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Nota a ABF, Collegio di Bologna, 20 gennaio 2022, n. 1328.

di Antonio Zurlo

 

La controversia de qua verte sull’accertamento della nullità di una fideiussione omnibus rilasciata a garanzia delle obbligazioni di una società cooperativa, di cui la parte ricorrente risultava socia. In proposito, il Collegio di Coordinamento[1] ha stabilito che «nel caso di una persona fisica che abbia garantito l’adempimento delle obbligazioni di una società commerciale, spetta al Collegio giudicante determinare se tale persona abbia agito nell’ambito della sua attività professionale o sulla base dei collegamenti funzionali che la legano a tale società, quali l’amministrazione di quest’ultima o una partecipazione non trascurabile al suo capitale sociale, o se abbia agito per scopi di natura privata.». Nella fattispecie allora esaminata, il Collegio ha rilevato che «non risultano agli atti elementi tali da indurre a contestare l’esposizione del ricorrente, che come anticipato si è autoqualificato come “consumatore”. Non emerge il possesso al momento del rilascio della garanzia di una partecipazione non trascurabile al capitale della società, oppure l’assunzione di cariche sociali. Al contrario, la natura di cooperativa edilizia della società garantita e le finalità stesse della garanzia (agevolare la concessione di un finanziamento alla società per la realizzazione degli immobili programmati) lascia ipotizzare che il garante non sia stato mosso esclusivamente da favor societatis ma anche dall’interesse mutualistico a diventare proprietario di un immobile. Accertata la qualifica di consumatore del ricorrente, e risolta in tal modo la questione di competenza sollevata dal Collegio di Napoli, ne consegue che il presente Collegio di coordinamento non può anche decidere nel merito la domanda, in quanto riunito in composizione “non consumatori”. Il ricorso deve essere pertanto rimesso nuovamente al Collegio di Napoli, affinché ne prosegua la trattazione nella composizione “consumatori”.».

Più di recente, lo stesso Collegio di Coordinamento ha ribadito tali principi[2] (richiamando il proprio precedente del 2016 e l’ordinanza della Corte di Giustizia UE del 19 novembre 2015 nella causa C-74/15). In senso avvalorativo è intervenuto anche il recente intervento della Corte di Cassazione[3], che ha considerato consumatore «il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (a anche più attività professionali), stipuli il contratto di garanzia per finalità non inerenti allo svolgimento di tale attività, bensì estranee alla stessa, nel senso che si tratti di atto non espressivo di questa, né strettamente funzionale al suo svolgimento (c.d. atti strumentali in senso proprio).».

Orbene, nel caso di specie, dalla documentazione versata in atti, non possono desumersi gli indici presuntivi della qualifica di “non consumatore”, sì come indicati nelle prefate decisioni del Collegio di Coordinamento (ovverosia, l’amministrazione della società o una partecipazione non trascurabile alla società). Ne deriva, in conclusione, che parte ricorrente possa effettivamente essere considerata alla stregua di un consumatore.

Con riferimento alla asserita violazione della normativa antitrust, l’Arbitro bolognese richiama, anche in questo caso, la decisione del Collegio di Coordinamento[4], rilevando che «… ai sensi dell’art. 33, 2° comma, della legge n. 287 del 1990 (e successive modificazioni), le sezioni specializzate in materia d’impresa sono esclusivamente competenti per «le azioni di nullità e di risarcimento del danno, nonché i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di urgenza in relazione alla violazione delle disposizioni di cui ai titoli dal I al IV. Secondo quanto è stato già chiarito dalla giurisprudenza arbitrale[5], tale disposizione legislativa è applicabile alle domande di accertamento della nullità di intese anticoncorrenziali e di condanna al conseguente risarcimento del danno, ma non alle domande di accertamento della nullità dei contratti stipulati “a valle” di tali intese. Poiché nel presente giudizio si tratta non della nullità dell’intesa anticoncorrenziale, raggiunta mediante lo schema contrattuale uniforme predisposto dall’ABI, ma della nullità del contratto di fideiussione stipulato tra una delle Banche che hanno partecipato a tale intesa e un suo cliente, l’eccezione pregiudiziale sollevata dalla banca resistente è palesemente infondata e deve essere pertanto respinta[6]. L’eccezione è dunque infondata.

