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Nelle discussioni sul Superbonus, quelle sulla cessione del
credito d’imposta che scaturisce dalla sua fruizione ha avuto toni
particolarmente accesi. Il legislatore, infatti, si è trovato a
dover gestire il delicato tema della responsabilità nel caso in cui
i crediti messi in circolazione siano il frutto di operazioni
illecite.

Crediti Superbonus: per evitare il sequestro la buona fede non
basta

L’argomento rimane caldo anche oggi che la cessione del credito
è limitatissima (per opera prima del DL 11/2023 e poi del DL
39/2024), sia perché in alcuni casi la cessione è ancora possibile,
sia perché le cessioni avvenute nel passato possono aprire oggi
contestazioni particolarmente gravose nelle aule di giustizia,
soprattutto in sede penale.

Gli sforzi si sono concentrati soprattutto sul regolare cosa ne
sarebbe stato di un credito ceduto, ove fossero emerse irregolarità
nella pratica edilizia sottostante. Chi riceve il credito
(cessionario) non è infatti il primo beneficiario del Superbonus, e
non ha niente a che fare con il cantiere in cui sono stati eseguiti
gli interventi che danno diritto al beneficio. Tuttavia, se il
credito non è maturato legittimamente in capo al cedente, anche il
cessionario è esposto a rischi. Si pensi alle frodi, quando ad
esempio i lavori dichiarati non vengono affatto eseguiti, e il
credito è così il risultato di una finzione. La normativa
Superbonus (DL 34/2020, art. 121, co. 4) fa salvo il cessionario
che si trovi nella disponibilità di un credito illegale da alcuna
responsabilità, e il già citato DL 11/2023 ha poi regolato più nel
dettaglio la situazione, prevedendo la totale irresponsabilità del
cessionario che sia in possesso di un lungo set documentale.
Insomma, chi acquista un credito in buona fede, ignaro delle
irregolarità che ne stanno a monte, non si macchia di alcun
reato.

Eppure, la sentenza n. 28064 emanata dalla Corte di Cassazione
lo scorso 12 luglio conferma che tale quadro ha valenza solo
tributaria, e non è in grado di “bloccare” la macchina penale. Chi
ha in mano un credito illegale, insomma, può subirne il sequestro a
prescindere dalla propria responsabilità nel reato, come la
Cassazione aveva già chiarito a fine gennaio 2024.

Sequestro slegato dal reato

La recente sentenza ribadisce con solide basi giuridiche, che la
questione relativa alla responsabilità nei reati di illecita
percezione di agevolazioni da parte di chi riceve il credito
tramite cessione è slegata da quella inerente al rispetto delle
norme penali, che impongono il sequestro preventivo in casi
specifici.

Il caso riguarda un istituto bancario che si è visto congelare i
crediti Superbonus da questo acquistati tramite un “sequestro
impeditivo”, in quanto la società che glieli ha ceduti risulta
indagata per truffa ai danni dello Stato, in relazione all’abuso
del Superbonus. Secondo la banca, però, un simile congelamento
delle somme sarebbe in contrasto con l’art. 121, co. 4 del DL
34/2020, che tutela i cessionari dei crediti d’imposta Superbonus
da qualsiasi responsabilità e dunque anche da qualsivoglia tipo di
sequestro.

La Cassazione, però, così come già deciso nella precedente
sentenza n. 3108 del 24 gennaio 2024, è di avviso del tutto
opposto. Infatti, si legge nella sentenza n. 28064/2024, i crediti
sono suscettibili eccome di sequestro “posto che gli stessi,
derivando dal diritto alla detrazione d’imposta spettante al
committente delle opere, costituiscono cose pertinenti al reato,
senza che rilevi la condizione soggettiva dei terzi
(che li
possiedono, ndr.)”. In altre parole, cioè, il sequestro preventivo
“diretto ad impedire l’aggravamento delle conseguenze del
reato, implica l’esistenza di un collegamento tra il reato e la
cosa (i crediti d’imposta, ndr.) e non tra il reato e il suo
autore, sicché possono essere oggetto del provvedimento anche le
cose in proprietà di un terzo, estraneo all’illecito”.

