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Un’interessante pronuncia, recentemente resa dal Tribunale Civile di Roma, Sez. V Giudice Dott.ssa Antonella Zanchetta, n. 188 del 07.01.2016, riapre la questione dei rapporti fra il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 645 c.p.c. e quello d’impugnazione della delibera assembleare ex art. 1137 c.c. con riguardo a quali eccezioni siano ammissibili nei rispettivi giudizi.

In proposito, recenti sentenze della Corte di Cassazione (cfr. Cass. 19605/2012 e Cass. 305/2016) hanno mitigato la rigida indipendenza tra i due procedimenti, stabilendo che il condomino opponente ben può sollevare eccezioni relative alla delibera assembleare sia in caso di una  sua nullità, che il giudice dell’opposizione può perfino rilevare d’ufficio, che in caso di una sua sopraggiunta invalidità o sospensione dichiarate del giudizio di impugnazione.

La sentenza del Tribunale capitolino sembra, invece, ribadire la difformità tra i due giudizi, stabilendo che l’eccezione, invero molto diffusa nella prassi, di contestare eventuali errori di calcolo contenuti nel verbale assembleare approvato, non può essere sollevata in sede di opposizione, ma solo nel giudizio di impugnazione, sebbene la stessa, chiaramente, influisca direttamente sul quatum ingiunto.

A sostegno di tale conclusione il Giudice adito si riporta alla già citata sentenza della Cassazione n. 19605/2012 e a due pronunce di merito, rispettivamente del Tribunale di Roma, n. 30 del 02/01/2015  e di quello di Milano, n. 10718 del 24/09/2015.

La prima decisione, distinguendo tra efficacia e validità della delibera, stabilisce che le questioni attinenti a quest’ultima sono riservate al Giudice dell’impugnazione e che quello dell’opposizione non può esaminarle, dovendosi limitare ad accertare l’efficacia della decisione assembleare. Chiaramente questa impostazione offre la possibilità al Giudice dell’opposizione di accertare la nullità della delibera, in quanto un atto nullo è certamente inefficace.

In questo senso, la sentenza n. 19605/2012, riprendendo la distinzione fra nullità e annullabilità delle decisioni assembleari, espressa nella nota sentenza delle Sezioni Unite n. 4806/2005, ha ribadito che sono da ritenersi nulle quelle delibere “prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto.”

In tale bipartizione si comprende con semplicità che gli eventuali errori di calcolo non possano che rientrare fra i vizi che comportano l’eventuale annullabilità del verbale assembleare e che, quindi, vadano eccepiti con l’azione di cui all’art. 1137 c.c. nel termine di 30 giorni, ivi previsto a pena di decadenza. Unico dubbio a questa impostazione, come già accentato, è la circostanza che nel giudizio di opposizione è certamente più agevole, quindi più rispondente alle esigenze di economia processuale e di Giustizia, risolvere la questione di eventuali errori sull’entità della somma ingiunta, ben potendo il Giudice adito rideterminare in sentenza quanto dovuto (cfr. Cass. 5515/08 e Cass. 109692/08).

La pronuncia n. 30 del 02/01/2015, emessa dal Tribunale di Roma, ribadisce le conclusioni della Suprema Corte, precisando, come meglio farà la Cassazione nella sentenza 305/2015, che: “tale preclusione non opera per le delibere nulle che, come tali, non possono produrre effetti e possono essere impugnate in ogni tempo.”

Del medesimo avviso è il Tribunale di Milano nella sentenza n. 10718 del 24/09/2015 che conferma che il Giudice dell’opposizione: “deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo questo riservato al giudice davanti al quale dette delibere siano state impugnate.” Il provvedimento, tuttavia, non brilla per chiarezza, in quanto il Giudice meneghino prosegue subito dopo affermando che: “Nel caso in esame, come sopra riportato, i titoli posti a fondamento della pretesa del Condominio sono costituiti da deliberazioni assembleare che risultano valide (mentre si sarebbe dovuto dire: “efficaci”) in assenza di provvedimenti sospensivi.”

In conclusione, in assenza di vizi che comportino la nullità della delibera, rilevabili anche d’ufficio, o di un provvedimento emesso nel giudizio d’impugnazione che ne abbia dichiarato l’invalidità o la sospensione, il Giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo, così come stabilito dalla sentenza n. 188/2016, emessa dal Tribunale di Roma in data 07.01.2016, dovrà considerare la decisione dell’assemblea condominiale come atto avente forza di giudicato e, pertanto, ritenere dimostrato il credito vantato dal condominio opposto.

Per approfondimenti:

(Altalex, 26 maggio 2016. Nota di Andrea Persi)

 

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