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America-Cina Il Punto | La newsletter del Corriere della Sera

Mercoled 26 aprile 2023

Il fumo di sigarette e quello dei cannoni
editorialista di Andrea Marinelli

Buongiorno, e bentornati a bordo di questa newsletter per un altro viaggio sulle rotte della politica internazionale. Oggi partiamo da Washington, dove la British American Tobacco ha patteggiato una multa da 635 milioni di dollari per aver venduto sigarette a Kim Jong-un aggirando le sanzioni americane: come spiega Guido Santevecchi, le triangolazioni e i profitti delle sigarette prodotte o esportate dall’azienda britannica in Nord Corea sono legati anche alla rete per lo sviluppo del programma militare di Pyongyang.

Vi raccontiamo poi chi è — e di chi è nipote — Julia Chávez Rodríguez, la manager della nuova campagna elettorale di Joe Biden, annunciata ieri; il kibbutz in stile israeliano che Lorenzo Cremonesi ha scovato sul fronte ucraino (sopra, nella foto Afp di Anatolii Stepanov, un soldato della resistenza impegnato a Bakhmut); il nuovo carro armato russo che dopo alcuni intoppi avrebbe infine visto il campo di battaglia; l’arresto dell’editore taiwanese in Cina; la nuova vita dell’ex premier neozelandese Jacinda Ardern; il premio ricevuto dalla giovane stella italoamericana della Nba Paolo Banchero.

Buona lettura.

La newsletter America-Cina ed è uno dei tre appuntamenti de «Il Punto» del Corriere della Sera. Potete registrarvi qui e scriverci all’indirizzo: americacina@corriere.it.

1. Le sigarette vendute al regime di Kim costano 635 milioni alla British American Tobacco
editorialista
di Guido santevecchi

corrispondente da Pechino

imageKim Jong-un con la quasi immancabile sigaretta tra le dita. La figlia gli tiene un pacchetto di cerini

Costa caro il vizio del fumo. Questa volta però il prezzo più alto lo paga la multinazionale British American Tobacco (Bat) basata a Londra, che per anni ha fatto affari con la Nord Corea aggirando le sanzioni imposte dal governo degli Stati Uniti. Finita sotto inchiesta da parte delle autorità di Washington, la Bat ha patteggiato una multa da 635 milioni di dollari con il Department of Justice e l’Office of Foreign Assets Control. È una storia complicata, che coinvolge l’intelligence finanziaria e militare, perché le triangolazioni e i profitti delle sigarette prodotte o esportate dall’azienda britannica in Nord Corea sono legati anche alla rete per lo sviluppo del programma militare di Kim Jong-un.

Ha spiegato Brian Nelson, sottosegretario del Tesoro americano con delega per antiterrorismo e intelligence finanziaria: «Per anni, la Bat ha avuto un’intesa con la Nord Corea per costituire e operare un business per la produzione di sigarette, che si appoggiava a mediatori finanziari legati al network delle armi di distruzione di massa. L’obiettivo era arricchirsi». Il business è andato avanti per dieci anni, dal 2007 al 2017, e ha coinvolto anche la sussidiaria di Singapore della Bat, che ha venduto sigarette per 400 milioni di dollari ai nordcoreani e durante l’istruttoria ha ammesso di aver cospirato per commettere frode bancaria e aggirare le sanzioni americane. Naturalmente, parte dei profitti della vendita di tabacco restavano a Pyongyang e il regime li ha potuti utilizzare per altri traffici sul mercato internazionale, che secondo gli investigatori della Giustizia Usa sono serviti ad alimentare lo sviluppo del programma missilistico.

In sostanza, sono i canali bancari utilizzati per spostare i proventi milionari delle sigarette «americane» fumate dai nordcoreani che hanno messo in moto l’intelligence di Washington. L’obiettivo è di tagliarli, per stringere il nodo intorno al regime di Kim. La British American Tobacco, con il suo fatturato globale da oltre 30 miliardi di euro è servita da esempio per altre aziende internazionali tentate dagli affari sotterranei con Pyongyang, dice il Dipartimento di Giustizia. La multa da oltre mezzo miliardo di dollari dimostra anche la forza degli Stati Uniti nell’imporre sanzioni senza passare all’Onu. Il tabacco non fa parte della lista di prodotti e materiale che il Consiglio di Sicurezza ha incluso nella lista dell’embargo nordcoreano: russi e cinesi hanno rifiutato di sostenere la richiesta americana sulle sigarette l’anno scorso al Palazzo di Vetro.

