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Negli ultimi anni l’attenzione mediatica sul rientro dei capitali dall’estero si è concentrata su due fronti. Da una parte abbiamo assistito alle campagne di voluntary disclosure, ovvero procedure legate a “facilitare” il rientro di capitali detenuti all’estero da parte di soggetti (o enti) fiscalmente residenti in Italia. Dall’altra l’Amministrazione finanziaria ha intensificato l’attività di controllo, grazie anche all’incrocio dei dati che arrivano tramite le procedure di scambio automatico di informazioni con le autorità fiscali estere.

Per questo motivo, oggi, continuare a detenere capitali all’estero non dichiarati in Italia, sta diventando molto pericoloso. Le motivazioni che possono aver spinto a detenere capitali all’estero in modo non corretto possono essere le più disparate: si va dal classico caso di redditi di impresa non dichiarati, per passare ad eredità non considerate nel proprio patrimonio, oppure risparmi lasciati all’estero dopo un periodo di lavoro trascorso fuori dall’Italia. Insomma, poco importa la motivazione che ha determinato la detenzione di capitali all’estero. Quello che importa è prendere la decisione migliore per il tuo futuro, ovvero pensare ad un rientro di capitali dall’estero per sanare la tua situazione.

Far rientrare i capitali dall’estero non è immediato, oggi non ci sono procedure di voluntary disclosure attive, quindi, l’unica possibilità a tua disposizione è quella di intervenire con un rientro di capitali legato all’utilizzo degli strumenti messi a disposizione ordinariamente dall’Amministrazione finanziaria.

Perché è importante regolarizzare la propria situazione?

Ci occupiamo da anni di regolarizzazione di capitali detenuti all’estero e del loro rimpatrio in Italia, aiutando imprenditori e privati a regolarizzare nel modo migliore la propria posizione con l’Erario. Per questo motivo, in questo articolo voglio parlarti dei rischi che stai correndo detenendo capitali non dichiarati all’estero, e ti spiegherò come possiamo aiutarti a sanare la tua situazione.

Gli obblighi legati al monitoraggio dei patrimoni detenuti all’estero

Le persone fisiche, gli enti non commerciali, le società semplici e le associazioni equiparate residenti in Italia, che detengono investimenti all’estero, ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre reddito imponibile in Italia, sono soggetti a obblighi dichiarativi. Tali obblighi devono essere assolti annualmente mediante la compilazione del quadro RW del Modello Redditi, con un duplice scopo:

  • Adempiere alla disciplina sul monitoraggio fiscale e
  • Determinare:
    • L’Ivie (Imposta sul valore degli immobili all’estero) e
    • L’Ivafe (Imposta sul valore dei prodotti finanziari dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero).

Gli obblighi di monitoraggio fiscale sono estesi anche nei confronti dei soggetti che, pur non essendo possessori diretti degli investimenti esteri e delle attività di natura finanziaria, sono considerati “titolari effettivi“. Sono considerati titolari effettivi dell’investimento i soggetti che hanno la disponibilità o la possibilità di movimentazione del conto corrente. Rientrano tra i soggetti obbligati anche coloro che nel corso del periodo d’imposta hanno totalmente disinvestito. Nel caso di prodotti finanziari e patrimoniali cointestati o in comunione dei beni, occorre indicare la percentuale di possesso, e nel caso di beni patrimoniali specificare anche la tipologia di diritto reale vantato.

Il monitoraggio dei beni patrimoniali collocati all’estero

I beni patrimoniali collocati all’estero per i quali sussiste l’obbligo dichiarativo sono:

  • Immobili (a titolo di proprietà o di diritti reali immobiliari, ad esempio usufrutto o nuda proprietà), o quote di essi, (ad esempio comproprietà o multiproprietà);
  • Oggetti preziosi, opere d’arte detenuti fuori del territorio dello Stato;
  • Imbarcazioni, navi da diporto e altri beni mobili detenuti e/o iscritti nei pubblici registri esteri.

L’art. 19, comma 13, D.L. n. 201/2011 ha istituito l’imposta patrimoniale sul valore degli immobili situati all’estero (Ivie). Tale imposta è dovuta sugli immobili esteri, a qualsiasi uso destinati detenuti da parte di persone fisiche residenti nel territorio dello Stato. La base imponibile dell’imposta è data dal valore dell’immobile individuato dal costo storico risultante dall’atto di acquisto della proprietà o da altri contratti, in caso di acquisto di un altro diritto reale diverso dalla proprietà.

