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La “pace edilizia”: ecco in cosa consiste e quali abusi copre.

Una “pace edilizia”: è questo il nome dato dal Ministro Salvini al nuovo condono edilizio che il Governo si appresta a varare. La sanatoria coprirà piccoli e grandi abusi edilizi di cui il patrimonio immobiliare italiano è pieno, specie quello all’interno dei centri storici.

Scopo del nuovo condono è di consentire a numerosi proprietari di abitazioni al cui interno sono state realizzate opere senza permesso di costruire o in difformità dalla licenza edilizia di poter ristrutturare o vendere senza incappare nelle consuete difficoltà che la legge prevede in ipotesi del genere. Ma per chi vale la pace edilizia? Cosa copre il nuovo condono?

Cerchiamo di fare il punto della situazione alla luce delle misure rese note direttamente sul sito del Ministero dei Traporti e delle Infrastrutture.

Cosa copre il nuovo condono edilizio?

La pace edilizia consiste in «una serie di misure che mirano a regolarizzare le piccole difformità o le irregolarità strutturali che interessano, secondo uno studio del Consiglio nazionale degli ingegneri, quasi l’80% del patrimonio immobiliare italiano».

Sarà possibile sanare:

  • le difformità di natura formale, legate alle incertezze interpretative della disciplina vigente;
  • le difformità edilizie interne, riguardanti singole unità immobiliari, a cui i proprietari hanno apportato lievi modifiche (tramezzi, soppalchi, etc.);
  • le difformità che potevano essere sanate all’epoca di realizzazione dell’intervento, ma non sanabili oggi a causa della modifica dei regolamenti urbanistici comunali (la legge infatti permette la sanatoria solo se sussiste la cosiddetta “doppia conforme” ossia la conformità dell’opera ai piani urbanistici in vigore all’epoca della realizzazione dell’opera e al momento della presentazione della domanda di sanatoria stessa).

Sarà infine possibile autorizzare i

cambi di destinazione d’uso degli immobili tra categorie omogenee.

Sono dunque queste le linee di indirizzo – ha dichiarato il Ministero – su cui gli uffici si sono mossi a seguito anche delle proposte raccolte nelle precedenti riunioni sul tema e delle indicazioni degli enti locali che hanno sul tavolo centinaia di richieste di sanatoria che giacciono da tempo e attendono una definizione. In questo modo le stesse troveranno “soddisfazione” già a livello normativo statale e non necessiteranno più di approvazione da parte del Comune.

Obiettivi

L’obiettivo principale della pace edilizia è quello di:

  • smaltire il contenzioso edilizio: si stima che in Italia vi siano milioni di pratiche edilizie arretrate, che bloccano il mercato immobiliare e creano incertezza per i cittadini;
  • riqualificare il patrimonio edilizio: la regolarizzazione degli abusi edilizi potrebbe permettere di avviare interventi di riqualificazione energetica e di messa in sicurezza degli edifici;
  • fare cassa: il condono potrebbe generare entrate per le casse dello Stato.

Cosa potrebbe sanare il nuovo condono?

La pace edilizia comporterà la regolarizzazione di:

  • piccole difformità;
  • irregolarità degli immobili.

Si tratta di elementi come tramezzi, soppalchi, finestre e aperture di vario tipo che, in migliaia di casi, risultano disallineati tra la documentazione depositata presso i Comuni e la realtà delle costruzioni. Questo crea rallentamenti amministrativi a livello dei municipi e, dal lato dei cittadini, problemi nella gestione e nell’utilizzo degli immobili, ad esempio al momento della vendita o della ristrutturazione.

