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È stato pubblicato nel Supplemento ordinario n. 6 della Gazzetta Ufficiale n. 38 del 14 febbraio 2019 il D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 con il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155.
La riforma con l’introduzione delle misure di allerta e di composizione assistita della crisi parte dal giusto presupposto che l’emersione tempestiva della crisi consentirà sia la miglior salvaguardia del patrimonio del debitore che la miglior tutela del credito degli operatori economici che vengono in contatto con il debitore medesimo. Anche nel concordato preventivo viene riservata una grande attenzione alla continuità aziendale ed alla salvaguardia dei posti di lavoro. Dal fallimento alla liquidazione giudiziale, cambia il nome ma non la finalità della procedura, lo scopo è sempre quello di liquidare il patrimonio del debitore per ripartirlo in favore dei creditori.

Una prima lettura del Codice della crisi e d’impresa e dell’insolvenza è stata affrontata da Nardecchia Giovanni Battista, magistrato in Monza nel primo dei 5 ebook editi da Wolters Kluwer dal titolo D.Lgs. n. 14/2019: il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

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Il testo offre tabelle riepilogative che riportano sinteticamente tutte le novità con indicazione puntuale dell’entrata in vigore. Particolare attenzione, poi, è dedicata alle procedure d’allerta e di composizione assistita della crisi senza tralasciare gli aspetti relativi a costituzione, compiti e funzionamento degli organismi di composizione nonché alle segnalazioni esterne all’OCRI e alla raccolta coordinata delle informazioni. Un’analisi approfondita degli esiti (positivi o negativi) della composizione assistita chiude la trattazione. Un capitolo riguarda le misure protettive e premiali nelle istituzioni di prevenzione della crisi.

Di seguito un estratto integrale dell’ebook.

Una delle innovazioni di maggiore importanza contenute ne Codice della crisi e dell’insolvenza (CCII, D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, pubblicato nel Suppl. Ordinario n. 6 della Gazzetta Ufficiale n. 38 del 14 febbraio 2019) consiste certamente nell’introduzione delle procedure di allerta e composizione assistita della crisi. Tutti gli analisti concordano sul fatto che solo individuando e fronteggiando precocemente i sintomi di crisi si può sperare di conseguire l’obiettivo del risanamento e, quindi, al tempo stesso di salvaguardare la continuità dell’impresa, evitando la dispersione di valore spesso insita nelle procedure meramente liquidatorie. Condizione, questa, che appare indispensabile anche per realizzare il miglior soddisfacimento dei creditori. Si tratta di un’esigenza ormai riconosciuta da tutti gli ordinamenti e che si rispecchia anche nei principi elaborati dall’Uncitral e dalla Banca Mondiale per la corretta gestione della crisi d’impresa, oltre ad essere esplicitamente richiamata nella Raccomandazione della Commissione dell’Unione europea del 12 marzo 2014, 2014/135/UE, e nella proposta di direttiva del 22/11/2016. L’art. 4 comma 1 della legge delega definiva le procedure di allerta “di natura non giudiziale e confidenziale”. Scelta dettata dalla giusta considerazione che nel nostro Paese le procedure concorsuali sono ancora vissute dagli imprenditori come un male in sé, da allontanare nel tempo ad ogni costo, con il risultato che le imprese che depositano domanda di concordato preventivo sono per lo più in condizione di ormai irreversibile decozione. La procedura di allerta e quella di composizione assistita della crisi è governata da un apposito organismo istituito presso ciascuna camera di commercio. Poiché gran parte della riuscita dell’istituto dipenderà dall’adeguata organizzazione e professionalità dell’organismo appare assai positiva la scelta legislativa di un unico organismo ed il fatto che il collegio da questi nominato sia formato da tre esperti professionisti, attinti da quello che sarà l’albo nazionale dei curatori fallimentari e dei commissari, uno designato dalla Camera di Commercio, uno dal presidente della sezione specializzata in materie d’imprese ed uno indicato dalle associazioni di categoria.