La base imponibile Ivie

La Circolare n. 28/E/2012 dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito che se dal contratto non emerge la valorizzazione del diritto, la stessa va individuata sulla base dei criteri stabiliti dalla normativa dello Stato in cui è ubicato l’immobile. In mancanza del costo storico o di costruzione, la base imponibile è rappresentata dal valore di mercato al 31 dicembre, rilevabile nel luogo in cui l’immobile è situato. Se l’immobile è stato acquisito per successione o donazione, il valore da indicare è quello dichiarato nella dichiarazione di successione o atti simili.

Sul valore dell’immobile deve essere applicata un’aliquota dello 0,76%, rapportata alla quota di proprietà e al periodo di possesso, o dello 0,40% nel caso di l’immobile adibito ad abitazione principale solo se classificato tra le categorie A/1, A/8, A/9. L’esenzione Ivie per l’immobile posseduto all’estero sussiste solo nel caso di abitazione principale non rientrante nelle suindicate categorie catastali, con le relative pertinenze.

In base all’art. 7-quater, comma 23, D.L. n. 193/2016, la compilazione del quadro RW non è obbligatoria se non sono intervenute variazioni rispetto all’anno precedente in relazione agli immobili detenuti all’estero. In caso di variazioni intervenute anche solo per un immobile, il quadro deve essere compilato con l’indicazione di tutti gli immobili situati all’estero compresi quelli non variati.

Il monitoraggio fiscale delle attività finanziarie estere

Sulle attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera, grava l’Ivafe. L’imposta ha un’aliquota del 2 per mille, calcolata sul valore di mercato e rapportata alla quota e ai giorni di possesso.

L’importo da versare per i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti all’estero è pari alla misura fissa di 34,20 euro per ciascun conto corrente o libretto di risparmio.

Esoneri da monitoraggio fiscale per le attività finanziarie

Nel caso di soggetti che detengono attività finanziarie e patrimoniali affidate in gestione o in amministrazione agli intermediari residenti e per i contratti comunque conclusi attraverso il loro intervento, gli stessi sono esonerati dalla compilazione del quadro RW. Questo, qualora i flussi finanziari e i redditi derivanti da tali attività e contratti siano stati assoggettati a ritenuta o imposta sostitutiva dagli intermediari stessi. Inoltre, sono esonerati i soggetti titolari di depositi e conti correnti bancari all’estero con valore complessivo non superiore a 15.000 euro e una giacenza media nel corso dell’anno non superiore ad euro 5.000. Questo, così come disposto dall’art. 2 Legge n. 186/2014, ad integrazione dell’art. 4 Decreto Legge n. 167/1990, fermo restando la compilazione necessaria del quadro RW del Modello Redditi per segnalare la presenza di conti correnti e depositi all’estero.

Un’importante precisazione riguarda il fatto che la detenzione di cripto-valute comporta comunque l’obbligo dichiarativo per coloro che le detengono. L’art. 1, co. 146 della Legge n. 197/2022 ha modificato l’art. 19, co. 18 del D.L. n. 201/2011, andando a prevedere l’obbligo di IVAFE per le cripto-attività. Tale obbligo viene previsto a partire dal 2023. L’imposta patrimoniale è dovuta nel caso in cui le cripto-attività siano detenute presso un intermediario non residente, o se sono archiviate su chiavette, PC o smartphone.

Rientro di capitali dall’estero: le sanzioni legate alle attività non dichiarate

Il primo aspetto che devi tenere presente se dalla lettura delle attività oggetto di monitoraggio rientrano capitali o beni esteri non dichiarati è l’entità delle sanzioni. La misura delle sanzioni relative alle violazioni del monitoraggio fiscale è contenuta nell’articolo 5 del D.L. n. 167/90, come rinnovato dall’articolo 9 della Legge n. 97/2013. Per le violazioni relative all’omessa o infedele presentazione del quadro RW è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria.

La sanzione per le violazioni sul monitoraggio fiscale è applicabile nella misura compresa tra il 3% e il 15% dell’ammontare di ogni singolo importo non dichiarato. Tuttavia, qualora le violazioni dovessero riguardare beni, attività o investimenti detenuti in Paesi a regime fiscale privilegiato le sanzioni raddoppiano. In questo caso la sanzione si applica nella misura che va dal 6% al 30% degli importi non monitorati.

Sanzioni dovute in misura fissa

Vi può essere un unico caso in cui le sanzioni dovute sono applicate in misura fissa. Si tratta del caso di presentazione del quadro RW con un ritardo non superiore a novanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione dei redditi. Soltanto in questo caso la sanzione è dovuta nella misura fissa di 250 euro.