La British American Tobacco produce marchi come Lucky Strike, Kent e Pall Mall. Kim Jong-un è noto come grande fumatore: recentemente è stato fotografato al solito con una sigaretta tra le dita, mentre la figlia gli teneva il pacchetto di cerini. Ma secondo l’intelligence occidentale, Kim ha gusti autarchici in materia: ama le 7.27 di produzione nordcoreana. Il brand «7.27» si riferisce al 27-7-1953, la data in cui fu firmato il cessate il fuoco nella Guerra di Corea, che nella lettura nordcoreana è il «Giorno della Vittoria» sulle forze imperialiste. Da quando le fuma in pubblico il Rispettato Maresciallo, le nazionali della vittoria hanno acquisito prestigio a Pyongyang e ora costano più di in pacchetto di importazione.

2. Chi è Julia Chávez Rodríguez, manager della campagna di Biden
editorialista
di Viviana Mazza

corrispondente da New York

imageJulia Chávez Rodríguez, 45 anni, direttrice della campagna elettorale di Biden, davanti alla Casa Bianca, e il busto di suo nonno Cesar sulla scrivania di Joe Biden (foto Ap/Evan Vucci)

Julie Chávez Rodríguez, 45 anni, la manager appena nominata della campagna elettorale di Joe Biden, era già consigliera alla Casa Bianca ed è la nipote del leader sindacalista messicano-americano Cesar Chávez e dell’attivista per i diritti dei lavoratori Helen Fabela Chavez.

  • Il nonno lavorò per migliorare le condizioni assai precarie dei lavoratori agricoli, tra gli anni Sessanta e Settanta, diventando una icona della sinistra. Obama «prese in prestito» lo slogan della United Farm Workers Union fondata da Chavez nel 1962 — «Si se puede» (Yes we can) — per la sua campagna elettorale del 2008. Joe Biden tiene un busto di bronzo di Chávez sul suo scrittoio nello Studio Ovale. Gli fu prestato dal figlio di Chávez, Paul. Lo scorso mese Joe e Jill Biden hanno piantato un albero in suo ricordo nel giardino delle rose della Casa Bianca.
  • Julie, cresciuta in California, ha studiato a Berkeley ed è diventata un’attivista molto presto seguendo le orme del nonno. Ha partecipato alle manifestazioni sin da bambina. Secondo il New York Times fu arrestata all’età di nove anni mentre distribuiva volantini sui pericoli dei pesticidi a una protesta fuori da un supermercato.
  • Ha lavorato per Barack Obama e per Kamala Harris. Dopo aver diretto per otto anni la fondazione del nonno, sotto la presidenza Obama entrò per la prima volta nel mondo politico di Washington andando a lavorare per la sua amministrazione: all’inizio al dipartimento dell’Interno, fino a diventare una assistente speciale del presidente. Nel 2016 è diventata direttrice statale della campagna di Kamala Harris per il Senato in California. Quando Harris lanciò la sua corsa per la nomination democratica alla presidenza nel 2020, Chávez Rodríguez lavorò come direttrice politica nazionale della sua campagna.
  • Con Joe Biden, invece, Chávez Rodríguezè stata nominata consigliera per l’elettorato dei »latinos» durante la campagna elettorale del 2020, poi direttrice dell’ufficio di affari intergovernativi alla Casa Bianca. Poco prima delle elezioni di midterm è diventata consigliera speciale del presidente, e dunque la funzionaria ispanica più importante alla Casa Bianca, in un momento in cui la conquista del voto latino era ritenuta a rischio in diversi Stati. Ora ha preso il posto della sorella di Biden, Valerie, che in passato è stata la manager della sua campagna elettorale.
TACCUINO MILITARE | Il nuovo tank russo
editorialista

imageIl nuovo tank T-14 Armata in parata sulle strade di Mosca

Kiev ha chiesto altri proiettili per l’artiglieria con un raggio di 30 chilometri, ne ha bisogno per contrastare il nemico e lanciare una possibile offensiva. Un appello ripetuto nonostante il supporto massiccio alleato. Solo gli Usa hanno fornito circa 4 milioni di munizioni per cannoni, carri armati, mortai. A questi si aggiungono i razzi per gli Himars e i «colpi» per pezzi minori. Il problema per la resistenza — come per i russi — è un consumo elevato.