Per quanto concerne il primo motivo di asserita nullità del contratto di fideiussione omnibus, il Collegio bolognese rammenta che con il Provvedimento n. 55/2005, la Banca d’Italia abbia disposto che «gli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l’articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287/90.». Analizzando il testo della fideiussione oggetto di ricorso emerge che gli artt. 2, comma 1, 6, comma 1, e 9, comma 1, siano effettivamente riproduttivi delle clausole di cui agli artt. 8, 2, e 6 del modello ABI. In materia, il Collegio di Coordinamento, con la prefata decisione n. 14555/2020, ha enunciato i seguenti principi di diritto: «1. Qualora un contratto riproduca uniformemente i prezzi di acquisto o di vendita o le altre condizioni contrattuali che un’intesa anticoncorrenziale ha fissato in precedenza, le relative clausole contrattuali sono nulle. 2. Per quanto riguarda il prezzo di acquisto o di vendita, in particolare, la nullità della relativa clausola importa la nullità dell’intero contratto, a meno che non siano previsti dalla legge strumenti per integrare tale lacuna (ad es., secondo quanto prevede l’art. 1474 c.c. a proposito della vendita, ovvero l’art. 117, ult. comma, t.u.b. a proposito dei contratti bancari). 3. Per quanto riguarda le altre condizioni contrattuali, la loro nullità importa la nullità dell’intero contratto soltanto quando esse siano essenziali. Quando esse siano invece accessorie, il contratto resta valido per il resto. 4. A tali fini, le clausole contrattuali sono qualificabili come “accessorie” quando, ove esse non fossero state apposte al contratto, quest’ultimo avrebbe comunque avuto un oggetto determinato (o almeno determinabile), ai sensi degli artt. 1346 ss. c.c.; dev’essere peraltro fatta salva la volontà delle parti contraenti di pattuire (espressamente ovvero tacitamente) che una qualsiasi clausola del loro accordo sia “essenziale”. 5. Si tratta di una nullità che può essere fatta valere solo dal ricorrente ed è rilevabile d’ufficio soltanto nel suo interesse. 6. Alla nullità (parziale ovvero totale) del contratto consegue il diritto del ricorrente di domandare la restituzione delle prestazioni ivi previste, ove esse siano state nel frattempo eseguite. 7. Qualora il ricorrente provi di aver subìto un danno a causa dell’intesa anticoncorrenziale, potrà pretenderne il risarcimento a titolo di responsabilità extracontrattuale della parte che abbia partecipato a tale intesa».

Tutto ciò premesso, in assenza di una specifica prova (da parte ricorrente) del carattere essenziale delle clausole de quibus, il Collegio ritiene che debba essere dichiarata la loro nullità parziale, non ostando, a tal fine, la domanda formulata, avente ad oggetto la nullità integrale[7].

 

Qui la decisione.


[1] Il riferimento è alla decisione n. 5368/2016.

[2] Il riferimento è alla decisione n. 14555/20.

[3] Il riferimento è a Cass. n. 742/2020.

[4] Il riferimento è alla decisione n. 14555/20.

[5] Cfr. ABF, Collegio di Milano, 4 luglio 2019, n. 16588.

[6] La posizione del Collegio di Coordinamento è stata avallata dalle più recenti decisioni assunte dai Collegi ABF: ex multis ABF, Collegio di Bologna, n. 17928/2021; ABF, Collegio di Bari, n. 13895/2021.

[7] Cfr. ABF, Collegio di Milano, n. 6498/21; ABF, Collegio di Bologna, n. 4935/21; ABF, Collegio di Napoli, n. 19916/20.


 

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