Tabella Riepilogativa: sanzioni legate al monitoraggio fiscale

Violazione Importo della sanzione
Mancata indicazione in dichiarazione del monitoraggio fiscale di attività patrimoniali o finanziarie estere Sanzione amministrativa pecuniaria dal 3% al 15% degli importi non dichiarati
Mancata indicazione in dichiarazione del monitoraggio fiscale di attività patrimoniali o finanziarie estere in Paesi “Black list Sanzione amministrativa pecuniaria dal 6% al 30% degli importi non dichiarati

Le sanzioni legate ai redditi non dichiarati

Ulteriore aspetto da tenere in considerazione è che se nel periodo oggetto di mancato monitoraggio le attività patrimoniali o finanziarie estere hanno prodotto redditi, questi devono essere dichiarati in Italia. La disciplina sanzionatoria, in questo caso, è quella legata alle fattispecie di omessa o infedele presentazione della dichiarazione dei redditi.

Omessa presentazione della dichiarazione dei redditi: le sanzioni

Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione il D.Lgs. n. 471/97 prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa. Si tratta di una sanzione pecuniaria molto pesante, in quanto la fattispecie di omessa dichiarazione è relativamente grave. Il contribuente, infatti, omette alla conoscenza dell’Amministrazione finanziaria tutti i redditi percepiti durante quell’annualità. Facendo questo il contribuente non permette di esercitare le normali funzioni di controllo e accertamento tributario.

L’importo della sanzione è determinato in percentuale sulla base della differenza tra importo dovuto ed accertato dall’Agenzia delle Entrate e l’importo dichiarato. Questo secondo quanto previsto dalla Circolare n. 5/E/2002 dell’Agenzia delle Entrate.

Sanzioni per omessa dichiarazione dei redditi
In caso di omessa dichiarazione dei redditi la sanzione amministrativa pecuniaria va da un minimo del 120% ad un massimo del 240% dell’ammontare delle imposte dovute (aumentate di 1/3 per redditi di fonte estera). Il reato di omessa dichiarazione dei redditi o di omessa dichiarazione Iva punito con la reclusione da 2 a 5 anni. La soglia minima per l’emersione del reato è di 50 mila euro per ogni singola dichiarazione omessa.

L’imposta minima applicabile è di 250 euro. In caso di redditi prodotti all’estero è previsto un aumento di 1/3 della sanzione minima applicabile. Nel caso in cui non siano dovute imposte è prevista, invece, una sanzione da 250 euro a 1.000 euro, aumentabile fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili.

Paradisi fiscali

Gli investimenti e le attività di natura finanziaria negli Stati o territori a fiscalità privilegiata in violazione della normativa in tema di monitoraggio fiscale si presumono costituiti, salvo prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione (art. 12 del D.L. n. 78/2009). In questo caso, le sanzioni sono raddoppiate.

Per approfondire: “Raddoppio dei termini di accertamento per attività detenute in paradisi fiscali“.

Tabella riassuntiva: sanzioni per omessa presentazione della dichiarazione

Fattispecie Sanzione Norma
Omessa dichiarazione dei redditi Dal 120% al 240% delle imposte dovute (minimo 250 euro) Art. 1 co. 1 e 5 co. 1 del D.Lgs. n. 471/97

Infedele presentazione della dichiarazione dei redditi: le sanzioni

Si tratta di una sanzione amministrativa che va dal 90% al 180% delle maggiori imposte dovute e non versata o del minor credito generato. Questo tipo di sanzione si applica nel caso in cui il contribuente vada a correggere con la dichiarazione integrativa errori rilevabili solo in sede di accertamento. Classico caso è quello di omessa e/o errata indicazione di redditi. La sanzione è aumentata di 1/3 in caso di redditi di fonte estera non dichiarati.

Sanzioni per infedele dichiarazione dei redditi
In caso di infedele dichiarazione dei redditi la sanzione amministrativa pecuniaria va da un minimo del 90% ad un massimo del 180% dell’ammontare delle imposte dovute (aumentate di 1/3 per redditi di fonte estera). Il reato tributario di dichiarazione infedele si verifica al superamento congiunto di due soglie di punibilità:
Evasione d’imposta di 100.000 euro per ogni singola imposta (anziché 150.000 euro), quindi ad esempio IRES/IRPEF o IVA;
Elementi attivi sottratti all’imposizione (ricavi o costi) di almeno 3.000.000 euro. Tuttavia, se gli elementi fittizi indicati in dichiarazione (ricavi omessi o costi falsi) supera il 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione il reato è consumato anche se gli elementi sottratti ad imposizione sono inferiori a 3.000.000 euro.

