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Sommario: 1. Premessa: 2. Inquadramento, soggetti legittimati e finalità. – 3. Fattispecie. –  4. Procedura. –  5. Effetti del concordato minore. – 6. Il voto dei creditori. – 7. L’omologazione.

 

1. Premessa.

Il “Concordato Minore”, introdotto come strumento normativo per la gestione della crisi da sovraindebitamento, rappresenta una soluzione innovativa e flessibile per coloro che si trovano in difficoltà finanziaria. Questa procedura, accessibile ai professionisti e ai debitori non soggetti a fallimento, offre un percorso per la ristrutturazione dei debiti in maniera sostenibile e realistica.

Un aspetto fondamentale del Concordato Minore è il ruolo delle risorse esterne. Queste risorse, che devono essere significative, sono essenziali per l’ammissibilità della procedura. Infatti, la loro presenza aumenta la fattibilità del piano di ristrutturazione, rendendolo più attraente per i creditori e quindi più probabile che venga approvato.

La procedura del Concordato Minore si articola attraverso una serie di passaggi ben definiti:

-Presentazione della domanda da parte del debitore.

-Valutazione dell’ammissibilità della domanda da parte del giudice.

-Dichiarazione di apertura della procedura, seguita dalla predisposizione di un piano di ristrutturazione.

L’elemento chiave qui è la capacità del debitore di fornire garanzie aggiuntive ai creditori, grazie all’apporto di risorse esterne. Questo non solo aumenta le possibilità di successo della proposta, ma garantisce anche una maggiore tutela per i creditori.

In definitiva, il Concordato Minore si posiziona come una soluzione equilibrata e pragmatica, che considera gli interessi sia dei debitori sia dei creditori. Il requisito dell’apporto di risorse esterne notevoli è un criterio di ammissibilità che assicura la sostenibilità e l’efficacia della procedura.

 

2. Inquadramento, soggetti legittimati e finalità.

Tra le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.lgs. 14/2019, d’ora in poi denominato con l’acronimo CCII) prevede anche il cd. Concordato Minore.

Tale strumento, disciplinato dagli artt. 74 a 83 del CCII, consente alle categorie di soggetti previste dall’art. 2, comma 1, lett. c) del menzionato decreto – ad esclusione dei consumatori – cioè ai professionisti, agli imprenditori minori, agli imprenditori agricoli, alle start-up innovative e a ogni altro debitore non assoggettabile a liquidazione giudiziale, a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o di insolvenza, che si trovano in una situazione di sovraindebitamento (ovvero in uno stato di crisi o di insolvenza) e che non abbiano già profittato dell’esdebitazione nei 5 anni antecedenti o per 2 volte in qualsiasi tempo e che non hanno commesso atti in frode ai creditori, di negoziare un accordo con gli stessi al fine di ridurre il debito, stabilendo nuovi tempi e modalità di pagamento e, una volta eseguito il piano, di ottenere l’esdebitazione.

Finalità del concordato minore è consentire alle categorie di soggetti legittimati di superare la situazione di sovraindebitamento continuando a svolgere la propria attività imprenditoriale o professionale, tutelando il patrimonio produttivo e la possibilità di generare reddito.

 

3. Fattispecie.

Il CCII disciplina due tipologie di concordato minore, il concordato in continuità d’impresa o professionale e il concordato liquidatorio.

Il comma 1 dell’art. 74 del CCII disciplina il concordato minore in continuità, che è la fattispecie maggiormente apprezzata ed incentivata dal legislatore, in quanto prevede la prosecuzione dell’attività imprenditoriale o professionale per i soggetti[1] [1] che si trovano in una situazione di sovraindebitamento.

Prima di formulare un piano di continuità diretta,  occorre verificare se la continuazione dell’attività possa produrre una qualche utilità per i creditori. Infatti, se la continuità dovesse generare perdite, assorbendo liquidità, inevitabilmente si formerebbero ulteriori debiti e passività con conseguenti pregiudizi per i creditori concorsuali.

La continuità potrà essere diretta, in capo allo stesso debitore, oppure indiretta, attraverso la gestione dell’azienda in esercizio o la ripresa dell’attività da parte di un soggetto diverso dal debitore (per effetto di cessione, usufrutto, affitto o conferimento in azienda).

Al contrario, per poter aderire al concordato minore liquidatorio, quale fattispecie residuale, ai sensi dell’art. 74 comma 2 del CCII, deve essere previsto un apporto di risorse esterne – non quantificate dal Codice – che devono aumentare in misura apprezzabile il soddisfacimento dei creditori rispetto all’utilizzo del solo patrimonio disponibile.

Nel caso di specie, il Tribunale di Ferrara con decreto del 23 maggio 2023[2] [2] ha ribadito che le risorse esterne destinate al soddisfacimento dei creditori non possono avere valore irrisorio.

Di conseguenza, l’apporto – non irrisorio – di risorse esterne si pone come requisito di ammissibilità che, deve essere lasciato all’apprezzamento del giudice sul piano del riscontro del maggior grado di soddisfazione dei creditori, prima ancora che alla valutazione di convenienza, da parte di questi ultimi, sottostante alla manifestazione o meno dell’adesione alla proposta.

