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12024512 – falling real estate prices and housing market decline with earthquake cracked floor showing a huge hole in the ground and a model home that is descending and sinking into the black hole of debt and foreclosure.

Impossibile impugnare la notifica di una cartella esattoriale di molti anni fa: sì però al ricorso contro l’eventuale pignoramento, fermo o ipoteca se c’è la prescrizione.

Chi ha ricevuto, molti anni fa, una cartella di pagamento non può più fare ricorso anche se l’importo non è dovuto. Così si pensi al caso di una multa per un’auto che, in precedenza era stata venduta, ma lo stesso discorso può essere fatto per cartelle dovute a seguito di contributi Inps, mancato pagamento di Iva, Irpef, altre tasse e imposte.

La legge – per quanto duro possa sembrare in determinate situazioni di ignoranza o di impossibilità – assegna al contribuente un termine massimo entro cui fare

ricorso contro la cartella di pagamento, scaduto il quale anche le pretese di pagamento più inique non possono essere più contestate davanti al giudice (come vedremo, restano delle soluzioni alternative, una delle quali è l’autotutela).

Il termine massimo entro cui fare ricorso contro una cartella illegittima è di

  • 60 giorni, se si tratta di tasse;
  • 40 giorni, se si tratta di contributi Inps o Inail;
  • 30 giorni, se si tratta di multe per violazioni del codice della strada.

Superati questi termini la cartella di pagamento diventa definitiva e va pagata.

Soluzioni contro le cartelle notificate tanti anni fa

Esistono due rimedi, anche se non sempre affidabili, a cui ricorrere se, per errore, ignoranza o dimenticanza, non si è fatto ricorso, nei termini, contro la cartella esattoriale illegittima.

Il primo di questi rimedi è la presentazione di una istanza in autotutela indirizzata, in carta semplice, all’ente titolare del credito (per la quale non c’è bisogno di un avvocato o un commercialista ma può essere scritta, di proprio pugno, dallo stesso contribuente e spedita con raccomandata a/r o posta elettronica certificata). Non vi sono, secondo l’orientamento più accreditato, termini massimi per presentare una

richiesta di sgravio contro una pretesa esattoriale illegittima. La domanda andrà indirizzata, ad esempio, all’Inps se si tratta di crediti previdenziali, all’Agenzia delle Entrate per tasse e imposte, al Comune per le multe. Quindi, anche se i termini per l’impugnazione della cartella sono scaduti, si può fare affidamento allo spirito di “lealtà” e “giustizia” che la pubblica amministrazione dovrebbe seguire in ossequio alla Costituzione che impone alla PA di agire in modo imparziale e trasparente.

Fare una istanza in autotutela a termini scaduti per il ricorso non consente – per come è facile immaginare – di proporre poi un ricorso al giudice: per cui, se l’ente titolare del credito rifiuta la domanda o non risponde, il cittadino non ha altre vie di fuga se non quella di affidarsi alla prescrizione.

La speranza che intervenga la prescrizione del credito è, appunto, il secondo appiglio consentito dalla legge a chi ha ricevuto, molti anni prima, una cartella di pagamento e non l’ha impugnata per tempo. Difatti, per l’ente impositore vale la prescrizione anche se il contribuente ha lasciato scadere il termine perentorio per proporre opposizione alla cartella di pagamento.

È necessario, in pratica, che tra la data della notifica della cartella e quella della prescrizione (che varia – come a breve vedremo – in base al tipo di credito), il contribuente non abbia ricevuto alcun sollecito di pagamento da parte dell’Agente per la riscossione (Agenzia delle Entrate-Riscossione che sostituisce, dal 2017, Equitalia).

Ma che significa prescrizione? In buona sostanza, la legge stabilisce un termine massimo entro cui il fisco può pignorare i beni del debitore o, eventualmente, iscrivere un’ipoteca o un fermo dell’auto. Se non lo fa o, nello stesso termine, non gli invia dei solleciti di pagamento, il suo diritto “scade” e non può più essere resuscitato. Quindi nulla più deve il contribuente.

Come dicevamo questo termine è diverso a seconda del tipo di credito, e in particolare:

  • per Irpef, Iva, Irap, canone Rai, contributi alla camera di commercio la prescrizione si realizza dopo 10 anni;
  • per Imu, Tasi, Tari, multe stradali, contributi previdenziali Inps e Inail, sanzioni, la prescrizione si realizza dopo 5 anni;
  • per bollo auto, la prescrizione si realizza dopo 3 anni.

Se però il contribuente fa opposizione alla cartella e perde la causa, la prescrizione – che in questo caso è della sentenza di condanna – è sempre di 10 anni, a prescindere dal tipo di somma dovuta. È quanto ricorda la Cassazione con una sentenza pubblicata poche ore fa [1].

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