Con riferimento al presupposto soggettivo, in attuazione del principio di delega di cui all’articolo 4, comma 1, lett. a), della legge n. 155/2017, i commi quarto e quinto dell’art. 12 tracciano il perimetro di applicazione degli strumenti di allerta, destinati esclusivamente agli imprenditori di ogni genere, con esclusione solo di grandi imprese, gruppi di imprese di rilevante dimensione e società con azioni quotate in mercati regolamentati, o diffuse fra il pubblico in misura rilevante. Il presupposto oggettivo è rappresentato dalla crisi, la cui definizione si rinviene nell’art. 2 come “lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”.

L’articolo 13 individua i cd. indicatori della crisi negli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore. La norma precisa che sono indici significativi quelli che misurano la sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi. Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, ha il compito di elaborare con cadenza triennale, in riferimento ad ogni tipologia di attività economica secondo le classificazioni I.S.T.A.T., appositi indici economici, che dovranno essere sottoposti all’approvazione del MISE, che consentono di rilevare in modo più agevole, omogeneo ed obiettivo segnali che, unitariamente considerati, fanno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa. Il procedimento ha inizio a seguito di segnalazioni all’organismo, di diverso contenuto, natura e provenienza da parte di oggetti qualificati diversi dal debitore. Da parte degli organi di controllo societari, con l’obbligo di avvisare immediatamente l’organo amministrativo della società dell’esistenza di fondati indizi della crisi e, in caso di omessa o inadeguata risposta, di informare tempestivamente l’organismo.

La normativa si collega strettamente alle modifiche del codice civile alla riforma dell’articolo 2086 c.c. che, in attuazione di uno specifico principio di delega, ha inserito il comma 2, per favorire l’emersione tempestiva della crisi, obbligando l’imprenditore diverso dall’imprenditore individuale, ad istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale. Innovazione davvero rilevante la cui portata va letta anche alla luce della modifica dell’art. 2477 c.c. la quale, sempre al fine di favorire l’emersione e la gestione tempestiva della crisi, in attuazione di uno specifico principio di delega, amplia le ipotesi in cui, nelle società a responsabilità limitata, è obbligatoria la nomina degli organi di controllo interni e dei revisori. Da parte di creditori pubblici qualificati, tra cui l’Agenzia delle entrate, gli enti previdenziali e gli agenti della riscossione delle imposte, con l’obbligo di avvisare immediatamente il debitore che la sua esposizione ha superato l’importo rilevante e di segnalare successivamente agli organi di controllo della società e, in ogni caso, all’organismo, il perdurare di inadempimenti di importo rilevante a fronte dell’inerzia del debitore avvisato.

Sono previste misure premiali, sia di natura patrimoniale sia in termini di responsabilità personale, in favore dell’imprenditore che ha tempestivamente proposto l’istanza di composizione assistita della crisi o che ha chiesto l’omologazione di un accordo di ristrutturazione o proposto un concordato preventivo o proposto ricorso per l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale; analoghe misure premiali, in tema di esenzione da responsabilità sono previste per l’organo di controllo che si sia prontamente attivato. Sempre secondo questa logica incentivante la mancata segnalazione dei creditori, comporta l’inefficacia dei privilegi accordati ai crediti di cui sono titolari o per i quali procedono. Il procedimento davanti all’organismo di composizione della crisi, della durata massima di sei mesi, proponibile solo su istanza di parte, anche all’esito dell’udienza fissata nel procedimento d’allerta, comporterà innanzitutto l’analisi della situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa.

