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Il decreto PNRR 2 rinvia di circa due mesi (dal 16 maggio al 15 luglio 2022) l’entrata in vigore del nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019). Questo ulteriore rinvio potrebbe essere utilizzato dalle imprese per un rafforzamento delle funzioni amministrative e di controllo.

Lo scorso 17 marzo, l’Esecutivo ha, inoltre, approvato uno schema di decreto che introduce la definizione di “assetti organizzativi” delle imprese e la codifica dei segnali di allarme per prevenire la crisi d’impresa (di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 14/2019), da aggiornarsi con cadenza triennale, tra cui:

– squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario;

– indici di sostenibilità dei debiti per i sei mesi successivi;

– prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o i sei mesi successivi;

– indici di sostenibilità oneri d’indebitamento con flussi di cassa;

– adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi, ritardi nei pagamenti reiterati e significativi.

Il testo di tale ultimo provvedimento potrà, dunque, essere esaminato con più calma dalle Commissioni parlamentari, che ora potranno sfruttare la proroga al 15 luglio per l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

Il differimento al 15 luglio, apparentemente in linea con il termine ultimo per il recepimento della direttiva UE n. 2019/2013 Insolvency, sembra tuttavia solo un’altra tappa di un percorso apparentemente senza fine. Viene così di fatto mantenuta vigente l’attuale disciplina fallimentare e si rinvia l’efficacia delle nuove norme che mirano ad una gestione più efficiente e conservativa (ove possibile) dei risanamenti aziendali e delle procedure concorsuali.

Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, costituito da 391 articoli, riscrive, infatti, tutta la disciplina delle procedure concorsuali e dell’insolvenza, sostituendosi al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e alla disciplina sulla composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla legge n. 3/2012.

Tra le novità introdotte dal nuovo Codice che, come detto, entrerà in vigore (salvi ulteriori rinvii) il 15 luglio 2022, c’è la considerazione della crisi come un fenomeno fisiologico della vita dell’impresa. Viene, così, eliminato ogni riferimento al termine ‘‘fallimento’’ – sostituito con l’espressione “liquidazione giudiziale” – e con esso ogni connotazione di discredito personale e morale dell’imprenditore insolvente.

Nella nuova normativa non è più centrale l’imprenditore coinvolto nella crisi, bensì l’azienda e il tentativo di conservazione della stessa.

In quest’ottica, l’art. 2 del D.Lgs. n. 14/2019 definisce la “crisi” come lo “stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”. A differenza dell’insolvenza, questa fase non è vista come irreversibile bensì come un periodo di difficoltà momentanea e, pertanto, superabile attraverso una serie di interventi interni all’impresa stessa.

Sin dalla definizione di crisi, è possibile intuire l’obiettivo di una riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali che ha, anzitutto, la finalità di consentire una diagnosi precoce dello stato di difficoltà delle imprese, evitando che il ritardo nel percepire i segnali di crisi di un’impresa possa condurre ad uno stato di crisi irreversibile. In quest’ottica viene introdotto un sistema di allerta allo scopo di consentire la pronta emersione della crisi, nella prospettiva del risanamento. L’intento di fondo è, infatti, quello di preservare, quanto più possibile, l’attività aziendale in crisi a causa di particolari contingenze, garantendo, al contempo, ai creditori l’ottenimento di un, seppur parziale, soddisfacimento del proprio credito ed evitando, altresì, alla collettività le conseguenze negative connesse alla chiusura di un’impresa, soprattutto in termini di perdita di posti di lavoro.

D’altro canto, nelle situazioni che, invece, sono già irrimediabilmente compromesse, si punta a ridurre il più possibile le lungaggini che hanno da sempre caratterizzato la storia dei fallimenti d’impresa, spesso archiviate dopo (troppi) anni, e con percentuali di recupero dei creditori (troppo) prossime allo zero.

In tale rinnovato contesto, nel vigore del nuovo Codice, tutte le imprese dovranno dotarsi di un apparato di controllo, sia organizzativo sia amministrativo-contabile, grazie al quale sarà possibile (si spera) intercettare in anticipo la crisi. Una sorta di “set diagnostico” di cui tutte le imprese dovranno disporre per tenere sotto controllo, nel breve periodo, i flussi di cassa e, nel medio-lungo periodo, il business plan. Questo dovrebbe consentire all’impresa di intervenire per tempo e, nell’ipotesi più promettente, scongiurare la crisi. Si capisce bene come questo sistema deve basarsi su di un sistema contabile e di controllo di gestione opportunamente sviluppato ed evoluto.

Il cuore della riforma della crisi d’impresa è il sistema di allerta. Un sistema di segnalazione tempestiva volto a intercettare anticipatamente la crisi attraverso una diagnosi precoce. In caso di difficoltà dell’impresa, secondo il nuovo Codice della crisi, l’imprenditore deve, infatti, “attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

Una riforma, questa, dunque, con una visione che potremmo definire conservativa delle imprese, volta a contenere il più possibile i rischi di chiusura. In questo processo, un ruolo chiave è riservato al monitoraggio costante degli indicatori di crisi, con particolare riguardo alla sostenibilità degli oneri dell’indebitamento attraverso i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi. La crisi di liquidità, infatti, è un tema centrale per tutte le imprese, che si è reso ancora più evidente e quanto mai pesante con la pandemia da Covid-19, che ha messo in luce la vulnerabilità del sistema imprenditoriale rispetto agli eventi imprevisti ed imprevedibili.

Le imprese, nella vigenza del nuovo Codice della crisi, saranno portate a trasformare questa criticità in un’occasione per adottare strategie più mirate alla gestione del cash flow e, soprattutto, per implementare nuovi strumenti di monitoraggio. Come accennato, questo significa che la funzione amministrativa e di controllo diviene a tutti gli effetti, ancora una volta, strategica, al pari o addirittura in modo maggiore di altre funzioni aziendali: per questo motivo la stessa andrà correttamente supportata e sostenuta con gli investimenti necessari.

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