Fonti ufficiose ipotizzano che Mosca abbia finalmente schierato il nuovo tank T-14 Armata. Notizie dal fronte sostengono che avrebbe partecipato a operazioni in appoggio. Secondo l’agenzia Ria-Novosti è stato coinvolto in una missione contro postazioni difensive ucraine ma senza un ruolo attivo nell’assalto. Spiegazione piuttosto ambigua. Per gli esperti lo sviluppo del corazzato avrebbe incontrato problemi. La notizia ha bisogno di altre conferme, tuttavia può essere anche una mossa del Cremlino per «replicare» all’arrivo dei carri armati occidentali.

Caccia alla spia. La Svezia ha ordinato l’espulsione di 5 diplomatici russi in quanto hanno svolto attività incompatibili con il loro status. Nei Paesi del Nord Europa è aumentata l’azione di controspionaggio come la vigilanza per il timore di sabotaggi.

4. Grano e scambio di prigionieri: le partite di Lavrov all’Onu
editorialista

imageIl ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, 73 anni, ieri in conferenza stampa all’Onu (foto Afp/Spencer Platt)

Nessuna apertura, almeno per ora, sull’export del grano ucraino. Spiraglio, invece, su un possibile scambio di prigionieri che potrebbe coinvolgere il reporter del Wall Street Journal, Evan Gershkovich, arrestato a Ekaterinburg il 29 marzo scorso. In questi giorni Sergei Lavrov ha tenuto banco nel palazzo dell’Onu a New York. La Russia ha la presidenza di turno del Consiglio di Sicurezza e il ministro degli Esteri del Cremlino ne ha approfittato per recuperare qualche margine di manovra, con una serie di incontri politico-diplomatici.

In particolare il Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, confidava nel dialogo almeno su un punto: il rinnovo dell’intesa che fino a questo momento ha consentito agli ucraini di far partire i cereali da tre porti sul Mar Nero. È l’unico accordo raggiunto in oltre un anno di guerra, ma la scadenza si avvicina: metà maggio. Lavrov, però, si mostra riluttante, probabilmente esige robuste contropartite economiche. Oggi Guterres ne discuterà con il segretario di Stato Antony Blinken, a Washington. Il numero uno delle Nazioni Unite si fermerà per tre giorni nella capitale americana, dove incontrerà anche i leader del Congresso.

5. L’incontro fra Turchia, Russia, Siria e Iran
editorialista

imageIl ministrpo della Difesa russo Sergei Shoigu, a destra, con la controparte turca Hulusi Akar (foto Afp)

Che Damasco stia cercando di riallacciare i rapporti con tutto il Medio Oriente non è un segreto, ma ieri a Mosca si è aggiunto un tassello in più. Ministri della Difesa e capi dell’intelligence di Turchia, Russia, Siria e Iran si sono incontrati nella capitale russa, i colloqui — ha chiarito il ministero della Difesa russo — si sono concentrati su «passi pratici per rafforzare la sicurezza nella Repubblica araba siriana e normalizzare le relazioni siro-turche».

L’incontro segna un ulteriore passo di riavvicinamento tra Ankara e Damasco, impegnate da mesi in un difficile processo di normalizzazione dopo una rottura dei rapporti totale, dall’inizio della guerra civile in Siria nel 2011. «Da quest’incontro ci aspettiamo alcuni sviluppi positivi, la Turchia non ha nessuna intenzione di arrecare danno ai fratelli siriani», ha detto il ministro della Difesa turco, Hulusi Akar, prima di prendere l’aereo per la capitale russa assieme al capo dei servizi segreti turchi Hakan Fidan.

Sulla riconciliazione Mosca scommette anche in chiave anti Stati Uniti, contrari al riavvicinamento tra un membro Nato e Damasco. In attesa di capire quali saranno gli sviluppi, si registra comunque la ripresa del dialogo tra Ankara e Damasco, che alla lunga spianerà probabilmente la strada a un incontro tra Erdogan e il dittatore siriano Bashar Assad. I 4 milioni di profughi siriani in Turchia sono al centro della campagna elettorale in vista del voto del 14 maggio.

6. Joe Biden rafforza la difesa nucleare della Sud Corea

imageIl presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol con Joe Biden e la first lady Jill Biden al Korean War Memorial di Washington

(Guido Santevecchi) Joe Biden rafforza l’impegno degli Stati Uniti a difendere Seul dalle minacce nucleari nordcoreane. Oggi il presidente americano firmerà con il collega sudcoreano Yoon Suk Yeol, giunto in visita di Stato, la «Washington Declaration» che prevede il dispiegamento «temporaneo» in Sud Corea di bombardieri americani con capacità nucleare e di altri dispositivi strategici come deterrente da un attacco da parte di Pyongyang. Si tratterà di «missioni temporanee», perché gli Stati Uniti hanno ritirato dal territorio della penisola il loro arsenale nucleare da molti anni.

