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Sono state chiuse le indagini su Massimo Adriatici, l’ex assessore leghista che sparò e uccise Youns El Boussettaoui. La Procura contesta il reato di eccesso colposo di legittima difesa. Per l’avvocato difensore della famiglia, Marco Romagnoli, durante le indagini “non c’è stato un atteggiamento costruttivo con la difesa delle persone offese”, racconta a Fanpage.it.

Massimo Adriatici

Sono state chiuse le indagini sulla morte di Youns El Boussettaoui, l’uomo di 39 anni ucciso da un colpo di pistola sparato da Massimo Adriatici, ex assessore leghista di Voghera (Pavia). L’episodio risale al 21 luglio 2021. Nonostante la richiesta di contestare all’avvocato il reato di omicidio volontario, la Procura ha riconosciuto quello di eccesso colposo di legittima difesa.

Una decisione che non trova in accordo i familiari della vittima, in primis la sorella. Fin dall’inizio di questa vicenda, sono stati diversi gli ostacoli che gli avvocati Marco Romagnoli e Debora Piazza, che assistono la famiglia, si sono trovati davanti. Da ultimo, il diniego di poter prelevare una copia forense del cellulare di Adriatici che potrebbe fornire alcuni chiarimenti su quanto accaduto quella sera.

Perché non vi consegnano la copia forense del cellulare di Adriatici? 

Non l’abbiamo ricevuta a causa del diniego del pubblico ministero che poi il giudice per le indagini preliminari ha confermato. Non c’è concesso prelevarla, ma osservarla negli uffici della Procura e sorvegliati a vista da un carabiniere.

C’è proibito a estrarne copia anche solo parziale e questo significa che siamo ridotti a copiare a mano quello che riteniamo essere di interesse. Il diniego arriva perché loro dicono che va tutelata la riservatezza della vita dell’indagato.

È una cosa che solitamente succede in altri casi?

Non ho memoria che sia mai accaduto.

Non è la prima volta che vi vietano di ottenere elementi di prova. Era già successo con l’acquisizione dei video delle telecamere installate a Piazza Meardi. 

Sì e abbiamo presentato un’impugnazione davanti al gip. Quella volta ci diede ragione. Invece quando abbiamo fatto impugnazione sulla copia forense del cellulare, il gip l’ha dichiarata inammissibile.

È stata un’interlocuzione con l’autorità giudiziaria a senso unico, nel senso del no. Siamo dovuti arrivare in Cassazione per farci dire che eravamo legittimati a opporci al diniego, opposizione che non è stata comunque accolta in pieno perché c’è stato concesso solo di osservare la copia e copiarla a mano.

Chi è del settore sa che è assolutamente svilente. La copia forense di un telefono contiene migliaia di informazioni e pensare di doverle appuntare a mano o reperirle in quattro ore di tempo, sorvegliati a vista dai carabinieri, anche nella difficoltà di comunicare con chi ci segue nella strategia difensiva, è veramente inutile.

Cosa vi aspettate di trovare nel cellulare?

Il cellulare contiene molte informazioni legate alle posizioni, agli spostamenti. Qualsiasi elemento può essere utile a costruire la realtà dei fatti.

Credete quindi che la Procura vi stia ostacolando in qualche modo? 

Sicuramente non sta agevolando l’interlocuzione con la difesa della persona offesa. Bisogna ribadire che la difesa della persona offesa è la parte processuale che in teoria insieme al pm sostiene l’accusa. Solitamente c’è un’interlocuzione, che è sempre costruttiva.

La pubblica accusa infatti raccoglie elementi per accertare la verità e capire se un soggetto possa essere ritenuto responsabile di un reato o meno e lo stesso la persona offesa. Questa infatti raccoglie elementi a sostegno della condotta che l’ha danneggiata. Solitamente si interloquisce in maniera molto più snella e costruttivo. In questo procedimento tutto questo non c’è.

Ma perché? Perché Youns è straniero e Adriatici è un politico e avvocato? 

Vedremo poi nel tempo le motivazioni. Sono decisioni che rimangono nell’ambito processuale, certo è che si poteva avere un atteggiamento più costruttivo.

Questo procedimento comincia con un’autopsia senza l’avviso delle persone offese quindi è già partito con un’esclusione delle persone offese in un’attività la cui presenza era dovuta. Ci è stato detto che si sono sbagliati perché pensavano che non avesse parenti quando invece li aveva. Ed è proseguita in questi termini.

Perché non sono stati presi in considerazione diversi elementi emersi durante le indagini, come per esempio il possibile pedinamento di Adriatici?

Sono delle valutazioni relative al capo di imputazione che è stato formulato, di cui la Procura se ne assume la paternità. Vedremo poi quando discuteremo questi temi davanti a un giudice, quale sarà la sua decisione.

Un’altra cosa che rimane un punto interrogativo a cui non so dare risposta è che sembrerebbe scomparsa la contestazione del munizionamento proibito. Quella non abbiamo avuto traccia o notizia. La Procura non ha voluto contestarla.

Ci sono quindi dei punti oscuri in queste indagini? 

Diciamo che non c’è stato un atteggiamento costruttivo con la difesa delle persone offese. Si potevano evitare molte cose che ci avrebbe reso la vita più semplice. La copia forense è l’ultima.

Può essere cambiato quindi capo d’imputazione? 

L’ultima parola è del giudice che dovrà verificare, quando la Procura chiederà il rinvio a giudizio, se la contestazione è a suo avviso formulato dalla Procura è conforme ai fatti così come emergono dagli atti.

Sabato ci sarà un presidio fuori dalla Procura giusto? 

Sì, ci sarà la sorella. Io non ci sarò perché condurrò la battaglia in sede giuridica, non in piazza. Do la mia massima solidarietà a chi parteciperà.



 

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