Tabella riassuntiva: sanzioni per infedele presentazione della dichiarazione

Fattispecie Sanzione Norma
Infedele dichiarazione dei redditi Dal 90% al 180% delle imposte dovute (minimo 250 euro) Art. 1 co. 2 del D.Lgs. n. 471/97

Rientro di capitali dall’estero: perché dovresti pensare a sanare la tua situazione

Dal 2009 ad oggi il mondo è cambiato e la lotta al contrasto del riciclaggio finanziario e all’evasione fiscale internazionaleè diventata molto più penetrante ed incisiva di prima. L’impegno dell’OCSE e dei suoi Paesi aderenti si sta facendo negli anni sempre più stringente.

Le amministrazioni finanziarie dei diversi Stati hanno quindi progressivamente avviato un rapporto di stretta cooperazione. Si tratta di un recepimento ed adozione di regole comuni e su uno scambio di informazioni sempre più effettivo. Tale processo ha condotto da un lato alla revisione dell’art. 26 del Modello di Convenzione sviluppato dall’OCSE per evitare le doppie imposizioni in materia di imposta sul reddito e sul patrimonio e prevenire le evasioni fiscali (di seguito “Modello OCSE”) e dall’altro lato all’adozione di un diverso standard che preveda meccanismi automatici di trasmissione dei dati, tanto è vero che molti Stati inseriti nella cosiddetta “black list” hanno cominciato a collaborare.

Cooperazione fiscale internazionale: indicatori chiave e risultati

Negli ultimi 50 anni, l’OCSE ha aperto la strada alle questioni fiscali ed è stato in prima linea nella promozione della trasparenza e della cooperazione in materia fiscale attraverso il Forum globale sulla trasparenza e lo scambio di informazioni a fini fiscali e, più recentemente, il quadro inclusivo su BEPS . Scopri lo stato di avanzamento internazionale con una mappa interattiva che presenta gli indicatori chiave e i risultati del lavoro dell’OCSE in materia fiscale internazionale, con circa 150 paesi e giurisdizioni.

Rientro di capitali CRS OCSE

Rientro di capitali dall’estero ed il ruolo degli scandali finanziari

Inoltre, negli ultimi anni, si è assistito a casi di “fiduciari” esteri che, venuti a conoscenza che il loro cliente era indagato in Italia, si sono presentati spontaneamente alle Procure italiane, consegnando dati e documenti, oppure funzionari bancari che hanno venduto i dati dei conti correnti alle amministrazioni fiscali europee (il caso più conosciuto è quello di Hervè Falciani della HSBC di Ginevra).

E ancora, è in vigore dal 1 gennaio 2015 il reato di auto-riciclaggio che colpisce duramente l’utilizzo delle somme frutto di evasione fiscale anche da parte di coloro che le hanno evase.

Ma l’elemento che forse sarà determinante per il successo di questa procedura è il mutato comportamento delle grandi banche svizzere che, sposando la politica del “White Money”, anche per le note vicissitudini incontrate negli Stati Unitinon accettano più somme non dichiarate, limitano il prelievo di quelle custodite e chiedono espressamente ai clienti di regolarizzare fiscalmente il denaro depositato.

In questo contesto, con l’aggiunta delle restrizioni vigenti in Italia sull’uso del contante, il contribuente che detiene fondi all’estero non dichiarati incontra moltissime difficoltà per poterli utilizzare e quindi è gioco forza spinto a valutare la possibilità di emergere di fronte all’Amministrazione finanziaria nazionale al fine di rendere bancabili le somme.

Come regolarizzare i capitali detenuti all’estero senza una voluntary discoluse aperta?

Se sei arrivato fino a questo punto della lettura sono sicuro che ti sei accorto di avere, probabilmente, “qualcosa” da regolarizzare. In questi casi la domanda che maggiormente ci viene posta è:

“come posso regolarizzare la mia situazione in assenza di una procedura di voluntary disclosure aperta?”

Ebbene, regolarizzare la propria situazione all’interno di una procedura di voluntary disclosure è sicuramente preferibile. Tale procedura, infatti, pur non essendo un condono permette la regolarizzazione a “costi” inferiori rispetto al normale. Tuttavia, in periodi non coperti da procedure attive di disclosure puoi pensare comunque di regolarizzare la tua situazione beneficiando di sanzioni ridotte.

Devi sapere, infatti, che le violazioni degli obblighi di monitoraggio fiscale hanno natura tributaria. In quanto tali, si rendono applicabili i principi generali e gli istituti previsti dal D.Lgs. n. 472/97. Mi riferisco al principio del favor rei, il principio di legalità e l’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del D.Lgs. n. 472/97. È proprio grazie a questi istituti che puoi pensare di regolarizzare la tua posizione legata al rientro di capitali dall’estero in modo sicuro con sanzioni ridotte.