«Vogliamo rendere la nostra forza deterrente più visibile, attraverso il dispiegamento regolare dei nostri “strategtic assets” (mezzi nucleari, ndr) comprese le visite nei porti sudcoreani dei sottomarini della US Navy armati con missili balistici, che non abbiamo effettuato dalla fine degli Anni 80», ha detto un alto funzionario di Washington.

L’impegno a rafforzare «l’ombrello difensivo» contro i missili nucleari di Kim Jong-un serve anche a dissuadere Seul dal dotarsi a propria volta di un arsenale di ordigni di distruzione di massa e fermare la proliferazione e la corsa alle armi in Asia. Nella «Dichiarazione di Washington», infatti, il governo del presidente Yoon si impegna a non sviluppare ordigni nucleari, riferiscono fonti dell’Amministrazione Biden. In cambio Seul ottiene la costituzione di un organismo di consultazione con l’alleato americano, che le garantisce maggiori informazioni e voce in capitolo nei piani di risposta a un’eventuale crisi con il regime di Kim.

Negli ultimi due anni la Nord Corea ha effettuato lanci sperimentali di un centinaio di missili di tutti i tipi: intercontinentali, a medio e corto raggio, cruise, ipersonici, sottomarini, da treni. Kim Jong-un ha ordinato lo sviluppo di testate nucleari «tattiche», di potenza «ridotta», da impiegare sul campo di battaglia, vale a dire sulla penisola coreana a Sud del 38° Parallelo.

Il 13 aprile, il lancio da parte nordcoreana di un nuovo Hwasong-18 intercontinentale è stato quasi ignorato dai media mondiali, ormai assuefatti ai test ordinati da Kim. Ma secondo gli analisti, quel nuovo Hwasong-18 può cambiare l’equilibrio strategico: è alimentato a combustibile solido, caratteristica che accorcia di molte ore i preparativi per un attacco e darebbe poco tempo alla difesa americana per individuarlo e tentare di distruggerlo in volo. Tradotto: le città degli Stati Uniti sono potenzialmente più vulnerabili di fronte agli ordigni nucleari della Nord Corea. La domanda a questo punto è: gli Stati Uniti rischierebbero davvero l’attacco nucleare su una loro città per difendere la Sud Corea? La «Washington Declaration» serve a togliere la tentazione a Kim di tentare la sorte.

7. Ucciso il terrorista dell’Isis che pianificò l’attentato di Kabul

imageI marine americani ad Abbey Gate, uno degli ingressi dell’aeroporto di Kabul, pochi minuti prima dell’esplosione che il 26 agosto 2021 uccise 180 persone (foto Ap)

(Guido Olimpio) La presunta mente della strage all’aeroporto di Kabul è stata uccisa. Il terrorista dello Stato Islamico — secondo una ricostruzione fornita da fonti Usa — è morto in seguito ad un’operazione condotta dai talebani nel sud dell’Afghanistan. Il 26 agosto 2021 durante la caotica evacuazione dalla capitale afghana un attentatore jihadista si è fatto saltare tra la folla che premeva ad uno degli ingressi dello scalo. Oltre 180 le vittime, compresi 13 militari americani.

Gli ex guerriglieri ora al potere hanno intensificato le azioni contro i seguaci del Califfato, movimento presente nelle aree extraurbane ma anche nelle città con piccole cellule. Tra i documenti segreti del Pentagono usciti in queste settimane ve ne è uno che segnala come l’Afghanistan continua a rappresentare una minaccia verso l’esterno.

8. È stato arrestato in Cina l’editore taiwanese «scomparso»

imageLi Yanhe in una foto diffusa dalla sua casa editrice

(Guido Santevecchi) È sotto inchiesta «per attività che mettono in pericolo la sicurezza nazionale della Repubblica popolare cinese» l’editore di Taiwan scomparso a marzo durante una visita a Shanghai. Li Yanhe ha pubblicato a Taipei libri critici con il governo di Pechino, sia per quanto riguarda la storia, sia sul fronte della repressione nello Xinjiang sia sul versante della politica internazionale di Xi Jinping. Nato in Cina, l’editore si era trasferito nell’isola nel 2009 e aveva fondato la Gusa Publishing.

