’Ufficio registro, un timbro postale, il protesto, un atto comunque di pubblica fede). Ciò in quanto si ritiene che il curatore, pur subentrando nella posizione del fallito, rappresenti la massa dei creditori, e si ponga quindi quale terzo, con la conseguente applicabilità del primo comma dell’art. 2704 c.c., secondo il quale «[l]a data della scrittura privata della quale non è autenticata la sottoscrizione non è certa e computabile riguardo ai terzi, se non dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di uno di coloro che l’hanno sottoscritta o dal giorno in cui il contenuto della scrittura è riprodotto in atti pubblici o, infine, dal giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del documento». Va peraltro precisato che l’assenza della data certa nel documento preclude in maniera assoluta l’opponibilità al fallimento solo in presenza di forma scritta ad substantiam o ad probationem, mentre negli altri casi sarebbe sempre possibile per il terzo provare altrimenti l’anteriorità del documento, ad esempio nell’ambito di un giudizio di opposizione allo stato passivo. E’ evidente, anche nella fattispecie riguardante il Parma FC, che non essendo stata adempiuta la formalità relativa alla trascrizione della cessione del relativo marchio, l’atto di cessione non possa avere efficacia nei confronti dei creditori della procedura fallimentare, rientrando, come riferito, ad ogni effetto (il marchio) nel patrimonio del ramo d’azienda sportiva della società. Paolo Malvisi (*)
(*) Avvocato membro Associazione Italiana Avvocati dello Sport
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