Il carattere amministrativo del procedimento di composizione della crisi non sarà però d’ostacolo all’adozione, da parte dell’Autorità giudiziaria, ma solo a richiesta dell’imprenditore interessato, di “misure protettive” temporanee, che siano necessarie per condurre utilmente a termine la trattativa con i creditori,

revocabili in caso di frode ai creditori o quando il collegio di esperti riferisce che non vi è possibilità di addivenire ad una soluzione concordata della crisi o che non vi sono significativi progressi nell’attuazione delle misure idonee a superare la crisi medesima. Se l’iniziativa rivolta alla ricerca di una soluzione alla crisi dell’impresa si conclude positivamente il collegio dovrà attestare che l’imprenditore ha posto in essere le misure idonee al superamento della crisi. Qualora il collegio non individui misure idonee a superare la crisi e attesti lo stato di insolvenza, l’organismo ne dà notizia al pubblico ministero presso il tribunale del luogo in cui il debitore ha sede, ai fini del tempestivo accertamento dell’insolvenza medesima.

Nell’ambito delle procedure concorsuali vere e proprie la più importante novità è rappresentata dall’adozione di un unico modello processuale per l’accertamento dello stato di crisi e di insolvenza. Innovazione che non comporta la rinuncia al principio della domanda, tant’è vero che il modello processuale è unitario, ma l’esito è condizionato dall’oggetto della domanda dei soggetti legittimati ad agire (ad esempio concordato preventivo o liquidazione giudiziaria), né l’introduzione di un sistema propriamente bifasico, in cui si abbia un previo accertamento giudiziale dello stato di crisi e di insolvenza e solo dopo l’avvio della procedura vera e propria. Il procedimento è unico e l’ingresso nella concorsualità è tendenzialmente anticipato, a tutela crescente e a protezione progressiva della proposta procedura. Gli elementi caratterizzanti il ricorso (denominazione unica assunta dall’atto introduttivo, da chiunque provenga) riflettono i tratti connotativi della domanda di accesso alla procedura concorsuale.

La disciplina del concordato preventivo ha subito continue modifiche nel corso della lunga stagione delle riforme della legge fallimentare inaugurata dal d.l. 35/2005. Interventi non sempre coerenti tra loro che hanno visto il pendolo legislativo oscillare paurosamente tra l’esaltazione della negozialità e quindi dell’interesse del debitore a regolare liberamente la propria crisi e/o insolvenza e quelle di tutela del diritto di credito. Per tali ragioni va visto con grande favore un intervento organico, come quello disciplinato dal CCII. La prima disposizione del Capo del Codice dedicato al concordato preventivo, l’art. 84, è una norma “manifesto” che evidenzia, come indicato nella rubrica, le finalità della procedura: la soddisfazione dei creditori mediante la continuità aziendale o la liquidazione del patrimonio del debitore. Viene qui ribadita la funzionalità della continuazione d’impresa alla miglior soddisfazione dei creditori. Il risanamento dell’impresa in crisi e/o il mantenimento dei posti di lavoro possono quindi essere perseguiti, se e in quanto compatibili, ma mai contro l’interesse dei creditori stessi. La salvaguardia dell’azienda e la tutela dei posti di lavoro ricevono comunque una particolare attenzione dal legislatore delegato.

La salvaguardia dell’azienda con l’ampliamento dell’ambito di applicazione del concordato con continuità aziendale indiretta, caratterizzato dalla prosecuzione dell’attività in capo ad un altro imprenditore in forza di cessione o conferimento d’azienda. Concordato che può ora essere preceduto da affitto, stipulato anche anteriormente purché in funzione della presentazione del ricorso. Sempre al fine di favorire la continuità aziendale è stato esteso l’ambito di applicazione della norma che consente il pagamento dei crediti pregressi.

Dal punto di vista dei soggetti beneficiari in quanto l’art. 100 del Codice, al fine di ovviare ad una lacuna molto contestata, prevede che il tribunale possa autorizzare, alle medesime condizioni, anche il pagamento della retribuzione dovuta per la mensilità antecedente il deposito del ricorso ai lavoratori addetti all’attività di cui è prevista la continuazione. Sempre al fine di favorire la continuità è stata introdotta una norma innovativa ed eccezionale, contenuta anch’essa nell’art. 100 che, in deroga alla regola della cristallizzazione del patrimonio, consente al debitore, quando è prevista la continuazione dell’attività aziendale, il pagamento alle scadenze convenute delle rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante su beni strumentali all’esercizio dell’impresa, a condizione che, alla data della presentazione della domanda di concordato, egli abbia adempiuto le proprie obbligazioni o che il tribunale lo autorizzi al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data. Tutto ciò a condizione che un professionista indipendente attesti che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori.