Lo scorso marzo Li Yanhe era andato in Cina a visitare i parenti rimasti a Shanghai, prendendo come spunto la ricorrenza di Qingming, il giorno in cui i cinesi onorano i defunti. Da allora era scomparso. Una settimana fa alcuni giornalisti e intellettuali taiwanesi avevano dato l’allarme, chiedendo notizie sulla sorte dell’editore. Ora a Pechino l’Ufficio Affari di Taiwan, che si occupa dell’isola considerandola una provincia cinese, ha annunciato che i servizi di sicurezza comunisti si stanno occupando di Li Yanhe «in conformità con la legge». E la legge di Pechino non permette di pubblicare libri o scritti che criticano la «saggia politica» del Partito-Stato.

Li Yanhe è originario della provincia settentrionale cinese di Liaoning. Si trasferì a Shanghai quando aveva vent’anni per studiare letteratura e poi cominciò a lavorare nell’editoria. È emigrato a Taipei nel 2009 dopo aver sposato una giovane taiwanese e ha fondato la Gusa Publishing. Tra i volumi pubblicati, alcuni trattano il tabù (per Pechino) del massacro di Piazza Tienanmen 1989.

«Li non è un estremista», riferisce Wang Chia-hsuan, che per anni è stato editor della Gusa: «Tutte le nostre pubblicazioni sono di carattere accademico, contengono materiale già di pubblico dominio e servono ad offrire un approccio differente da quello ufficiale per comprendere la storia cinese». Una dichiarazione firmata da un gruppo di 40 autori pubblicati da Gusa Publishing per sollevare il caso di Li Yanhe e difenderlo spiega: «A Taiwan, la libertà di espressione è come l’aria che si respira».

9. La nuova vita (a Harvard) di Jacinda Ardern
editorialista

imageJacinda Ardern, 42 anni, ex premier della Nuova Zelanda

Trasloco in vista e nuova vita da accademica per Jacinda Ardern. La ex premier della Nuova Zelanda, fresca di rinuncia alla guida del Paese, ha annunciato su Instagram che si unirà quest’anno all’Università di Harvard, dove grazie a una doppia borsa di studio, farà ricerca e insegnerà su tre questioni a lei care: la leadership, l’intelligenza artificiale e l’estremismo online. Un ambito, quest’ultimo, su cui Ardern è impegnata da tempo attraverso il Christchurch Call, istituito per prevenire la diffusione di contenuti estremisti online, dopo gli attacchi terroristici che nel 2019 provocarono 50 vittime in due moschee neozelandesi.

«Harvard è stato un partner davvero importante nel lavoro di Christchurch Call — ha postato la ex premier — e il mio semestre lì alla fine di quest’anno sarà anche un’opportunità per accettare la prima borsa di studio per la leadership nella governance tecnologica presso il Berkman Klein Center. Non solo questa sarà un’opportunità di collaborare con la comunità di ricerca del centro, ma anche di lavorare sulle sfide relative alla crescita degli strumenti di intelligenza artificiale generativa».

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10. La pensione «attiva» dell’F-117 americano

imageL’F-117 in missione nel sud della California (foto The Drive/Stinkjet)

(Guido Olimpio) L’F 117, un aereo affascinante, continua a svolgere un ruolo anche dopo la «pensione». L’aviazione americana lo usa per testare radar, tattiche, equipaggiamenti. Un appassionato lo ha fotografato durante una missione a bassa quota nel sud della California ed ha postato l’immagine. Il velivolo aveva una traccia radar minore rispetto agli altri, eppure un esemplare è stato abbattuto dai serbi durante la crisi nella ex Jugoslavia.

11. Paolo Banchero è la matricola dell’anno nella Nba
editorialista

imagePaolo Napoleon James Banchero, 20 anni, nato a Seattle da mamma americana e papà italoamericano (foto Ap/John Raoux)

Paolo Banchero è stato eletto «rookie of the year» (esordiente dell’anno) per la stagione 2022-2023 della Nba. L’italoamericano degli Orlando Magic, giocatore che di base è ala ma che ha nella flessibilità il suo pregio, ha vinto il barrage a tre con Jalen Williams, ala degli Oklahoma City Thunder, e Walker Kessler, centro degli Utah Jazz. Paolo era largamente il favorito — il suo allenatore a Orlando, Jamahl Mosley, si era addirittura sbilanciato con un «non c’è storia sul fatto che il titolo andrà a lui» — e la decisione dei giurati ha confermato le aspettative. Questo riconoscimento, però, probabilmente complica ancora di più le speranze dell’Italia di arruolarlo nella Nazionale, a partire già dal Mondiale di fine estate. Ne riparleremo. (Qui tutto quello che c’è da sapere sul campione italoamericano).

Grazie per averci letto fino all’ultima riga! Buona giornata,

Andrea Marinelli

America-Cina esce dal luned al venerd alle ore 13.
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