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Aveva 53 anni Michele Verdi, titolare di un’azienda zootecnica tra Laterza e Altamura, suicidatosi la mattina del 4 gennaio scorso. Temeva di perdere tutto: casa, allevamento e capannoni, a causa della procedura esecutiva scaturita da una situazione finanziaria difficile, ma con una prospettiva di soluzione positiva. La sua azienda, secondo la stima del consulente tecnico d’ufficio, valeva 330.000 euro. Ma era stata messa all’asta e stava per essere venduta a meno del decimo del suo valore: una vita intera di lavoro e sacrifici che finiva nel nulla, una sofferenza enorme sempre più difficile da sopportare, anche se si intravedeva una via d’uscita. Temendo di non riuscire a uscire da questa insopportabile situazione, Michele Verdi si è suicidato proprio nel giorno in cui un potenziale acquirente era andato a vedere la sua proprietà assieme al professionista delegato. Giovedì 4 gennaio si è allontanato dalla casa in cui viveva con la moglie e ha raggiunto il capannone più lontano. S’è issato su un trattore e per arrivare al soffitto è salito su alcune balle di fieno accatastate, poi s’è impiccato. L’ha trovato un amico allertato dalla moglie, preoccupata perché il marito non si era presentato all’incontro fissato con chi voleva valutare la masseria prima di partecipare all’asta. 

I problemi iniziati 10 anni prima e poi aggravati dal Covid

Le sue peripezie hanno avuto inizio una decina di anni fa, quando gli acquirenti del latte prodotto dai suoi animali cominciarono a ritardare i pagamenti e a non pagarlo affatto. Accese un mutuo agrario di 60 mila euro per far fronte alle difficoltà del momento ingigantite, in seguito, dal rallentamento delle attività per la pandemia da Covid, che gli impedirono di continuare ad estinguere il debito iniziale. Rimanevano ancora 40 mila euro da restituire, non più alla banca, ma a due società di recupero crediti. Un impegno comunque gravoso che angustiava molto l’imprenditore il quale, a questo punto, era stato affiancato dall’avvocato Antonella Semeraro e dal «Movimento per la legalità» con la sua presidente Rachele Ciardo. Il legale aveva raggiunto un accordo con le due società, offrendo la somma della vendita dell’azienda scansionata in rate mensili per bloccare la vendita all’asta il cui inizio era fissato per il 16 gennaio. L’aggiudicazione non era ancora avvenuta perché le precedenti aste, partite da 330 mila euro, erano tutte andate deserte portando il prezzo base a 24.700 euro, a furia dei ribassi del 25 per cento susseguitisi uno all’altro. Dal 16 sarebbero partiti i rilanci da mille euro l’uno. La proposta dell’avvocato era stata accettata dai creditori, quindi si intravedeva una via d’uscita. Ma Michele Verdi avrebbe dovuto versare i primi acconti, operazione mai fatta per mancanza di liquidità. 

Il giudice ha sospeso la vendita all’asta, il subentro della moglie

Il 4 gennaio, di fronte alla visita del possibile offerente, ha pensato che la partita fosse ormai chiusa e si è suicidato. Il giorno dopo l’avvocato Semeraro ha presentato istanza di sospensione per il grave evento e il giudice l’ha concessa sospendendo così, di fatto, le operazioni di vendita. Intanto la moglie, co-obligata, subentrerà al marito negli accordi con le due società nel tentativo di salvare le proprietà.  «Era una gran brava persona – ha detto l’avvocato – un gran lavoratore».  

 

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