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L’anatocismo bancario si verifica quando gli interessi, maturati sul conto corrente bancario, vengono addebitati direttamente sul conto e, su di essi maturano ulteriori interessi.

Tale istituto, soggetto a continua evoluzione normativa, è argomento di numerose pronunce giurisprudenziali, ed è altresì, causa di frequente contenzioso giudiziario tra banche e correntisti.

La Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata in tema di anatocismo bancario, con particolare riferimento alla prescrizione del diritto alla restituzione degli interessi anatocistici pagati dal cliente all’Istituto di credito, stabilendo che tale decorrenza si verifica dopo 10 anni dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto corrente. Così ha disposto la Suprema Corte, con la sentenza dell’ 8 novembre 2016 – 7 febbraio 2017, n. 3190.

Nella vicenda in oggetto, una società aveva citato in giudizio la propria banca contestando illegittima applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, e la Corte d’Appello aveva condannato l’Istituto bancario alla ripetizione delle somme da questo indebitamente percepite. Avverso tale pronuncia, la banca ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, tra l’altro, la violazione degli artt. 1831, 1857, 2033 e 2946 cod. civ., in quanto asseriva che la Corte d’Appello avrebbe omesso di applicare correttamente la disciplina dell’indebito oggettivo sotto il profilo del decorso della prescrizione alle cadenze periodiche previste contrattualmente, per la determinazione dei saldi intercontrattuali.

La Cassazione ha ritenuto infondata tale censura, in quanto, riaffermando un principio consolidato, espresso da diverse pronunce della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la prescrizione in ordine all’indebito sopraindicato, decorre da quando esso si è verificato, ovvero non oltre dieci anni prima dalla chiusura del conto.

Inoltre, la Corte ha richiamato la massima ufficiale della sentenza n. 24418 del 2010 delle S.U. che ha definito la decorrenza della prescrizione in tali fattispecie: “L’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati. Infatti, nell’anzidetta ipotesi ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacché il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del solvens con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell’accipiens”.

L’orientamento è stato costantemente seguito e, recentemente, ribadito nella pronuncia n. 10713 del 2016.

Sulla scorta delle suesposte argomentazioni, la Cassazione ha rigettato il ricorso condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della controparte.

Sul tema si segnala:

(Altalex, 12 aprile 2017. Nota di Maria Elena Bagnato)

 

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