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Sanzioni ridotte fino a un terzo. E più in generale addio a maggiorazioni che portano i contribuenti in ritardo con il versamento delle tasse o che hanno commesso errori nella compilazione della dichiarazione dei redditi a riconoscere all’Erario anche il 240 per cento della cifra dovuta. Il nuovo tetto massimo è pari al 120 per cento. E chi prova a mettersi in regola con la rateizzazione non rischia più la confisca del bene. 

LA DELEGA

Ieri il Consiglio dei ministri ha approvato il nono decreto attuativo della delega fiscale, quello relativo alle sanzioni amministrative e penali, proposto dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. E il premier Giorgia Meloni – anche per rispondere a chi parla di una nuova sanatoria – ha sottolineato che «nel 2023 abbiamo avuto il record nel recupero dalla lotta all’evasione fiscale, 35 miliardi: non lo abbiamo fatto vessando i cittadini, con i metodi usati in passato, quando si faceva la caccia al gettito e si cercavano soldi creando problemi per forza». Per aggiungere: «Noi abbiamo fatto una riforma fiscale attesa da cinquant’anni, che ricostruisce il rapporto fra il Fisco e il cittadino, che non è più considerato suddito».

 

Più in generale, come detto, la sanzione non potrà superare il 120 per cento se non si presenta la dichiarazione dei redditi, quella dell’Irap o la dichiarazione del sostituto d’imposta. Nei casi nei quali il contribuente dichiara al Fisco meno di quanto accertato, il limite massimo scende dal 180 per cento al 70. Stangata se viene riscontrato un comportamento fraudolento: si paga anche il doppio. 

In una nota il viceministro all’Economia, Maurizio Leo, sottolinea che le nuove multe sono state «avvicinate ai parametri europei, introducendo un principio di maggiore proporzionalità». Anche il viceministro respinge le critiche di sconti verso gli evasori: «Verranno colpiti i comportamenti fraudolenti, simulatori ed omissivi a danno del fisco. Lo Stato infatti deve venire incontro ai contribuenti onesti, ma non può e non deve abbassare la guardia nei confronti di coloro che fanno i furbi». 

Il governo quindi si muove nell’ottica della compliance. «Per le sanzioni penali – continua Leo – verranno adeguate le norme relative alla non punibilità agli indirizzi emersi dalla giurisprudenza, aiutando chi non può pagare per cause di forza maggiore, chi decide comunque di mettersi in regola, anche attraverso la rateizzazione, pagando l’intera imposta, le sanzioni (ridotte) e gli interessi». In questa direzione condizioni migliori, e senza maggiorazioni, a chi aderisce ad accertamento con adesione, conciliazione giudiziale o ravvedimento», evitando il contenzioso.
Tornando alle modifiche sulle sanzioni amministrativi, quella per omissione per la registrazione degli atti oscillerà tra il 45 e il 120 per cento della somma dovuta, mentre per gli atti non presentati o negati durante ispezione si pagherà tra i 250 e i 2mila euro. Per i disallineamenti sulla dichiarazione di successione il dovuto è tra i 250 e i mille euro. Idem per le dichiarazioni infedeli. Sanzioni tra i 150 e i 500 euro in caso di omissioni nelle successioni, mentre non riconoscere l’imposta di bollo comporterà una maggiorazione dell’80 per cento sulla somma iniziale.

RECLUSIONE

Sul fronte penale, rischia dai sei mesi ai due anni di reclusione «chiunque non versa, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta» le imposte dovute «per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo di tassazione». Non ci sarà punibilità, quindi rischio di condanna, se il disallineamento è dovuto «a cause non imputabili all’autore» relative alle ritenute o all’incasso dell’Iva oppure in caso di «inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o sovraindebitamento di terzi». 

 

 

Più in generale – e in ottica di contenzioso – il governo definisce “crediti non spettanti” quelli «fondati su fatti reali non rientranti nella disciplina attributiva per il difetto di specifici elementi» o «per la relativa eccedenza, quelli fruiti in misura superiore a quella prevista». Mentre rientrano tra “i crediti fondati” quelli basati su «fatti reali rientranti nella disciplina attributiva», ma «in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi di carattere strumentale». A meno che, però, il contribuente non abbia già chiesto di sanare la sua posizione con una rateizzazione. Non scatterà, invece, il sequestro dei beni, «se il debito tributario è in corso di estinzione mediante rateizzazione, anche a seguito di procedure conciliative o di accertamento con adesione». Per attutire il peso delle sanzioni si può ricorrere alla compensazione con «crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, nei confronti delle amministrazioni statali per somministrazioni, forniture e appalti». Ma soltanto «su specifica richiesta del creditore». 

Intanto sul fronte della lotta all’evasione, e come anticipato ieri dal Messaggero, il Fisco ha già pianificato le prossime mosse. In quest’ottica il nuovo Piano integrato di attività 2024-26 dell’Agenzia delle Entrate prevede per il prossimo triennio almeno 320mila controlli sostanziali l’anno e l’invio di 3 milioni di lettere per invitare i contribuenti a regolare le loro posizioni. 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Il Messaggero

 

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