A seguito dell’istituzione del “domicilio digitale” le notificazioni indirizzate alla parte devono essere eseguite con preferenza presso di esso rispetto ad altre forme di domiciliazione previste dall’ordinamento.
Questo è il principio confermato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza in commento.
Nel caso in esame il Tribunale di Nola rigettava l’opposizione proposta avverso un decreto ingiuntivo, confermando quest’ultimo. Successivamente la Corte d’Appello di Napoli dichiarava l’appello inammissibile ex art. 342 c.p.c.. Avverso la sentenza d’appello veniva proposto ricorso in cassazione ed il resistente con controricorso invocava la tardività dell’impugnazione ex art 325 c.p.c..
La Corte di Cassazione dovendo in via pregiudiziale verificare l’ammissibilità del ricorso sotto il profilo temporale ha colto l’occasione per richiamare le precedenti pronunce e confermare la prevalenza del “domicilio digitale” rispetto alle altre domiciliazioni previste dalla legge.
In materia di notificazioni al difensore, a seguito dell’introduzione del “domicilio digitale”, corrispondente all’indirizzo P.E.C., che ciascun avvocato ha comunicato all’ordine di appartenenza, la Corte afferma che la notificazione dell’atto d’appello va eseguita all’indirizzo P.E.C. del difensore costituito risultante dal Re.G.Ind.E, pur se esso non sia stato indicato in atti dal difensore. E’ nulla la notifica effettuata presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario ha omesso di eleggere domicilio nel comune ove pende la lite, a meno che, oltre a tale omissione non ricorra la circostanza che l’indirizzo P.E.C. non sia accessibile per cause non imputabili al destinatario. (In tal senso: Cass. Civ. n. 14914 dell’08.06.2018; Cass. Civ. n. 14140 del 23.05.2019)
Ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare, anche dopo l’introduzione del domicilio digitale, resta valida la notificazione ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82 presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario dove pende la lite nel caso in cui il destinatario abbia scelto, eventualmente in associazione a quello digitale, di eleggervi domicilio (Cass. Civ. n. 1982 del 19.01.2020).
La Corte ha, inoltre, richiamato il principio che qualora la parte, pur avendo eletto domicilio ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, abbia indicato nei propri atti un indirizzo P.E.C., senza limitare l’indicazione dello stesso alle sole comunicazioni, sussiste l’obbligo di procedere alle successive notifiche alla parte in via telematica. Ne consegue l’inidoneità della notifica della sentenza presso il domiciliatario, anziché presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, ai fini della decorrenza del termine breve. (Cass. Civ. n. 10355 del 01.06.2020)
La Corte di Cassazione richiamata la consolidata giurisprudenza sopra citata, che afferma la prevalenza del “domicilio digitale” su ogni altra forma di domiciliazione prevista dalla legge, dichiara che intende dare continuità a detto principio.
Nel caso in esame, nell’atto d’appello, proposto dalla ricorrente in cassazione, notificato nel gennaio 2014, non risulta indicato alcun recapito P.E.C. ma viene eletto domicilio ex art 82 (R.D. n. 37 del 1934), con la conseguenza che la Corte non può elidere il principio costituzionale del diritto di difesa, del rispetto della scelta effettuata legittimamente dalla parte. La ricorrente, del resto, non dichiara in nessun atto successivo all’appello l’elezione di domicilio digitale, con la conseguenza che essendo stato il ricorso per cassazione proposto oltre il termine dei 60 giorni la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile poiché tardivo ed ha condannato la parte soccombente alle spese.
Consulta l’infograficaCass., Sez. VI, Ord., 24 marzo 2021 n. 8262Sara Rovigo – s.rovigo@lascalaw.com
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