La pace edilizia potrebbe sanare diverse tipologie di abusi edilizi, tra cui:

  • interventi realizzati in assenza di permesso di costruire
  • interventi realizzati in difformità dal permesso di costruire
  • mancanza di autorizzazione paesaggistica
  • cambi di destinazione d’uso non autorizzati

In particolare viene precisato che il condono riguarderà:

  • difformità di natura formale, come il disallineamento tra il progetto e quanto materialmente realizzato in cantiere;
  • difformità interne, come le modifiche stratificate nei decenni, ad esempio con gli spostamenti di tramezzi e le aperture di porte;
  • difformità più pesanti, non sanabili per effetto del regime della doppia conformità, che richiede il rispetto di un incrocio di verifiche difficile da superare per moltissimi interventi.

Il

primo caso è quello più semplice e riguarda i problemi di natura formale. «Tipicamente riguarda errori di rappresentazione nel progetto che sono stati corretti al momento dell’esecuzione in cantiere – spiega Pistolesi – e che quindi creano un disallineamento tra il progetto assentito, le mappe catastali e la realtà degli immobili». Per i lavori realizzati prima del 1977 (anno della legge Bucalossi) non esisteva la possibilità di effettuare varianti in corso d’opera, quindi queste modifiche, anche se rientravano in varianti definite “leggere” o non essenziali, non venivano corrette e oggi creano le difformità. Un esempio: una finestra che era sul progetto e poi non è stata realizzata o un cornicione che era di 30 centimetri ma che nella realtà è di mezzo metro.

Il secondo caso riguarda le difformità interne non semplicemente formali. I casi pratici possono essere diversi. Spiega ancora Pistolesi: «Prima del 1977 quando si faceva il progetto di un edificio non si presentavano le planimetrie di tutto, ma bastava un “piano tipo”. In fase di realizzazione degli immobili, poi, alcuni elementi venivano modificati. Si faceva un bagno in più, si spostava un tramezzo, si divideva una stanza. Queste modifiche oggi sono altrettante difformità». A questo si aggiunge il caso, anche questo frequente, delle modifiche interne intervenute nei decenni (e magari non sempre dichiarate), con l’effetto di stratificare elementi su elementi che oggi è difficile giustificare. Anche questi interventi diventeranno sanabili.

Il terzo caso è quello delle difformità che potevano essere sanate al momento della realizzazione dell’intervento ma che adesso non sono più regolarizzabili per effetto del meccanismo della doppia conformità. In base al Testo unico edilizia, oggi possono essere sanati solo gli elementi conformi alle regole del momento di realizzazione degli elementi e del momento di richiesta della sanatoria.

È un doppio paletto che il decreto Salvini intende eliminare. Facendo comunque salva la regolarità urbanistica: non si potranno cioè sanare immobili costruiti dove è vietato costruire. «Ad esempio, oggi le norme consentono di fare un vano tecnico per gli impianti in un cortile, con certe caratteristiche. Se però quell’elemento è stato realizzato anni fa in assenza di titolo, si tratta di un abuso sul quale queste norme potrebbero intervenire», dice ancora Pistolesi.

Cambiano le tolleranze costruttive

Oltre al taglio della doppia conformità, l’altra modifica chiave è rappresentata dalle tolleranze costruttive

, cioè quel margine di errore rispetto a quanto dichiarato che le norme rendono legittimo. Oggi è pari al 2%, ma potrebbe essere incrementato, anche se in modo differenziato a seconda degli immobili.

Cosa non copre la nuova pace edilizia?

Probabilmente la pace edilizia non includerà:

  • abusi edilizi gravi
  • abusi edilizi in aree vincolate
  • edifici realizzati in zone a rischio sismico o idrogeologico.

Quando entrerà in vigore la nuova sanatoria?

Secondo il Ministero, la nuova pace edilizia dovrebbe entrare in vigore tra circa un mese.

Semplificazione della Conformità Edilizia

Un aspetto cruciale della proposta riguarda la revisione della cosiddetta “doppia conformità”. Attualmente, per regolarizzare opere realizzate senza autorizzazione o in difformità da permessi esistenti, è necessario che queste siano conformi sia alle normative vigenti al momento della loro realizzazione sia a quelle in atto al momento della richiesta di sanatoria. Questo requisito, spesso, rappresenta un ostacolo significativo per molte pratiche. La proposta del MIT è di rendere sufficiente la conformità in uno dei due periodi considerati, semplificando così il processo di regolarizzazione.

