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Si è chiuso con cinque condanne, 14 assoluzioni e un proscioglimento, il processo in rito abbreviato per il crac del Centro ippico toscano e della Società toscana per il cavallo da sella. Gli imputati erano imprenditori, professionisti e aristocratici fiorentini, personalità in vista della città, vip che sedevano ai vertici dei due enti dediti all’equitazione da diporto. Per loro le accuse erano, a vario titolo, di bancarotta fraudolenta, falso in bilancio e reati fiscali.

Il verdetto

Il gup Antonella Zatini ha condannato l’imprenditore Oliviero Fani a 2 anni per bancarotta fraudolenta al Centro ippico toscano e alla Società toscana per il cavallo da sella con sospensione della pena e inabilitazione di 2 anni all’esercizio dell’impresa commerciale. Decisa anche l’incapacità di Fani a esercitare funzioni direttive nelle imprese. Fani però è stato assolto dall’accusa di falso in bilancio e reati fiscali.

Condannati inoltre a 1 anno 4 mesi Margherita Giannini, Stefano Rosselli del Turco, Guido Francesco Poccianti; 1 anno e 6 mesi per Marco Papucci. Questi, come membri del cda, avrebbero cagionato il dissesto della Società toscana per il cavallo da sella. Anche per loro pena sospesa e inabilitazione all’esercizio dell’impresa commerciale nonché incapacità a esercitare funzioni direttive nelle imprese durante la condanna.

Assolti invece da tutte le accuse gli altri imputati, Albiera Antinori, Ferruccio Ferragamo, Giuseppe Urso, Piero Angeletti, Romolo Scarsella, Massimo Berni, Carlo Comparini,  Bruna Fanciullo, Gianfranco Varvesi, Alberto Levi, Guo Shenz Zheng, Enrico Poli, Alessandro Burberi e Maurizio Lazzarini.

Prosciolto il professionista Guido Navarrini, unico imputato che aveva scelto il rito ordinario.

Le contestazioni dell’accusa

La procura aveva chiesto condanne fino a 4 anni e 8 mesi, la più alta per Fani. L’inchiesta partì col fallimento del Centro ippico toscano (dichiarato dal tribunale nell’aprile 2019) e della Società toscana per il cavallo da corsa (fallita il 2 luglio 2019).

I liquidatori scoprirono diversi presunti ammanchi, ritenuti conseguenza di mancati controlli e spericolate operazioni gestionali. In merito al fallimento del Centro ippico toscano, che si configura come associazione sportiva dilettantistica (Asd), la procura contestava, tra l’altro, la distrazione di diversi beni, tra cui la cessione dello stesso parco equini.

Nel 2018 secondo l’accusa il valore dei cavalli venne indicato inizialmente in 418.335 euro ma il saldo finale venne chiuso a soli 51.835 euro, molto più di una svendita.                   

 

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