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Con la sentenza n. 893 del 5 marzo 2020 la giurisprudenza di merito torna a pronunciarsi sulla garanzia corredata dalla clausola con la quale il garante si impegna al pagamento “a prima richiesta” dell’equivalente della prestazione dovuta dal debitore garantito.

Qualificato il contratto in termini di garanzia autonoma, il Tribunale è giunto a dichiarare l’inammissibilità dell’opposizione avanzata dal garante avverso il decreto che lo ingiungeva al pagamento di una somma di denaro nei confronti della banca, in solido con il debitore, legato all’istituto di credito da un rapporto di conto corrente.

Premessa

Con il contratto autonomo di garanzia il garante, su incarico del debitore, si impegna ad effettuare nei confronti del creditore una determinata prestazione, per l’eventualità che si verifichi un determinato evento, cioè l’inadempimento o l’inesatto adempimento dell’obbligazione da parte del debitore principale.

Nonostante l’assenza di un’apposita disciplina nel codice civile italiano, esso opera come contratto socialmente tipico, per il rilievo riconosciuto a tale schema contrattuale, sotto il profilo della meritevolezza di cui all’art. 1322 c.c.

La struttura dell’operazione contrattuale realizzata dalle parti coinvolte è permeata dal collegamento negoziale che avvince, destinandole a partecipare di un fenomeno economico unitario, tre distinti contratti, segnatamente:

  1. un contratto base (che fa sorgere il cd. rapporto di valuta), intercorrente tra l’ordinante e il beneficiario;
  2. un contratto di mandato senza rappresentanza (che fa sorgere il cd. rapporto di provvista), intercorrente tra il debitore e garante, in forza del quale il primo conferisce al secondo l’incarico di stipulare il contratto di garanzia con il creditore del rapporto principale.
  3. un contratto di garanzia, intercorrente tra garante e beneficiario, per mezzo del quale il primo si impegna ad effettuare, “a semplice richiesta” del secondo e senza possibilità di opporre eccezioni, l’equivalente della prestazione principale dovuta dal debitore.

Il negozio in esame consiste dunque in un contratto autonomo rispetto al contratto base (e, pertanto, al rapporto di valuta), con tutto ciò che da tale caratteristica deriva in termini di opponibilità delle relative eccezioni ad opera dei soggetti coinvolti nel rapporto.

Con riguardo al grado di autonomia riconosciuto al rapporto di garanzia rispetto al rapporto principale è prevalsa in dottrina e in parte della giurisprudenza la tesi dell’autonomia cd. sostanziale, che declina il carattere non accessorio di tale contratto in termini di assoluta inopponibilità, ad opera del garante, di alcuna delle eccezioni nascenti dal rapporto principale, in deroga alla disciplina fissata dagli artt. 1939, 1941 e 1945 c.c.

In altri termini, l’assunzione da parte del garante dell’impegno di effettuare il pagamento a semplice richiesta del beneficiario della garanzia comporta la rinunzia ad opporre le eccezioni inerenti al rapporto principale, ivi comprese quelle relative all’invalidità del contratto da cui tale rapporto deriva (v. le recenti Trib. Benevento sez. II, 17/05/2019, n.858 e Trib. Arezzo, 20/08/2018, n.836).

Siffatto principio incontra, come in più occasioni precisato dalla giurisprudenza di legittimità (ex multis, Cass. civile sez. I, 14/12/2007, n.26262), una prima eccezione costituita dall’escussione fraudolenta o abusiva, a fronte della quale il garante può e deve opporre la exceptio doli (Cass. civile n. 5997 del 2007; v. anche, di recente, Cass. civile sez. III, ordinanza n. 31956/2018), e una seconda deroga costituita dal caso in cui l’eccezione sia fondata sulla nullità del contratto principale per contrarietà a norme imperative o per illiceità della causa.

La causa di tale contratto, come chiarito dalle Sezioni Unite con una storica sentenza della quale appresso si avrà modo di dire, consiste, in una logica indennitaria, nel trasferimento del rischio dell’inadempimento del debitore principale in capo ad un altro soggetto, il garante autonomo.

Tale scopo pratico si realizza attraverso la rottura del nesso di accessorietà tra rapporto principale ed obbligazione di garanzia – tipico, invece, della fideiussione – e, dunque, realizzando la c.d. “autonomia” della garanzia rispetto al rapporto garantito sottostante.

