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All’interno del panorama delle procedure concorsuali italiane, l’Amministrazione Straordinaria rappresenta un peculiare strumento per la gestione della crisi della grande impresa. Una disciplina specificamente dedicata a tutte quelle imprese che, in ragione della loro grandezza e rilevanza sociale, richiedono un particolare intervento di gestione della crisi che non tenga conto solo ed esclusivamente dei problemi che attengono al rapporto tra credito e debito, ma che prenda in considerazione anche tutti quei ulteriori e diversi interessi che emergono dal dissesto, specie quando di grandi dimensioni. Ed invero, l’attività di impresa è un’attività di relazioni. Tanto più è grande l’impresa quanto maggiori sono gli effetti che l’impatto della crisi può avere all’interno del tessuto socio-economico del Paese. Proprio tali motivi hanno da sempre spinto il legislatore ad adottare per le grandi imprese una linea di intervento differente rispetto a quella tradizionalmente proiettata dai comuni strumenti del diritto concorsuale italiano.
Così, al cospetto di una Legge fallimentare (ante riforme) principalmente ispirata a una visione liquidatoria e punitiva, concentrata particolarmente sulla tutela del ceto creditorio, la necessità o l’opportunità di introdurre una specifica disciplina mossa da finalità conservative e finalizzata alla ristrutturazione dell’impresa in crisi è stata colta dal legislatore sul finire degli anni ’70, introducendo attraverso la cd. Legge Prodi una nuova procedura concorsuale, l’Amministrazione Straordinaria delle grandi imprese. Se da un lato la procedura si è mostrata sin dagli esordi come lungimirante rispetto ad un panorama concorsuale ancora legato a vecchie logiche, d’altra parte non può rimanere in ombra il dato per cui lo scenario in cui essa oggi si colloca è profondamente mutato rispetto al passato: il diritto concorsuale italiano è oggi ad un passo da una importante riforma, quella del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, che nel caldo mese di agosto avrebbe già dovuto splendere di propria luce. La grave crisi sanitaria ed economica generata dalla pandemia che attualmente stiamo affrontando, e la grave incertezza che ne è conseguita, ha spinto però il legislatore a posticiparne l’entrata in vigore, avendo dunque dinnanzi a noi ancora una lunga, lunghissima vacatio che ci separa dalla sua piena operatività.
Occorre dunque domandarsi sul ruolo che la procedura di amministrazione straordinaria veste oggi all’interno dell’attuale panorama del diritto concorsuale italiano. Un tema in realtà ampiamente discusso fin quando all’interno della Commissione Rordorf era ancora viva l’opportunità di una riforma in tema di Amministrazione straordinaria, questa immaginata insieme al resto delle procedure concorsuali e all’interno del più ambizioso progetto del nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
Oggi abbiamo un nuovo Codice, ma senza l’amministrazione straordinaria: un elemento che ha generato non pochi rammarichi e che come risultato codifica, almeno per il momento, il dualismo italiano che per tradizione caratterizza il nostro sistema concorsuale: il diritto della crisi d’impresa “comune” da un lato, per tradizione disciplinato all’interno del Regio Decreto 16 Marzo 1942, n. 267 Legge fallimentare e oggi confluito all’interno del nuovo Codice; d’altra parte il diritto speciale dell’Amministrazione Straordinaria, regolato, come vedremo, da norme e principi differenti, oggi, però, non più così lontani.



 

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