La tutela dei posti di lavoro è favorita con l’imposizione dell’obbligo a carico del terzo, nell’ipotesi, quindi, di continuità indiretta, del mantenimento o della riassunzione di un numero di lavoratori pari ad almeno la metà della media di quelli in forza nei due esercizi antecedenti il deposito del ricorso, per un anno dall’omologazione. Precetto quest’ultimo privo di reale efficacia dato che il suo mancato rispetto non potrebbe da solo determinare la risoluzione del concordato. Tutela dei lavoratori parimenti accresciuta anche nel concordato c.d. misto. Secondo la regola generale dettata dal comma 3 dell’art. 84 la disciplina di favore della continuità si applicherà anche al piano di concordato che preveda la continuità aziendale e nel contempo la liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa, a condizione che possa ritenersi, a seguito di una valutazione in concreto del piano, che i creditori vengano soddisfatti in misura prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale, ivi compresa la cessione del magazzino. La prevalenza si considera però sempre sussistente quando i ricavi attesi dalla continuità per i primi due anni di attuazione del piano derivano da un’attività d’impresa alla quale sono addetti un numero di lavoratori pari ad almeno la metà della media di quelli in forza nei due esercizi antecedenti al momento del deposito del ricorso. Norma che appare poco in linea rispetto alla legge delega che era di chiara ed immediata interpretazione in relazione al criterio determinante per valutare se il concordato potesse o meno ritenersi in continuità aziendale (si legge infatti che “tale disciplina si applica anche alla proposta di concordato che preveda la continuità aziendale e nel contempo la liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa, a condizione che possa ritenersi, a seguito di una valutazione in concreto del piano, che i creditori vengano soddisfatti in misura prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale”). In altre parole il parametro dei flussi di cassa dovrebbe al più aggiungersi alla regola dettata dalla legge delega e ripresa dal primo periodo dell’art. 84 comma 3 ma non sostituirsi ad essa, come invece avviene con l’attuale formulazione, dove la presunzione assoluta di prevalenza (chiaramente espressa con l’avverbio sempre) fa si che si consideri concordato con continuità quello in cui i ricavi attesi dalla continuità per i primi due anni di attuazione del piano derivano da un’attività d’impresa alla quale sono addetti un certo numero di lavoratori, anche se i creditori non sono sodisfatti in misura prevalente da tali ricavi.

Il concordato liquidatorio, fermo restando l’obbligo del soddisfacimento del 20% dell’ammontare complessivo del credito chirografario, è ora ammissibile solo nel caso in cui ai creditori vengano messe a disposizione risorse ulteriori rispetto a quelle rappresentate dal patrimonio del debitore. In particolare, tali risorse aggiuntive devono incrementare la misura del soddisfacimento dei creditori chirografari di almeno il dieci per cento rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale. Con riferimento ai poteri di sindacato del tribunale l’intervento più significativo è quello che attiene alla valutazione della fattibilità economica del piano. Il legislatore ha inteso ampliare questo sindacato non più limitato ai casi di manifesta inettitudine del piano (compendiabile nel concetto di implausibilità o irrealizzabilità) potendo ora il giudice, tenuto conto dei rilievi del commissario giudiziale, valutare caso per caso con riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente, l’effettiva realizzabilità delle stesse per superare lo stato di crisi e/o insolvenza.