Il caso in esame

La vicenda in esame trae origine dall’opposizione, presentata da un soggetto e dal proprio garante, avverso un decreto ingiuntivo ottenuto dalla banca, con la quale il primo intratteneva un rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito (cd. fido).

In particolare, il debitore veniva ingiunto in solido con il proprio garante a pagare il saldo del conto corrente intrattenuto dal primo con la banca (la quale aveva dapprima concesso un’apertura di credito e, successivamente, chiesto il rilascio di una garanzia) oltre interessi al tasso legale.

In sede di opposizione, gli opponenti deducevano che il rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito era stato interrotto senza preavviso e senza alcuna motivazione ad opera della banca, la quale aveva negato il rilascio del carnet di assegni, tanto da indurre il debitore alla chiusura della propria attività commerciale, attesa la carenza di liquidità per affrontare il mercato e sostenere gli impegni economici già assunti.

Ancora, secondo gli opponenti, la banca avrebbe contravvenuto ad elementari principi di correttezza e buona fede, avendo dapprima negato il rilascio dei carnet di assegni senza la necessaria preventiva comunicazione formale di recesso, e, successivamente, avendo segnalato inopinatamente il debitore al sistema creditizio, con conseguente ulteriore pregiudizio per non avere potuto quest’ultimo ottenere nuova finanza neppure da altri istituti di credito.

Da ultimo, gli opponenti censuravano l’illegittima applicazione, ad opera della banca, di commissioni, ivi inclusa quella di massimo scoperto, spese e valute fittizie nonché interessi usurari ed anatocistici, in violazione dell’art. 1283 c.c.

L’istituto di credito si costituiva in giudizio deducendo la correttezza del proprio operato e, segnatamente, l’infondatezza delle doglianze circa l’illegittimità ed imprevedibilità del recesso da essa esercitato, atteso che la normativa di settore prevederebbe che il recesso operato dalla banca sospende immediatamente l’utilizzazione del credito, salvo l’obbligo di concedere un termine di almeno 15 giorni per la restituzione delle somme utilizzate e dei relativi accessori.

La banca opposta precisava, sul punto, che in caso di apertura di credito a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere mediante preavviso nel termine stabilito dal contratto, dagli usi o, in mancanza, in quello di 15 giorni.

Il rifiuto opposto dalla banca di rilasciare il carnet di assegni al cliente costituirebbe, pertanto, secondo la banca opposta, una manifestazione di volontà di non voler proseguire il rapporto bancario, operata in conformità alla normativa vigente.

Rilevava, sul punto, che il rapporto di conto corrente fosse stato acceso successivamente all’entrata in vigore della Delibera C.I.C.R. del 9/2/2000, risultando pertanto illegittima la capitalizzazione trimestrale degli interessi.

Da ultimo, la banca opposta eccepiva l’inammissibilità dell’opposizione proposta dal garante, avendo quest’ultimo sottoscritto un contratto autonomo di garanzia, che lo impegna a pagare “a prima richiesta”, senza poter opporre al creditore le eccezioni relative ai rapporti di valuta e di provvista, in deroga agli articoli 1936, 1941 e 1945 c.c., stante il venire meno del rapporto di accessorietà tra la garanzia e l’obbligazione garantita.

La pronuncia

Di particolare interesse è l’accoglimento, ad opera del Tribunale di Salerno, dell’eccezione di inammissibilità dell’opposizione del garante formulata dalla banca.

Con la pronuncia in commento, infatti, il giudice di merito ha affermato che qualora il contratto di garanzia contenga la clausola con la quale il garante si impegna al pagamento dell’equivalente della prestazione principale “a prima richiesta”, “a semplice richiesta” o “senza eccezioni”, ha natura di contratto autonomo di garanzia, salvo che dal contesto contrattuale risulti una diversa volontà delle parti.

