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Che succede se un ente pubblico, costituito in giudizio, viene soppresso ed in pendenza del termine per la riassunzione viene meno anche l’ulteriore ente subentratogli, succedendone un terzo?

A fronte dell’interruzione del processo, dichiarata dal procuratore dell’ente originario in udienza, è da questa data che decorre il termine per la riassunzione, anche per l’ente subentrato?

Sul tema è intervenuta la Corte di Cassazione con l’ordinanza 13 febbraio 2023, n. 4336 (testo in calce), richiamando la disciplina generale di interruzione del processo e quella particolare, operante nel caso in esame, e finalizzata a tenere indenne l’ente che subentra, rispetto ai possibili effetti negativi di un giudicato che comunque fa stato nei suoi confronti.

I giudici hanno dunque statuito che, quando in pendenza del termine per la prosecuzione o la riassunzione del processo intervengano ex lege l’estinzione anche dell’ente subentrato e la successione di ulteriore ente nei relativi rapporti attivi e passivi, il termine nei confronti di quest’ultimo decorre da quando ha avuto conoscenza legale dell’evento interruttivo, tramite dichiarazione, notificazione o certificazione, e non dalla data della dichiarazione interruttiva resa in udienza.

1. Il caso

Nel corso di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il procuratore dell’opponente ENAM (Ente Nazionale Assistenza Magistrale) dichiarava l’avvenuta soppressione per legge del proprio assistito, cui era succeduto l’INPDAP: il processo veniva quindi interrotto.

In pendenza del termine per la riassunzione interveniva però anche la soppressione dell’INPDAP, con subentro dell’INPS, e notifica a quest’ultima di un atto volto a sentir dichiarare estinto il procedimento.

Il Tribunale di Roma accoglieva la domanda, affermando che il termine per la riassunzione doveva intendersi decorso anche nei confronti dell’INPS.

Di diverso avviso, invece, la Corte d’Appello di Roma, che su gravame dell’INPS rilevava che l’Istituto, in quanto “successore del successore”, non poteva aver conoscenza dell’evento interruttivo e che per esso non era quindi mai decorso il termine per la riassunzione.

2. Il ricorso per cassazione

Alla base del ricorso per cassazione vi è la tesi della controparte di ENAM, secondo cui l’evento interruttivo che aveva colpito l’INPDAP nelle more della riassunzione non avrebbe avuto alcuna rilevanza sul termine.

La Corte d’appello di Roma, quindi, avrebbe erroneamente applicato l’art. 299 c.p.c.

3. L’interruzione del processo in caso di soppressione dell’ente pubblico costituito in giudizio

Pronunciandosi sul ricorso, i giudici di legittimità premettono che la soppressione di un ente pubblico e il conseguente trasferimento dei relativi rapporti giuridici ad altro ente, se interviene tra la notifica della citazione e la costituzione in giudizio, determina l’interruzione automatica del processo, ai sensi dell’art. 299 c.p.c.. Al di fuori di questa ipotesi trova invece applicazione l’art. 300 c.p.c. che, ai fini dell’interruzione, richiede apposita dichiarazione in udienza del procuratore costituito per la parte interessata dall’evento o la notifica alle altre parti.

Nel caso in esame, dato che il procuratore di ENAM aveva dichiarato in udienza l’avvenuta soppressione per legge dell’ente, con successione ad esso dell’INPDAP, il processo era stato correttamente interrotto ai sensi dell’art. 300 c.p.c.

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4. La sorte del rapporto interrotto e la giurisprudenza costituzionale sul punto

Gli Ermellini proseguono ricordando che, una volta interrotto, il processo può proseguire o essere riassunto: mentre la prosecuzione presuppone la costituzione spontanea in giudizio della parte colpita dall’evento interruttivo, del suo rappresentante o dei suoi successori, la riassunzione spetta invece alla parte contrapposta rispetto a chi ha subito l’interruzione.

I giudici richiamano inoltre la giurisprudenza della Corte costituzionale sul punto, sottolineando che il termine per riassumere o proseguire il processo interrotto decorre non dal giorno dell’evento interruttivo ma da quello in cui una delle parti ne abbia avuto conoscenza legale tramite dichiarazione, notificazione o certificazione, non essendo sufficiente la conoscenza acquisita in altro modo (Corte Cost. sentenze n. 139/1967, n. 178/1970, n. 159/1971 e n. 36/1976).

Da ciò derivano due conseguenze: la prima è che il termine per la riassunzione non decorre contemporaneamente nei confronti di tutte le parti; la seconda è che l’onere di provare la legale conoscenza dell’evento nel semestre precedente la riassunzione o la prosecuzione grava su chi ne eccepisce l’intempestività.

5. L’onere gravante sul procuratore

La giurisprudenza costituzionale evidenzia inoltre che, per la parte costituita, la determinazione dell’interruzione spetta al suo difensore, in ragione del mandato conferitogli.

Dalla necessaria correlazione tra norme sostanziali (sul mandato) e norme processuali (in tema di interruzione), si desume infatti l’obbligo del procuratore di render noto agli eredi del proprio cliente il verificarsi dell’evento che lo ha colpito, concordando con loro l’eventuale dichiarazione produttiva dell’effetto interruttivo.

Lo scopo è ovviamente quello di tutelare gli eredi stessi, nei cui confronti il giudicato fa stato ad ogni effetto.

6. Conclusioni

Ebbene – concludono i giudici – nel caso di specie la soppressione dell’ENAM era stata dichiarata dal procuratore in udienza, con conseguente interruzione del processo.

Legittimato alla prosecuzione era dunque l’INPDAP, subentrato ad ENAM nei rapporti attivi e passivi, sicché è a quest’ultimo che il procuratore avrebbe dovuto render noto il verificarsi dell’evento interruttivo.

Intervenuta anche la soppressione dell’INPDAP, cui era succeduto ex lege l’INPS, il termine per la prosecuzione del giudizio da parte di quest’ultima non poteva decorrere dalla data della prima dichiarazione interruttiva in udienza, ma solo dal momento in cui l’INPS stessa ne aveva avuto legale conoscenza, tramite dichiarazione, notificazione o certificazione.

7. Il principio di diritto

Sulla scia di quanto osservato, i giudici hanno dunque rigettato il ricorso, statuendo il seguente principio di diritto:

“la soppressione di un ente pubblico costituito in giudizio, con il trasferimento dei relativi rapporti giuridici ad un altro ente, determina l’interruzione del processo dal momento della corrispondente dichiarazione in udienza del procuratore della parte interessata dall’evento o della notificazione di quest’ultimo alle altre parti, con conseguente decorrenza del termine ex art. 305 c.p.c. altresì nei confronti dell’ente subentrato; ove tuttavia in pendenza del termine per la prosecuzione o riassunzione intervengano ex lege l’estinzione anche dell’ente subentrato e la successione di ulteriore ente nei relativi rapporti attivi e passivi, il termine ex art. 305 c.p.c. nei confronti di quest’ultimo decorre soltanto dal momento in cui lo stesso abbia avuto conoscenza legale dell’evento interruttivo, mediante dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa del medesimo evento e del processo nel quale esso deve esplicare i suoi effetti.“

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