La valenza solo tributaria della tutela del cessionario

Ma come può una simile conclusione essere coerente col quadro
normativo di tutela del cessionario dei crediti Superbonus
rappresentato dall’art. 121, co. 4 del DL 34/2020?
Ebbene, a tale riguardo gli Ermellini si esprimono con durezza,
sottolineando come la tutela che la norma “accorda ai crediti
generati dalla cessione […] è limitata al solo settore tributario,
ma non si estende a quello penale”
. E ciò, spiega la
Cassazione, è confermato dal fatto che l’esclusione dalla
responsabilità del cessionario è stata prevista per incentivare la
realizzazione degli interventi edilizi agevolabili, nell’ottica di
“rilanciare” l’economia nazionale, e non impedisce dunque di
disporre sequestri penali in caso di illeciti. Se così fosse,
infatti, non si spiegherebbe come mai dalle stesse norme sulle
detrazioni discende che quando queste vengono ottenute in maniera
fraudolenta, il relativo credito d’imposta è considerato
“inesistente”, cosicché è lo stesso art. 121 (co. 5 e 6) a
prevedere che l’Agenzia delle Entrate debba recuperare le somme in
caso di mancanza totale o parziale dei presupposti costitutivi del
Superbonus. Insomma, secondo la Cassazione le norme
“evidenziano come la protezione dei cessionari trovi un limite
nella liceità – civile e penale – dell’operazione”
. Su tale
interpretazione, concludono gli Ermellini, non possono neanche
incidere i vari documenti di prassi dell’AdE, che confermano le
tutele per i cessionari, poiché “la circolare interpretativa è
atto interno alla pubblica amministrazione che si risolve in un
mero ausilio interpretativo e non esplica alcun effetto vincolante
per il giudice penale”.

Esistenza di un pericolo

La banca del caso trattato dalla Cassazione si opponeva al
sequestro anche per una carenza del requisito del “periculum in
mora” necessario per disporlo, vale a dire il pericolo di eseguire
ulteriori operazioni illecite. Ma gli Ermellini rigettano tale
opposizione, innanzitutto in quanto l’inesistenza del credito
sequestrato sarebbe stata ben motivata nei termini di alta
probabilità. Secondariamente, il pericolo di “allargare” il reato
dipende dalla natura stessa del credito d’imposta, che può essere
fatto circolare a sua volta per mano del cessionario. Infatti, si
legge nella sentenza, l’ulteriore circolazione di un credito
fittizio “integra il concreto pericolo dell’aggravamento delle
conseguenze del reato”.

Nonostante ciò, situazioni diverse possono ben portare a
decisioni diverse. È il caso ad esempio della sentenza, sempre di
Cassazione, n. 7021/2024, che ha invece accolto il ricorso del
cessionario contro il sequestro dei crediti da egli subito, proprio
perché nel caso specifico la motivazione era stata carente, poiché
costruita “senza una puntuale ricostruzione del meccanismo
fraudolento”.

Escludere la responsabilità solidale non basta

Alla luce della sentenza illustrata, è evidente che mettere in
atto tutta la cautela e la prudenza imposta dalla legge per
“salvarsi” dalla responsabilità solidale con il cedente non è
sufficiente quando si valuta l’opportunità di acquistare un credito
d’imposta, soprattutto considerato che non si tratta della prima
sentenza di questo segno. Insomma, l’interpretazione della Suprema
Corte sembra ormai delineata.
Seguendo i ragionamenti della Cassazione, il sequestro è slegato
dalla responsabilità, e così l’unico vero modo per salvarsene del
tutto è mettere in atto dei controlli accuratissimi sulla
regolarità delle pratiche edilizie che hanno generato il credito
d’imposta che si intende acquistare, poiché possedere anche tutta
la documentazione richiesta dal DL 11/2023 (titolo abilitativo,
fatture, visto di conformità, contratto d’appalto, ecc.) scongiura
il rischio di essere indagati, ma non quello di vedersi sequestrate
le somme.

Come verificare

Un soggetto che voglia acquistare crediti fiscali da terzi,
dovrà allora rivolgersi a un professionista per valutare, come
prima cosa, l’effettiva presenza dei crediti nel cassetto fiscale
del cedente, e per comprendere la natura dell’intervento da cui
originano. Se i lavori non sono noti, ad esempio perché si è avuta
notizia dell’esistenza del credito tramite le piattaforme di
interscambio presenti sul web, il cessionario potrà raffinare la
valutazione rivolgendosi a un tecnico, che potrà entrare nel merito
della documentazione verificandone la correttezza e la
completezza. 

Chiaramente, più la situazione retrostante è complessa e più è
incerta la correttezza di tutte le pratiche adottate, più alto sarà
il rischio di acquistare un credito “sequestrabile”. 

A cura di Cristian
Angeli
,
ingegnere esperto di agevolazioni fiscali applicate
all’edilizia
www.cristianangeli.it.

© Riproduzione riservata

 

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