La causa di tale contratto consiste proprio, in una logica indennitaria, nel trasferimento del rischio dell’inadempimento del debitore principale in capo ad un altro soggetto, il garante autonomo, e tale scopo pratico si realizza attraverso la rottura del nesso di accessorietà tra rapporto principale ed obbligazione di garanzia – tipico della fideiussione – e, dunque, realizzando la c.d. “autonomia” della garanzia rispetto al rapporto garantito sottostante. Di conseguenza, il garante c.d. “autonomo” è tenuto a pagare “illico et immediate” al creditore quanto da questi richiesto, fatte salve le eccezioni individuate dalla giurisprudenza di legittimità e, segnatamente:

  1. nullità del rapporto di provvista per contrarietà a norme imperative;
  2. inesistenza del rapporto garantito;
  3. nullità del contratto di garanzia;
  4. proponibilità della c.d. “exceptio doli generalis”, per il caso in cui vi sia un’escussione dolosa e fraudolenta della garanzia da parte del creditore.

Applicando tali principi al caso di specie, il Tribunale di Salerno ha ritenuto inammissibili le contestazioni sollevate dall’opponente in merito alla denunciata nullità delle clausole produttive di interessi in misura ultralegale nonché alla denunciata nullità della commissione di massimo scoperto ed all’applicazione di interessi usurari ed anatocistici.  che l’opposizione del garante sia ammissibile limitatamente all’eccezione di nullità del rapporto di conto corrente per presunta applicazione di interessi usurari ed anatocistici, asseritamente inseriti in violazione dell’art. 1283 c.c.

Dichiarata l’inammissibilità dell’opposizione proposta dal garante, il Tribunale ha poi statuito nel merito dell’opposizione, richiamando le risultanze della Consulenza Tecnica d’Ufficio, ritenuta immune da vizi logici e metodologici nonché pienamente rispettosa della documentazione (contrattuale e contabile) in atti e delle norme ratione temporis applicabili.

In particolare, il Tribunale ha preliminarmente ritenuto che l’originario contratto di conto corrente stipulato tra la banca e il cliente fosse completo di tutte le condizioni economiche (tasso di interesse, commissioni di massimo scoperto, valute pari periodicità della capitalizzazione trimestrale), confermate dal documento di sintesi e sottoscritte dal correntista.

Successivamente, il giudice di merito ha fatto proprie le risultanze cui è pervenuto il C.T.U., il quale ha applicato i tassi di interesse e le spese contrattualmente pattuite, riconoscendo la medesima periodicità di capitalizzazione contrattualmente stabilita ed escludendo la commissione di massimo scoperto, in quanto non ritenuta determinata, essendo stata stabilita solo l’aliquota percentuale e non anche le modalità di calcolo, la base ed i periodi di applicazione.

Tanto premesso il Tribunale ha integralmente confermato il decreto ingiuntivo nei confronti del garante, avendo questo sottoscritto un contratto autonomo di garanzia ed avendo il rapporto principale un profilo di illegittimità soltanto relativamente alla clausola concernente la commissione di massimo scoperto, in violazione del requisito della determinatezza e/o determinabilità dell’oggetto ex articolo 1346 c.c., (dunque non per contrasto con norme di carattere imperativo).

In secondo luogo, il giudice ha accolto l’opposizione del correntista, condannandolo tuttavia al pagamento in favore della banca del saldo del conto nella misura rideterminata dal C.T.U.

Ha rigettato, infine, ogni altra domanda degli opponenti, in considerazione della conformità del recesso dal contratto di conto corrente operato dalla banca alla legge e alle previsioni contrattuali ed in assenza di alcun pregiudizio subito dal correntista.

Garantievertrag e fideiussione nella giurisprudenza di legittimità

Come si anticipava, il Tribunale di Salerno ha affermato che qualora il contratto di garanzia contenga la clausola con la quale il garante si impegna al pagamento dell’equivalente della prestazione principale “a prima richiesta”, “a semplice richiesta” o “senza eccezioni”, esso ha natura di contratto autonomo di garanzia, salva una diversa volontà delle parti, desumibile dal contesto contrattuale.

Nell’enunciare tale principio, il Tribunale di Salerno si pone in continuità con il consolidato orientamento giurisprudenziale inaugurato dalla sentenza Cass. S.U. n. 3947/2010 che, nel delineare la distinzione tra contratto autonomo di garanzia e fideiussione con clausola solve et repete, ha chiarito i caratteri differenziali del contratto autonomo di garanzia rispetto al contratto di fideiussione disciplinato dall’art. 1936 c.c.

Sul punto, le Sezioni Unite hanno chiarito che il primo, meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c., riveste una funzione essenzialmente indennitaria, tutelando il creditore dalle conseguenze pregiudizievoli dell’eventuale inadempimento della prestazione ad opera del debitore principale.