Le risorse esterne possono essere sia quelle volte ad aumentare l’attivo del debitore, che quelle volte a diminuire il passivo o comunque il fabbisogno.

 

4. Procedura.

La domanda di concordato minore deve essere presentata dal debitore presso il Tribunale competente cioè, nel cui circondario lo stesso debitore ha il centro degli interessi principali – individuato secondo criteri dettati dall’art. 27 del CCII – unitamente a una serie di documenti contabili e fiscali[3] [3].

La formulazione e la presentazione della domanda avviene tramite l’Organismo di Composizione delle Crisi da sovraindebitamento (cd. OCC) costituito nel circondario del Tribunale competente.

Nel caso in cui  la domanda viene presentata innanzi ad un Tribunale non competente, sarà lo stesso a dichiarare, con ordinanza, la propria incompetenza.

Il debitore deve essere assistito da un difensore tecnico (avvocato) e, deve obbligatoriamente essere assistito anche da un OCC costituito nel circondario del Tribunale competente, o se nel circondario del Tribunale competente non vi è un OCC, da un professionista o da una società tra professionisti, in possesso dei requisiti di cui all’art. 358 del CCII, individuandoli, ove possibile, tra gli iscritti all’Albo dei gestori della crisi di cui al DM. 202/2014.

Dopo aver esaminato la documentazione fornita dal debitore, dell’agente della riscossione e dagli uffici fiscali, l’OCC deve procedere alla redazione di una relazione particolareggiata, da allegare alla domanda introduttiva, che, ai sensi dell’art. 76, commi 2 e 3 del CCII, comprende:

-l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni;

-l’esposizione delle regioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte;

-l’indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;

-la valutazione sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda, nonché sulla convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria;

-l’indicazione presumibile dei costi della procedura;

-la percentuale, le modalità e i tempi di soddisfacimento dei creditori;

-l’indicazione dei criteri adottati nella formazione delle classi, ove previste dalla proposta;

-l’indicazione se il soggetto finanziatore ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio.

Dopo aver verificato l’ammissibilità della domanda[4] [4] il giudice, con decreto, dichiara aperta la procedura.

 

5. Gli effetti del concordato minore.

A seguito dell’apertura della procedura, il debitore può compiere liberamente solo gli atti di ordinaria amministrazione, mentre è necessaria l’autorizzazione del Tribunale per gli atti di straordinaria amministrazione. Nel periodo di tempo compreso tra il deposito della domanda ed il decreto di apertura della procedura, il debitore deve astenersi da condotte che possano pregiudicare i creditori.

Durante la procedura di concordato minore, il debitore conserva la gestione della propria attività d’impresa o professionale, sia pure sotto la vigilanza dell’OCC o, se nominato, del Commissario giudiziale, potendo compiere gli atti di ordinaria amministrazione senza necessità di autorizzazioni.

Qualora invece il debitore compia atti di straordinaria amministrazione senza l’autorizzazione del Tribunale, tali atti:

-sono inefficaci nei confronti dei creditori anteriori all’apertura della procedura;

-se ritenuti in frode ai creditori, il Tribunale può disporre la revoca dell’ammissione al concordato minore e, su istanza di un creditore, dichiarare l’apertura della liquidazione controllata.

Con il decreto di apertura, Il Tribunale, su istanza del debitore, può vietare ai creditori anteriori di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali, ottenere sequestri conservativi e acquistare diritti di prelazione (ad es. ipoteca legale o giudiziale), sul patrimonio del debitore, fino a quando il provvedimento di omologazione diventa definitivo (art. 78, comma 2, lett. d del CCII).

Se invece il debitore non chiede la sospensione o se il Tribunale non la conceda, i creditori anteriori possono avviare o proseguire azioni individuali anche durante la procedura; peraltro, in tal caso la procedura difficilmente potrà utilmente proseguire, in quanto il patrimonio del debitore diventa esposto alle singole azioni dei creditori e viene lesa la par condicio creditorum.

Dopo l’omologa, possono essere avviate azioni esecutive o cautelari, ma i creditori anteriori possono  agire solo nei limiti della percentuale concordataria, a condizione che il debitore resti inadempiente rispetto alle nuove obbligazioni assunte con la proposta omologata.

Nessun effetto produce, invece, l’apertura della procedura di concordato minore sugli atti pregiudizievoli ai creditori.

 

6. Il voto dei creditori.

La proposta di concordato minore, dopo il controllo del Tribunale in sede di apertura, è sottoposta ai creditori, che devono decidere se approvarlo o meno.

Ai sensi dell’art. 79 del CCII, il concordato minore è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei creditori ammessi al voto. La decisione della maggioranza vincola tutta la massa dei creditori; anche i creditori dissenzienti subiscono gli effetti della decisione maggioritaria e sono vincolati dalla stessa. Tuttavia, in deroga a tale principio, quando un unico creditore è titolare di crediti in misura superiore alla maggioranza dei crediti ammessi al voto, il concordato minore è approvato se, oltre alla maggioranza per crediti, ha riportato la maggioranza per teste dei voti espressi dai creditori ammessi al voto.

