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La normativa speciale sugli incrementi volumetrici in deroga ai piani regolatori viene bloccata dalla Corte Costituzionale

Co-firmato a nome di Avv. Fabio Squassoni, che ringrazio pubblicamente.

Il cosiddetto “Piano Casa” è una normativa a carattere straordinario e speciale, devoluta alle regioni, finalizzata a soddisfare l’esigenza di incrementi volumetrici a favore dei piccoli immobili residenziali (generalmente unifamiliari e bifamiliari) e motivata anche da intenti essenziali di riqualificazione energetica e miglioramento della qualità delle costruzioni.

Potremmo meglio dire che il Piano Casa è norma che funziona in parziale deroga rispetto ai seguenti profili, una eccezione alle seguenti discipline:

  • Normativa urbanistico edilizia nazionale (DPR 380/01), senza incidere sulle norme di settore (es. paesaggistica)
  • Legislazione regionale in materia di edilizia e di pianificazione territoriale
  • Strumenti urbanistici di ogni livello (quali Piano Regolatore Comunale comunque denominato) e Regolamenti edilizi locali.

Occorre rammentare pure che si sono già verificate diverse pronunce di incostituzionalità verso alcune norme regionali e loro proroghe del Piano Casa; quella che commentiamo oggi riguarda la sentenza n. 19/2023 di Corte Costituzionale che pone fine all’ennesima tentativo di proroga di una norma nata in via temporanea (Testo integrale sentenza).

Prima un rapido riassunto del Piano Casa (GUIDA GENERALE): la norma fu emanata per innescare la ripresa del settore edilizio in vista dei primi cenni della Crisi immobiliare del 2008/2009, delegando le Regioni ad emanare discipline di dettaglio entro novanta giorni dall’Intesa Unificata Stato-Regioni-Enti locali del 31 marzo 2009.

Al netto delle diverse condizioni, limiti e prescrizioni previste dalla norma nazionale prima e dai recepimenti regionali poi, il Piano Casa prevedeva tipologie di interventi per migliorare la qualità architettonica ed energetica degli edifici consentendo:

  1. incrementi di volumetria esistente entro il limite del 20 per cento di edifici residenziali, con l’incremento complessivo massimo di 200 metri cubi, fatte salve diverse disposizioni regionali che possono comunque incentivare ulteriori bonus volumetrici;
  2. interventi straordinari di demolizione e ricostruzione consentendo un incremento volumetrico per edifici residenziali, da concedersi entro un limite massimo del 35 per cento della volumetria esistente e giustificato da contestuale miglioramento energetico, architettonico e da fonti rinnovabili;
  3. forme e procedure amministrative semplificate per attuare tali interventi edilizi, proprio in funzione della legislazione regionale; ad esempio molte regioni hanno introdotto la possibilità di non richiedere il permesso di costruire, ma di procedere direttamente con la DIA (oggi SCIA) ordinaria, proprio per velocizzare queste forme di trasformazione edilizia.

Infine, nel corso degli ultimi anni alcune regioni hanno interrotto le proroghe del Piano Casa e avviato norme sulla Rigenerazione Urbana.

Il Piano Casa è straordinario, non può essere reiterabile all’infinito.

Questo è il punto su cui è intervenuta per la seconda volta la Corte Costituzionale con la sentenza n. 19/2023, intervenuta avverso la proroga del Piano Casa della Calabria (legge regionale n. 23/2021), confermando quanto già sentenziato rispetto una precedente proroga dello stesso Piano Casa (sentenza C.C. n. 17/2023 e n. 219/2021).

Per quanto attiene la durata e termini di applicabilità del Piano Casa, l’originaria Intesa Stato-Regioni del 2009 non prevedeva un termine di scadenza definitivo, ma concedeva alle leggi regionali una validità «temporalmente definita, comunque non superiore a 18 mesi dalla loro entrata in vigore, salvo diverse determinazione delle singole Regioni.»

Ma si sa, il tempo è tiranno e a quasi quindici anni dal concepimento del Piano Casa ci sono ancora alcune Regioni che hanno inteso prorogare per l’ennesima volta questa norma speciale. Interessante il rilievo che solleva la Corte Costituzionale, per la seconda volta, alla Regione Calabria:

col differimento del termine di cui all’art. 6, comma 12, della stessa legge reg. Calabria n. 21 del 2010 sono state ripetutamente ampliate le possibilità di realizzare interventi edilizi in deroga alla pianificazione urbanistica del territorio. Attraverso la prolungata successione delle proroghe, il legislatore calabrese ha in effetti stabilizzato irragionevolmente una disciplina di carattere derogatorio, introdotta nel 2010 per fare fronte a esigenze di carattere temporaneo.

Con sentenza n. 219 del 2021, questa Corte [Costituzionale] ha già dichiarato l’illegittimità costituzionale del precedente differimento del medesimo termine stabilito dall’art. 4, comma 1, lettera b), della legge reg. Calabria n. 10 del 2020. In questa pronuncia, si è affermato che «nel consentire i richiamati interventi edilizi in deroga alla pianificazione urbanistica per un tempo indefinito, per effetto delle reiterate proroghe […], le citate previsioni finiscono per danneggiare il territorio in tutte le sue connesse componenti e, primariamente, nel suo aspetto paesaggistico e ambientale, in violazione dell’art. 9 Cost. Tale lesione è resa più evidente dalla circostanza che, in questo lungo lasso di tempo, non si è ancora proceduto all’approvazione del piano paesaggistico regionale».

La successione indefinita di proroghe della norma straordinaria equivale a renderla ordinaria

L’uso continuato di una norma derogatoria e straordinaria del Piano Casa si pone in contrasto con le esigenze dell’ordinaria pianificazione territoriale, e tale criterio è già stato confermato anche in altre precedenti pronunce della Corte Costituzionale, vedi sentenze n. 17/2023 avverso Piano Casa Puglia, n. 24 del 2022 e n. 170 del 2021 avverso Piano Casa Sardegna, salvo se altre.

Lo stesso principio è già stato applicato anche verso altre norme regionali che derogavano in tal senso, vedi la sentenza C.Cost. n. 229/2022 avverso il Piano Casa Regione Toscana L.R. 24/2009, ove si ribadisce che le «reiterate proroghe di una disciplina eccezionale e transitoria, volta ad apportare deroghe alla pianificazione urbanistica al fine di consentire interventi edilizi di carattere straordinario, possono compromettere l’imprescindibile visione di sintesi, necessaria a ricondurre ad un assetto coerente i molteplici interessi che afferiscono al governo del territorio ed intersecano allo stesso tempo l’ambito della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.)»

Potremmo dire che il Giudice delle Leggi ha preso una chiara posizione restrittiva in favore della tutela dell’ordinato assetto del territorio, e forse non ha tutti i torti se consideriamo il silenzio del legislatore nazionale, fautore del Piano Casa.

In effetti la reiterazione continuata (e anche aggravata) dei Piani Casa regionali ha finito per comprimere a medio termine la normale disciplina urbanistica ed edilizia, derogandone le procedure e superando le previsioni dei carichi insediativi della strumentazione urbanistica.

Il Piano Casa doveva rimanere una parentesi temporanea, speciale e condizionata, e a quanto pare la Consulta sta ponendo la questione di archiviare questa esperienza nella storia della pianificazione urbanistica italiana.

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