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La deducibilità di una perdita su crediti può essere ammessa anche in caso di mancato esercizio dell’azione esecutiva da parte del creditore.

Casi di deducibilità della perdita su crediti

deduzione perdita su creditiIn due interventi pubblicati nei giorni scorsi (Il termine per emettere nota di credito a soggetti falliti e Nota di credito a soggetto fallito prima della chiusura anche per le procedure aperte prima del 26/5/2021), abbiamo affrontato le problematiche IVA relative a chi ha crediti verso soggetti falliti.

In verità, purtroppo, le problematiche relative ai creditori verso soggetti morosi (e quindi non soltanto verso i falliti) riguardano anche l’aspetto Ires/Irpef, ossia la deducibilità della perdita su crediti.

La norma infatti (articolo 101 comma 5 Tuir) stabilisce che la perdita su crediti è sicuramente deducibile nel caso di assoggettamento del debitore a procedure concorsuali, oppure quando, alternativamente:

  • il credito sia di modesta entità (ossia non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione – come definite dall’art. 27, comma 10 del D.L n. 185 del 29 novembre 2008 -, e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese) ed è decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza del pagamento (riferito alle singole fatture e non al totale del credito);
     
  • il diritto alla riscossione sia prescritto (in questo caso, secondo Assonime con la circolare 18/2014, l’impresa che non abbia dedotto la perdita nell’esercizio in cui si è compiuta la prescrizione, difficilmente può ritenersi legittimata a farlo successivamente);
     
  • i crediti siano cancellati dal bilancio in applicazione dei principi contabili (è il caso delle perdite cosiddette realizzative, ossia derivanti da atti unilaterali o contrattuali che determinano il realizzo o l’estinzione del credito, quali la cessione pro soluto, la transazione o la rinuncia).

 

Le regole per la dimostrazione dell’inesigibilità del credito

Al di fuori di queste ipotesi, la deducibilità della perdita su crediti va dimostrata secondo le regole generali, ossia sulla base della presenza di elementi certi e precisi dai quali poter desumere la definitiva inesigibilità del titolo.

Proprio in questo ambito si colloca una recentissima sentenza della Cassazione, la n. 1147/2022, che afferma che la perdita su crediti esiste quando il debitore non paga volontariamente e il credito non risulta attuabile coattivamente attraverso gli strumenti che l’ordinamento mette a tal fine a disposizione.

In altre parole, il mancato esercizio dell’azione esecutiva non è condizione sufficiente per disconoscere la deducibilità.

Ai fini della deducibilità non è quindi necessario che il creditore provi di essersi attivato per conseguire una dichiarazione giudiziale dell’insolvenza del debitore e, quindi, il suo assoggettamento a una procedura concorsuale; né è necessario aver infruttuosamente esperito azioni esecutive.

La perdita su crediti potrà risultare anche da altri elementi certi e precisi.

 

L’Agenzia Entrate sulla questione dello stato oggettivo di insolvenza del debitore

Un esempio, al riguardo, è fornito dalla stessa Agenzia delle Entrate, la quale, in una circolare del 2013 (datata ma ancora oggi valida), la n. 26, ha precisato che la definitività della perdita (che è condizione per la deducibilità) può essere verificata solo in presenza di uno stato oggettivo di insolvenza non temporanea del debitore, riscontrabile qualora la situazione di illiquidità finanziaria e incapienza patrimoniale del debitore sia tale da fare escludere la possibilità di un futuro soddisfacimento della posizione creditoria.

 

Altri elementi probatori

Esempi di elementi probatori, frutto della giurisprudenza passata, restano comunque i seguenti:

  • un decreto accertante lo stato di irreperibilità del debitore;
     
  • i documenti attestanti l’esito negativo di azioni esecutive attivate dal creditore (ad esempio, il verbale di pignoramento negativo), sempre che l’infruttuosità delle stesse risulti anche sulla base di una valutazione complessiva della situazione economica e patrimoniale del debitore;
     
  • la dimostrazione, sulla base di idonea documentazione e a corollario di ripetuti tentativi di recupero senza esito, che il debitore si trova nell’impossibilità di adempiere per un’oggettiva situazione di illiquidità finanziaria e incapienza patrimoniale e che, pertanto, è sconsigliata l’instaurazione di procedure esecutive.
    Al riguardo, rilevano sia le lettere di legali incaricati della riscossione del credito, sia le relazioni negative rilasciate dalle agenzie di recupero crediti in ipotesi di mancato successo nell’attività di recupero, sempre che nelle stesse sia obiettivamente identificabile il credito oggetto dell’azione di recupero, l’attività svolta per recuperare tale credito e le motivazioni per cui l’inesigibilità sia divenuta definitiva a causa di un’oggettiva situazione di illiquidità finanziaria e incapienza patrimoniale del debitore.

 

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A cura di Danilo Sciuto

Mercoledì 19 gennaio 2022

 

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