Sul piano definitorio, il legislatore ha abbandonato la tradizionale espressione «fallimento» (e quelle da essa derivate) per quella di liquidazione giudiziale, in conformità ad una tendenza già manifestatasi nei principali ordinamenti europei di civil law (tra cui quelli di Francia, Germania e Spagna), volta ad evitare l’aura di negatività e di discredito, anche personale, che storicamente a quella parola si accompagna. Cambiamento più di forma che di sostanza dato che come chiarito dalla relazione illustrativa del Codice la “liquidazione giudiziale”, e cioè la procedura che sostituisce il fallimento e finalizzata a liquidare il patrimonio dell’imprenditore insolvente, ripartendo il ricavato in favore dei creditori sulla base della graduazione dei loro crediti. La disciplina della liquidazione giudiziale non presenta quindi dei cambiamenti radicali rispetto a quella del fallimento ma soltanto alcuni aggiustamenti che rispondono al principio generale volto a riformulare le disposizioni che hanno originato contrasti interpretativi, al fine di favorirne il superamento, in coerenza con i princìpi stabiliti dalla legge delega.

La definizione di sovraindebitamento si ricava dall’art. 2, che definisce tale lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore agricolo, dell’imprenditore minore, delle start-up innovative e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza. L’ambito di applicazione delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento – il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore, il concordato minore e la liquidazione controllata – sono quindi riservate a tutti i debitori di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c). Si tratta dei consumatori e di tutti i soggetti, compresi gli imprenditori agricoli, che, pur svolgendo attività imprenditoriale non sono soggetti alle procedure di liquidazione giudiziale e liquidazione coatta amministrativa né al concordato preventivo ai sensi dell’art. 85, comma 1 del codice. Per le procedure di sovraindebitamento è stata delineata una disciplina più semplice e specifica rispetto al procedimento unitario.

Tale disposizione è integrata, con riferimento alla procedura di concordato minore, anche dal rinvio al capo III del titolo IV contenuto nell’art. 74. Tra le novità più significative va menzionata l’introduzione delle c.d. procedure familiari sia nei casi in cui i soggetti sovraindebitati siano familiari conviventi, nel qual caso è quasi inevitabile che la difficoltà di uno dei componenti della famiglia si rifletta negativamente sull’intero nucleo familiare sia quando la situazione di crisi del “gruppo familiare” abbia un’origine comune, ad esempio perché derivi da una successione ereditaria. In tali casi, in cui è auspicabile – se non necessaria- una gestione ed una soluzione unitaria del problema – è possibile presentare un unico progetto di risoluzione della crisi e si è previsto che il giudice, qualora le richieste non siano contestuali, adotti i provvedimenti più idonei per assicurare il coordinamento delle procedure collegate.

Procedure di allerta e composizione assistita della crisi

– natura: non giudiziale e confidenziale

– OCRI: vengono istituiti presso ciascuna camera di commercio degli organismi di composizione della crisi

– beneficiari: gli imprenditori di ogni genere

– soggetti esclusi: grandi imprese, gruppi di imprese di rilevante dimensione e società con azioni quotate in mercati regolamentati, o diffuse fra il pubblico in misura rilevante

– presupposto oggettivo: “lo stato di difficoltà economicofinanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”

– indicatori della crisi: squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore

– i soggetti abilitati a fare le segnalazioni agli OCRI: organi di controllo societari e creditori pubblici qualificati (Agenzia delle entrate, enti previdenziali, agenti della riscossione delle imposte)

– misure premiali: in favore dell’imprenditore che ha tempestivamente proposto l’istanza di composizione assistita della crisi o che ha chiesto l’omologazione di un accordo di ristrutturazione o proposto un concordato preventivo o proposto ricorso per l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale

– misure protettive temporanee: necessarie per condurre utilmente a termine la trattativa con i creditori

Procedure concorsuali

– adozione di un unico modello processuale per l’accertamento dello stato di crisi e di insolvenza

Concordato preventivo

– continuità con tutela posti di lavoro

Sovraindebitamento

– procedure familiari

(Altalex, 14 marzo 2019)

 

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