In questo modo, i creditori di minoranza possono influire sul processo deliberativo, in presenza di un unico creditore già in grado di raggiungere la maggioranza assoluta dei voti.

Non sono inoltre ammessi al voto e non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza (art. 79, comma 2 del Codice): il coniuge, la parte dell’unione civile e il convivente di fatto del debitore; i parenti e affini del debitore entro il quarto grado; la società che controlla la società debitrice, le società da questa controllate e quelle sottoposte a comune di controllo; i cessionari o aggiudicatari dei crediti delle società controllanti, controllate e sottoposte a comune controllo da meno di un anno prima della domanda; tutti i creditori in conflitto di interesse, ovvero portatori, per conto proprio o di terzi, di un interesse ad un vantaggio particolare da conseguirsi mediante il concordato, non condiviso dagli altri creditori e fondato non sulla partecipazione al concorso, ma su una situazione esterna del creditore.

I creditori ammessi al voto possono far prevenire all’OCC, la dichiarazione di adesione (voto favorevole) o non adesione (voto contrario) entro il termine non superiore a trenta giorni dalla pubblicazione del decreto di apertura, eventualmente prorogato dal Tribunale in presenza di giustificati motivi. In mancanza di comunicazione all’OCC, si intende che i creditori abbiano prestato consenso alla proposta (regola del cd. silenzio–assenso: art. 79, comma 3 del CCII).

Se i creditori non approvano la proposta di concordato, il procedimento si interrompe e il Tribunale dispone la chiusura della procedura; conseguentemente, vengono meno gli effetti per il debitore e per i creditori derivanti dal decreto di apertura. Il debitore è libero eventualmente di riproporre una nuova domanda, salvo che, su istanza del debitore stesso o di un creditore, venga dichiarata aperta la liquidazione controllata.

Se i creditori approvano la proposta di concordato, la procedura prosegue e si passa all’ultimo controllo del Tribunale in sede di omologazione.

 

7. L’omologazione.

Approvata la proposta di concordato minore, si apre la fase di omologazione durante la quale i creditori dissenzienti e qualunque interessato possono proporre contestazioni, sia in ordine alla valutazione della convenienza della proposta che, più in generale, in ordine alla regolarità della procedura, all’ammissibilità della proposta o alla fattibilità del piano.

In ogni caso, il creditore che abbia colpevolmente determinato o aggravato la situazione di indebitamento del debitore non può presentare opposizione in sede di omologa per contestare la convenienza della proposta (art. 80, comma 4 del CCII).

In sede di omologazione e indipendentemente dalla presentazione o meno di contestazioni, il Tribunale deve verificare: la regolarità della procedura; l’ammissibilità della proposta, intesa come rispetto dei vincoli imperativi nel contenuto della proposta; la fattibilità del piano, intesa come non manifesta inadeguatezza del piano a raggiungere gli obiettivi previsti.

In ogni caso, il Tribunale può omologare il concordato con sentenza solo se ritiene che il credito dell’opponente possa essere soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria, cioè alla procedura di liquidazione controllata o alla eventuale esecuzione individuale al di fuori di ogni procedura di sovraindebitamento (articolo 80, comma 3 del Codice).

Contro la sentenza di omologa è ammesso reclamo, da proporre in Corte di appello nel termine di trenta giorni.

 

 

 

_________________________________________________

[1] Esclusi i consumatori cioè, i professionisti, gli imprenditori minori, gli imprenditori agricoli, le start-up innovative e ogni altro debitore non assoggettabile a liquidazione giudiziale, a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o di insolvenza.

[2] V. Trib. Ferrara, 23.05.23, Est. Ghedini.

[3] Il piano con i bilanci, le scritture contabili e fiscali obbligatorie, le dichiarazioni dei redditi, le dichiarazioni IRAP e le dichiarazioni annuali IVA concernenti i tre anni anteriori o gli ultimi esercizi precedenti se l’attività ha avuto minor durata; una relazione aggiornata sulla situazione economico, patrimoniale e finanziaria; l’elenco di tutti i creditori, con le rispettive cause di prelazione e l’indicazione delle somme dovute, e comprensivo dell’indicazione del domicilio digitale dei creditori che ne sono muniti; gli atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi cinque anni; la documentazione relativa a stipendio, pensioni, salari e altre entrate proprie e della famiglia, con l’indicazione di quanto occorra al mantenimento della stessa.

[4] L’art. 77 del CCII dispone che la domanda è inammissibile se: mancano i documenti richiesti di cui agli art. 75 e 76 del CCII; se il debitore presenti requisiti dimensionali che eccedano i limiti di cui all’art. 2 comma 1, lett. d), nn. 1, 2, 3; se sia stato già esdebitato una volta nei 5 anni precedenti o già 2 volte anche in un arco di tempo più ampio; risultino commessi atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.

 

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