Diversamente, il contratto di fideiussione ha una mera funzione di garanzia dall’eventuale inadempimento dell’obbligazione principale, rispetto alla quale l’obbligazione del garante si pone in rapporto di perfetta identità.

Da ciò deriva che mentre la garanzia autonoma può essere stipulata anche con riguardo ad un’obbligazione di fare infungibile, ciò non vale anche per il contratto di fideiussione, il quale garantisce l’adempimento della medesima obbligazione principale altrui.

Con riguardo alla causa concreta del contratto autonomo di garanzia, la giurisprudenza di legittimità la individua nel trasferimento da un soggetto ad un altro del rischio economico connesso all’inadempimento di una determinata prestazione contrattuale, indipendentemente dal carattere colpevole o meno dell’inadempimento.

Diversamente, il carattere accessorio della fideiussione induce ad individuare la causa concreta nella garanzia della tutela dell’unica obbligazione principale.

Ne deriva che, secondo le Sezioni Unite, che mentre il fideiussore è un “vicario” del debitore, l’obbligazione del garante autonomo è qualitativamente altra rispetto a quella dell’ordinante, sia perché non necessariamente sovrapponibile ad essa, sia perché non rivolta al pagamento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore.

Pur accomunate da un medesimo e generico scopo di offrire al creditore-beneficiario la garanzia dell’esito positivo di una determinata operazione economica, polizze fideiussorie e fideiussione si distinguono perché le prime (se prestate a garanzia di obbligazioni infungibili) appartengono alla categoria delle cd. garanzie di tipo indennitario, potendo il creditore tutelarsi (rispetto all’inadempimento del debitore) soltanto tramite il risarcimento del danno, mentre la fideiussione appartiene alle cd. garanzie di tipo satisfattorio, caratterizzate dal rafforzamento del potere del creditore di conseguire il medesimo bene dovuto, cioè di realizzare specificamente il soddisfacimento del proprio diritto.

In definitiva, il carattere distintivo del contratto autonomo di garanzia è costituito “dall’assenza dell’elemento dell’accessorietà della garanzia, derivante dall’esclusione della facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, in deroga alla regola essenziale posta per la fideiussione dall’art. 1945 c.c., e dalla conseguente preclusione della legittimazione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonché della proponibilità di tali eccezioni al garante successivamente al pagamento da quest’ultimo effettuato”.

Seguendo un iter argomentativo non inedito, la Corte di legittimità si è di recente nuovamente pronunciata sul tema, della distinzione fra contratto autonomo di garanzia e fideiussione, affermando l’idoneità della menzionata clausola ad orientare l’interprete verso l’approdo alla fattispecie del Garantievertrag.

In quell’occasione, la Corte ha in particolare evidenziato che “il contratto autonomo di garanzia si caratterizza rispetto alla fideiussione per l’assenza dell’accessorietà della garanzia, derivante dall’esclusione della facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, in deroga all’art. 1945 c.c., e dalla conseguente preclusione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonché dalla proponibilità di tali eccezioni al garante successivamente al pagamento effettuato da quest’ultimo” (Cass. civile sez. I, sentenza 31 luglio 2015, n. 16213).

La soluzione ora sinteticamente richiamata è condivisa anche dalla giurisprudenza successiva, ove, nel ribadirsi che, ai fini della riconduzione dell’operazione contrattuale allo schema negoziale atipico del contratto autonomo di garanzia è necessaria l’assenza dell’elemento dell’accessorietà della garanzia, la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire i limiti alla deroga al meccanismo di detta accessorietà.

In particolare, la Corte ha evidenziato che la sufferita deroga “non può declinarsi in una

incondizionata sudditanza del garante dinanzi ad ogni pretesa del beneficiario, sicché, come si anticipava, al primo è riconosciuta la possibilità di avvalersi della cd. exceptio doli generalis, che lo pone al riparo, sul piano funzionale, da eventuali escussioni abusive e fraudolente.