Adeguamento delle tolleranze costruttive

Un altro punto importante è l’adeguamento delle tolleranze costruttive. La normativa attuale prevede che le variazioni fino al 2% rispetto al titolo edilizio siano accettabili. Tuttavia, questa percentuale, sebbene ragionevole per costruzioni recenti, risulta spesso inadeguata per edifici più antichi, i quali possono presentare discrepanze maggiori a causa di standard costruttivi e progettuali meno precisi. Per questo motivo, si valuta l’opportunità di elevare la soglia di tolleranza, ad esempio al 5%, per gli edifici costruiti prima del 1985.

Dichiarazione di stato legittimo degli immobili

Il terzo punto riguarda la possibilità di riconoscere come legittimo lo stato di fatto degli immobili costruiti prima del 1967, periodo in cui non era prevista l’emissione di titoli edilizi. Questo consentirebbe di sanare piccole irregolarità interne, a patto di non includere situazioni di abuso grave.

Costi della regolarizzazione

La regolarizzazione di irregolarità edilizie non sarà esente da costi. L’idea è di calibrare l’onere economico in base al grado di deviazione dalle norme di conformità edilizia, assicurando che i costi riflettano l’entità delle difformità.

Situazioni tipiche

La proposta mira a intervenire su specifiche situazioni ricorrenti. Un esempio frequente è l’acquisto di un immobile la cui planimetria non corrisponde all’organizzazione effettiva degli spazi interni. In questi casi, si prevede la possibilità di regolarizzare la situazione, purché non siano compromessi i diritti di terzi. Un altro scenario riguarda gli immobili costruiti prima degli anni ’60, per i quali spesso manca documentazione che ne attesti lo stato legittimo, rendendo problematica qualsiasi ristrutturazione. Anche in questo caso, la proposta prevede una via per la regolarizzazione.

Quanti sono gli immobili interessati alla nuova sanatoria?

Secondo uno studio del Consiglio nazionale degli ingegneri, la pace edilizia interessa quasi l’80% del patrimonio immobiliare italiano.

La consigliere del Consiglio nazionale degli Ingegneri, Irene Sassetti, ha partecipato attivamente ai tavoli con il ministero. Pone «l’accento su due esigenze improcrastinabili: giungere rapidamente ad una riforma del testo unico dell’Edilizia, e procedere ad una sostanziale revisione e riorganizzazione dei piani e delle sottostanti politiche per l’edilizia pubblica residenziale, che deve progressivamente virare verso un perimetro più ampio ed articolato rispetto a quello del passato, configurandosi come un piano per il social housing in senso lato. Sulla proposta di “riformulazione” di un Piano casa per l’Italia già il Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha trasmesso agli uffici del MIT, nello scorso mese di gennaio, un breve documento con prime ipotesi per un nuovo “percorso programmatico”. Dalle analisi del nostro Centro Studi è emersa la necessità di capire esattamente lo stato del costruito in ambito di edilizia residenziale privata, per comprendere se vi siano i margini per ristrutturazioni profonde o per l’abbattimento e la ricostruzione. Ma estremamente interessante è soprattutto il tema di eventuali rigenerazioni di quartieri periferici in cui si apre al social housing, ovvero ad alloggi ed edifici di buona qualità, a prezzi “calmierati” destinati non necessariamente solo a famiglie a basso reddito ma a lavoratori, studenti o persone anziane».

Critiche

La pace edilizia è stata criticata da alcune associazioni ambientaliste e da alcuni esponenti dell’opposizione, che la considerano un incentivo all’abusivismo edilizio e un ostacolo alla riqualificazione urbana.

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