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Inflazione, guerre e prezzi dell’energia fanno impennare, anche quest’anno, i costi della Tari. Anche sulla spinta degli operatori, la tariffa sui rifiuti sale a Roma (nella Capitale sono in arrivo questa estate bollette più care di quasi il 3%), Firenze (+3,2% per cittadini e imprese), Padova (+3,3% in media), Ancona e Perugia (+7% circa). A Palermo il Comune ha appena approvato rincari del 6% in media. A Verona i costi vanno su del 5,6% in media. Napoli, invece, deve ancora riprendersi dalla batosta del 2023: qui la tariffa sui rifiuti è incrementata lo scorso anno del 13% per le utenze domestiche e di oltre il 20% per i negozi. Milano, dove invece il costo dell’imposta risulta in diminuzione da anni per le famiglie, è una delle poche città a muoversi in controtendenza. L’Arera, nella predisposizione delle tariffe relative all’anno in corso, ha chiesto alle città di prevedere un aumento dei costi delle bollette allo scopo di accelerare il recupero dell’inflazione, che ha caratterizzato gli ultimi anni e che ha finito per aumentare i costi fissi – pensiamo al carburante per i camion – delle municipalizzate della raccolta. I Comuni, insomma, sono costretti a fare cassa e i rincari colpiscono da Nord a Sud. Ma i sindaci che hanno ritoccato verso l’alto le tariffe si difendono con un «poteva andare peggio». Che, però, difficilmente basterà a rendere meno pesanti per le tasche dei cittadini gli ulteriori esborsi. Per il Campidoglio, per esempio, i rincari del 3% sono un successo. 

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IL MODELLO CAPITOLINO

Nelle scorse settimane la giunta guidata da Roberto Gualtieri ha sottolineato che – guardando in maniera neutra agli extracosti della municipalizzata Ama legati all’inflazione e quelli riferibili al servizio, come l’invio della spazzatura negli impianti di lavorazione – il salasso per i cittadini avrebbe dovuto essere del 14%. Anche perché la Tari serve per finanziare interamente il contratto di servizio per il ritiro dei rifiuti e per la pulizia delle strade. Invece l’amministrazione si è affidata ai fondi recuperati con la lotta all’evasione per trovare i soldi necessari a evitare il rincaro del balzello. Il primo cittadino ha spiegato: «Con questo piano riduciamo l’aumento dell’80% e l’anno prossimo lo azzeriamo», mentre l’assessore al Bilancio, Silvia Scozzese, ha aggiunto: «Si tratta di un risultato possibile grazie ad Ama più efficiente e al recupero dell’evasione della Tari Abbiamo restituito efficienza ad un’azienda Ama che era paralizzata, aveva costi altissimi e ci vedeva incassare solo il 17% dell’ordinario Tari». Già nel 2022 il Campidoglio aveva rafforzato i servizi di accertamento sul sommerso, che lo scorso anno ha recuperato una quarantina di milioni tra morosità ed evasione vera e propria.

A Verona, invece, fanno notare che gli incrementi potevano essere superiori al 7%: per contenerli si è deciso di attingere alle entrate provenienti dall’imposta di soggiorno. I turisti, in pratica, pagheranno parte della Tari dei residenti. La tassa sui rifiuti garantisce un gettito di circa 6 miliardi di euro a livello nazionale. 
L’evasione è forte. Negli ultimi cinque anni, secondo la Uil, il costo della Tari è lievitato di circa il 7%. Solo nel 2023, ha calcolato invece Cittadinanzattiva, il costo della tassa ha toccato in Italia in media quota 320 euro a famiglia, in crescita del 2% sul 2022. Per quest’anno, ha indicato l’Arera, gli aumenti possono raggiungere invece un massimo del 13,7%. I Comuni hanno tempo fino al 30 giugno per deliberare sulla nuova Tari, grazie alla proroga concessa dal governo con un emendamento al decreto Superbonus. 

PICCOLE REALTÀ

Trema Genova, dove si punta a congelare gli incrementi del 6,8% annunciati dall’Amiu, l’azienda che si occupa della gestione del ciclo dei rifiuti per il Comune. Genova è una delle città dove la Tari costa di più, con una spesa media per famiglia che supera i 490 euro annui. Ma i rincari si estendono anche ai Comuni più piccoli e non risparmiano nemmeno la montagna: a Courmayeur si pagherà in più circa il 6,8%. La Tari serve a pagare un servizio che, inevitabilmente, risulta più costoso laddove è meno efficace ed efficiente, quindi soprattutto al Sud, dove in numerose città il ciclo integrato dei rifiuti non è ancora stato completato. 

Quello della gestione dei rifiuti, nonostante gli investimenti legati al Pnrr, rimane quindi un punto debole e gli aumenti in arrivo, al lordo dell’effetto dell’inflazione, lo dimostrano. Per dare una svolta si punta adesso anche sulla Tarip, che però è ancora poco diffusa. La tariffa puntuale sui rifiuti (si paga anche in base a quanto effettivamente si “riempiono” i cassonetti della spazzatura) resta una prerogativa dei Comuni del Nord. Un migliaio di sindaci hanno aperto a questa soluzione, ma nel Mezzogiorno si contano sulle dita delle mani. La Tari puntuale, più nel dettaglio, è composta da una quota fissa, calcolata in base alla superficie dell’immobile, e da una quota variabile, pensata per premiare i comportamenti virtuosi di chi differenzia correttamente i materiali riciclabili e riduce al minimo i rifiuti non riciclabili. Nel Lazio uno degli ultimi Comuni ad aver adottato questa soluzione è Genzano, che ora punta a innalzare la percentuale di raccolta differenziata al 90%.
 

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