Rientro di capitali: quali attività si possono regolarizzare?

Si può regolarizzare qualsiasi tipo di attività detenuta all’estero, sia finanziaria che non. E quindi denarovalori mobiliariquote di partecipazione in società esterovestiteimmobilioro fisico.

Il ravvedimento operoso (art.13 del D.Lgs. n. 472 del 1997) è lo strumento con cui il contribuente può spontaneamente regolarizzare violazioni, irregolarità o omissioni tributarie con il versamento di sanzioni ridotte, il cui importo varia in relazione alla tempestività del ravvedimento. Nelle tabelle seguenti viene riepilogata la casistica relativa alla mancata dichiarazione dei capitali all’estero.

Tabella: monitoraggio fiscale – Omessa compilazione quadro RW paesi non Black list

Anno detenzione attività Anno di commissione violazione Sanzione minima % Riduzione sanzione Misura sanzione %
2016 2017 3% 1/6 0,5
2017 2018 3% 1/6 0,5
2018 2019 3% 1/6 0,5
2019 2020 3% 1/6 0,5
2020 2021 3% 1/6 0,5
2021 2022 3% 1/7 0,43
2022 2023 3% 1/8 0,375

Tabella: monitoraggio fiscale – Omessa compilazione quadro RW paesi Black list

Anno detenzione attività Anno di commissione violazione Sanzione minima % Riduzione sanzione Misura sanzione %
2012 2013 6% 1/6 1,0
2013 2014 6% 1/6 1,0
2014 2015 6% 1/6 1,0
2015 2016 6% 1/6 1,0
2016 2017 6% 1/6 1,0
2017 2018 6% 1/6 1,0
2018 2019 6% 1/6 1,0
2019 2020 6% 1/6 1,0
2020 2021 6% 1/6 1,0
2021 2022 6% 1/7 0,856
2022 2023 6% 1/8 0,75

Tabella: Modello Redditi sanzioni per infedele dichiarazione di redditi esteri

Anno Sanzione base paesi non black list Sanzione base paesi black list Riduzione sanzione
2018 120% 180% 1/6
2019 120% 180% 1/6
2020 120% 180% 1/6
2021 120% 180% 1/7
2022 120% 180% 1/8

Tabella: Modello Redditi sanzioni per omessa dichiarazione di redditi esteri (non ravvedibile)

Anno Sanzione base paesi non black list Sanzione base paesi black list Riduzione sanzione
2017 Min. 160% al max. 320% Min. 240% al max. 480% NO
2018 Min. 160% al max. 320% Min. 240% al max. 480% NO
2019 Min. 160% al max. 320% Min. 240% al max. 480% NO
2020 Min. 160% al max. 320% Min. 240% al max. 480% NO
2021 Min. 160% al max. 320% Min. 240% al max. 480% NO

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Attraverso la collaborazione con studi tributari che si occupano di dichiarazioni dei redditi è possibile trovare assistenza per la compilazione dei quadri relativi alle attività finanziarie detenuti all’estero (quadri RWRMRT). Poiché il comportamento che l’Amministrazione Finanziaria utilizza in situazioni di accertamento di capitali detenuti all’estero è molto particolare, è opportuno sempre affidarsi a professionisti (dottori Commercialisti e/o legali) che abbiamo maturato esperienza di questo tipo di verifiche fiscali.

La regolarizzazione spontanea dei capitali esteri potrebbe essere l’ultima occasione per regolarizzare la tua situazione fiscale di monitoraggio e redditi esteri non dichiarati, che consente di usufruire di sanzioni ridotte e agevolazioni prima dell’arrivo di una verifica fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Domande frequenti

Quali attività estere si possono regolarizzare?

Si può regolarizzare qualsiasi tipo di attività detenuta all’estero, sia finanziaria che non. E quindi denaro, valori mobiliari, quote di partecipazione in società esterovestite, immobili, oro fisico.

Si possono regolarizzare anche gli immobili detenuti all’estero?

Anche gli immobili possono essere oggetto di regolarizzazione mediante ravvedimento operoso e presentazione di dichiarazioni dei redditi integrative o omesse.

Una volta regolarizzata la situazione con l’Agenzia delle Entrate posso rimpatriare i capitali dall’estero?

La regolarizzazione della situazione consente il corretto monitoraggio delle attività estere che possono poi essere regolarmente impatriate in Italia senza alcun rischio.

 

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