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La Sezione III Civile del Tribunale di Monza nella sentenza 30 novembre 2012 si è recentemente pronunciata in tema di contratto di mutuo, specificando alcuni aspetti sottesi.


Nel caso in oggetto, una Srl aveva concluso un contratto di mutuo fondiario con un istituto di credito. Successivamente, un privato aveva acquistato dalla summenzionata ditta un immobile gravato da ipoteca a garanzia del mutuo suddetto, con accollo di una quota capitale di mutuo. Tale diritto di credito derivante dal contratto di mutuo, fu ceduto dalla banca, limitatamente alla quota accollata dall’acquirente, alla srl. Nell’ambito di una procedura esecutiva promossa nei confronti dell’acquirente, fu riconosciuto all’intervenuto creditore istituto di credito, un importo inferiore, in luogo della somma richiesta. Con il precetto, avverso cui è stata proposta opposizione, la banca ha intimato il pagamento della differenza tra quanto assegnato e quanto dovuto. La srl ha quindi proposto opposizione al precetto con il quale era stato intimato il pagamento per mutui fondiari, sostenendo innanzitutto la propria carenza di legittimazione passiva per adesione del creditore all’accollo esterno e conseguente propria liberazione dal pagamento del debito.


Il Tribunale di Monza, ha ritenuto non fondata l’eccezione di carenza di legittimazione passiva della società, in quanto, dalla documentazione depositata in giudizio, non emerge che l’accollo del mutuo da parte dell’acquirente fosse liberatorio. In effetti, ai sensi dell’art. 1273 c.c., l’adesione del creditore importa la liberazione del debitore originario solo se ciò è espressamente previsto nella stipulazione del contratto o se il creditore dichiara espressamente di liberarlo.  Nel caso de quo, non è presente alcuno dei suddetti presupposti, in quanto la liberazione dell’odierno opponente non era  stata menzionata come condizione espressa della stipulazione contrattuale, né tantomeno il creditore aveva manifestato palesemente l’intenzione di liberare il mutuatario. Tra l’altro, la comunicazione, tramite notifica, dell’avvenuto acquisto con accollo non determina la liberazione del debitore originario dalle obbligazioni assunte. Pertanto, il mutuatario resta obbligato in solido con il terzo e l’accollo deve intendersi cumulativo (art. 1273, co. 3 c.c.).


Altra eccezione sollevata riguarda la prescrizione del diritto, in quanto decorso il termine di prescrizione ex art. 2948, n. 4 c.c., essendo l’obbligazione relativa ad interessi. In realtà, anche tale motivo non è fondato. In effetti, argomenta il Giudicante, la prescrizione quinquennale, regolata nel summenzionato articolo del codice civile, riguarda solo i debiti che devono essere soddisfatti periodicamente ad anno, od in termini più brevi, mentre resta esclusa l’ipotesi di debito unico, suddiviso in più versamenti periodici (Cass. 12707/2002; 802/1999; 1110/1994). Per cui, la vantata prescrizione quinquennale non si applica al caso in oggetto, in quanto i ratei di mutuo fondiario ed i relativi interessi, non sono prestazioni periodiche dovute ad un’unica causa, bensì adempimenti parziali dell’unico debito derivante dal mutuo. Pertanto, al contratto di mutuo in esame, il diritto alla corresponsione degli interessi è, dunque, soggetto alla prescrizione decennale e non quinquennale.


Ultimo aspetto contestato dall’opponente, e valutato fondato dal Giudicante, riguardava l’ammontare della somma precettata poiché, dopo la risoluzione del contratto di mutuo, sono stati richiesti interessi asseritamente non dovuti.


In effetti, nel corso del giudizio era stato accertato che non era corretta la somma calcolata dalla convenuta opposta, in considerazione d’interessi non dovuti ed erroneamente quantificati dopo che il contratto di mutuo era stato risolto. Tuttavia, quando è intimato il pagamento di una somma superiore a quella effettivamente dovuta, il precetto non è nullo. A tal riguardo, il Giudice adito ha puntualizzato che “l’eccessività della somma portata nel precetto non travolge l’atto per l’intero, ma ne determina la nullità o inefficacia parziale per la somma eccedente, con la conseguenza che l’intimazione rimane valida per la somma effettivamente dovuta, alla cui determinazione provvede il giudice, che è investito dei poteri di cognizione ordinaria a seguito dell’opposizione in ordine alla quantità del credito” (Cassazione n. 5515/2008; Cass 2938/1992).


(Altalex, 18 dicembre 2012. Nota di Maria Elena Bagnato)

 

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