Si tratta, come è noto, di un rimedio di carattere generale, utilizzabile anche al di fuori delle ipotesi espressamente codificate, il quale è diretto a precludere l’esercizio fraudolento o sleale dei diritti di volta in volta attribuiti dall’ordinamento, paralizzando l’efficacia dell’atto che ne costituisce la fonte o giustificando il rigetto della domanda giudiziale fondata sul medesimo, ogni qualvolta l’attore abbia sottaciuto situazioni sopravvenute al contratto ed aventi forza modificativa o estintiva del diritto, ovvero abbia avanzato richieste di pagamento prima facie abusive o fraudolente, o, ancora, abbia contravvenuto al divieto di venire contra factum proprium” (in questi termini, Cassazione civile sez. I, 21/06/2018, n.16345).

Con specifico riguardo al contratto autonomo di garanzia, peraltro, la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente chiarito che l’inopponibilità delle eccezioni di merito derivanti dal rapporto principale comporta che, ai fini dell’exceptio doli, il garante “non possa limitarsi ad allegare circostanze fattuali idonee a costituire oggetto di un’eccezione che il debitore garantito potrebbe opporre al creditore, ma debba far valere una condotta abusiva del creditore, il quale, nel chiedere la tutela giudiziale del proprio diritto, abbia fraudolentemente taciuto, nella prospettazione della fattispecie, situazioni sopravvenute alla fonte negoziale del diritto azionato ed aventi efficacia modificativa o estintiva dello stesso, ovvero abbia esercitato tale diritto al fine di realizzare uno scopo diverso da quello riconosciuto dall’ordinamento, o comunque all’esclusivo fine di arrecare pregiudizio ad altri, o ancora contro ogni legittima ed incolpevole aspettativa altrui” (cfr. Cass. n. 16213 del 2015; Cass. n. 15216 del 2012; Cass. n. 6896 del 2009; Cass. n. 5273 del 2007).

In altri termini, quell’eccezione, benché informata all’ossequio dei canoni di buona fede contrattuale ex artt. 1175 e 1375 c.c., non può, onde non tradire ed inficiare la certezza dell’operazione economica sottesa, utilizzarsi in modo indiscriminato, ma è legittimamente opposta solo in quanto sussistano prove sicure della malafede del beneficiario (cfr., in motivazione, Cass. n. 15216 del 2012): esclusivamente, cioè, in caso di prove liquide ed incontrovertibili dell’abuso e/o della frode che, pertanto, attestino in modo irrecusabile l’inesistenza o l’estinzione del diritto garantito.

Osservazioni conclusive

La sentenza del Tribunale di Salerno sez. I, n.893 del 05/03/2020 oggetto di commento si pone, pertanto, in linea con il consolidato orientamento che distingue il contratto autonomo di garanzia da altre figure analoghe per la sua indipendenza rispetto all’obbligazione principale, caratteristica deducibile dalla sussistenza della clausola con la quale il garante si impegna al pagamento dell’equivalente della prestazione dovuta dal garantito “a prima richiesta”, “a semplice richiesta” o “senza eccezioni”, salvo diversa volontà delle parti. Il decisum del giudice di merito risulta, pertanto, anche ossequioso rispetto alla richiamata sentenza delle Sezioni Unite, a mente della quale “l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento a prima richiesta senza eccezioni vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia (c.d. Garantievertrag), in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, a condizione che non vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale» (Cass. S.U. n. 3947/2010, cit.).

In definitiva, la sussistenza della previsione di esigibilità della prestazione a “semplice” o a “prima” richiesta non è sufficiente al fine di qualificare il contratto in termini di garanzia autonoma, occorrendo una valutazione ermeneutica complessiva di tutte le pattuizioni negoziali (cfr. Cass. civile sez. III 19 febbraio 2019, n. 4717).


Bibliografia

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Cass. civile sez. I 31 luglio 2015, n. 16213;

Cass. civile sez. I, 14 dicembre 2007, n.26262;

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Cass. S.U. 18 febbraio 2010 n. 3947/2010;

Montanari, Il contratto autonomo di garanzia, in I contratti bancari, a cura di Piraino e Cherti, Torino, 2016, 391;

Stella, Il contratto autonomo di garanzia, in Trattato dei contratti, Opere e servizi, diretto da Roppo e Benedetti, Milano, 2014, 937;

Rolfi, Garantievertrag e polizza fideiussoria: il grand arrêt delle sezioni unite tra massime ed obiter dicta, in Corriere giur., 2010, 8, 1022.

Tartaglia, Il contratto autonomo di garanzia e la giurisprudenza di legittimità, in Liber amicorum per Angelo Luminoso, a cura di Corrias, Milano, 2013, 967;



 

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