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In caso di contratto di compravendita immobiliare nullo per difetto di forma, cui le parti abbiano tuttavia dato esecuzione, l’accertamento di un possesso utile ai fini dell’usucapione può conseguire unicamente al verificarsi di un atto di interversione. Non rilevano a tal fine comportamenti (quali il trasferimento della residenza o l’attivazione di utenze ad opera degli “acquirenti”) potenzialmente identificabili anche con una mera detenzione qualificata.

Questo è quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione, sezione II civile, che con l’ordinanza n. 21726 (scarica il testo in calce), depositata lo scorso 27 agosto, si è pronunciata sulla questione sottesa alla richiesta di restituzione di un immobile, ceduto mediante un contratto di compravendita concluso verbalmente e al quale le parti avevano poi dato esecuzione, senza però mai stipularlo in via formale.

Sommario


I fatti di causa

Nel marzo 2005 una società edile aveva agiva in giudizio nei confronti di due coniugi per ottenerne la condanna al rilascio di un appartamento che asseriva occupassero senza titolo.

I convenuti si costituivano in giudizio eccependo di aver acquistato l’appartamento dalla società attrice, cui avevano peraltro pagato il prezzo e dalla quale erano stati immessi nel possesso del bene con consegna delle relative chiavi. In via riconvenzionale invocavano l’accertamento dell’intervenuto acquisto del bene in proprio favore per usucapione.

Con sentenza del 2011 il Tribunale di Bari, sezione distaccata di Bitonto, respingeva la domanda principale ed accoglieva invece la riconvenzionale proposta dai convenuti, dichiarandone l’intervenuto acquisto per usucapione della proprietà dell’appartamento oggetto di causa e condannando la società attrice al pagamento delle spese del giudizio.

A seguito dell’appello proposto dalla società, la pronuncia di primo grado veniva confermata anche dalla Corte d’Appello di Bari, che in base ad una serie di circostanze (consegna delle chiavi ai coniugi, intestazione delle utenze a loro nome) riteneva desumibile che questi avessero instaurato una signoria di fatto sull’immobile, tale da configurare l’animus possidendi e dunque un possesso utile ai fini dell’usucapione.


Il ricorso per cassazione: i motivi

Contro la decisione resa in appello la società edile proponeva ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi.

In primo luogo contestava l’erronea ricostruzione del rapporto intercorso tra le parti: dal momento che era stata accertata l’immissione dei coniugi nella disponibilità dell’immobile in base ad un rapporto di locazione, ciò avrebbe dovuto integrare detenzione e non possesso, dunque una relazione di fatto con il bene inidonea a consentire il maturare dell’usucapione.

La Corte barese avrebbe inoltre omesso di considerare che tale immissione nell’immobile era avvenuta (per stessa ammissione dei contro ricorrenti) a seguito del pagamento del prezzo di acquisto pattuito verbalmente tra le parti.

Il rapporto di fatto con la cosa sarebbe quindi derivato da un atto non contrastante con la volontà del proprietario, precludendo pertanto il maturare, in favore dei coniugi, della presunzione di possesso prevista dall’art. 1141 c.c. ed utile ai fini dell’usucapione.

Tale presunzione era stata invece erroneamente riconosciuta in favore dei controricorrenti, senza tener conto che la loro relazione di fatto con la cosa era nata come detenzione e come tale era perdurata, in difetto di qualsiasi atto di interversione utile a mutarla in possesso.

La società evidenziava infine il carattere contraddittorio della motivazione resa dalla Corte di merito, che dopo aver affermato l’esistenza di una detenzione titolata in capo ai controricorrenti (in base all’asserito rapporto locativo) concludeva ritenendo tale rapporto utile ai fini dell’usucapione.

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La pronuncia della Cassazione: la motivazione della Corte di merito non è contraddittoria

Prima esaminare la fattispecie sottesa al giudizio la Suprema Corte evidenzia come non vi sia contraddittorietà nella motivazione resa dalla Corte d’Appello, trattandosi di statuizioni riferite a domande differenti.

La Corte di merito si è infatti limitata ad affermare la natura titolata del rapporto instauratosi tra i controricorrenti ed il bene solo in relazione al rigetto della domanda principale e unicamente allo scopo di evidenziare che la relazione con la res era fondata su una relazione giuridica esistente tra le parti, non potendo quindi dirsi priva di titolo.

Per contro, la ricostruzione del rapporto con la cosa in termini di possesso, utile ai fini dell’usucapione, è stata proposta unicamente in relazione alla domanda riconvenzionale dei convenuti, finalizzata appunto ad un accertamento in tal senso.


Usucapione e nullità del titolo

Passando a esaminare il merito della questione la Corte evidenzia come si sia in presenza di un contratto di compravendita immobiliare nullo per difetto di forma.

Per stessa ammissione dei coniugi questi avevano infatti conseguito la materiale disponibilità dell’alloggio in esecuzione di un contratto di compravendita concluso verbalmente tra le parti, cui le stesse avevano poi di fatto dato esecuzione ma che non avevano mai formalizzato, decretandone così la nullità.

E’ infatti pacifico, osserva la Corte, che l’accordo verbale non possa in alcun modo sopperire al requisito della forma scritta prescritto a pena di nullità per la compravendita immobiliare.

La Corte ritiene poi utile richiamare il principio affermato dalle Sezioni Unite in tema di promessa di vendita con effetti anticipati, secondo cui quando le parti convengono che un bene immobile sia consegnato prima della stipula del rogito definitivo di compravendita non si assiste ad una anticipazione degli effetti traslativi del contratto ma la disponibilità del bene da parte dell’acquirente si fonda su un contratto di comodato, funzionalmente collegato alla compravendita e produttivo di meri effetti obbligatori.

Ne consegue che, pur immesso anticipatamente nella disponibilità del bene, il soggetto non ne è possessore ma detentore qualificato, situazione, quest’ultima, inidonea ai fini dell’usucapione, salvo che intervenga un atto di interversione utile a far maturare in suo favore il decorso temporale utile ai fini dell’usucapione (in tal senso Cass. SS.UU., sent. n. 7930 del 27.03.2008, Rv. 602815; Cass., Sez. II, Sent. n. 5211 del 16.03.2016, Rv. 639209).

E’ quindi necessario valutare se tale conclusione si imponga anche in caso di usucapione fondata su un titolo affetto da nullità.

La risposta della Corte è positiva e muove dalla giurisprudenza in materia di donazione nulla, secondo cui anche quest’ultima è titolo idoneo ai fini dell’usucapione abbreviata, purché debitamente trascritta.

Ciò a ribadire il principio per cui, affinché la relazione di fatto tra un soggetto ed il bene possa configurarsi come possesso e non mera detenzione occorre un atto ulteriore, idoneo ad esternare la volontà di costui di comportarsi come unico proprietario del bene, che in caso di usucapione decennale abbreviata è appunto rappresentato dalla trascrizione nei registri immobiliari, espressamente menzionata all’art. 1159 c.c.

Gli Ermellini osservano pertanto che la Corte d’Appello non ha affrontato adeguatamente il tema inerente la natura del rapporto instauratosi in capo ai coniugi, limitandosi per contro a far discendere un possesso utile ai fini dell’usucapione da circostanze quali l’intestazione delle utenze a loro nome ed il trasferimento della residenza in quel luogo da oltre vent’anni, che tuttavia potrebbero integrare anche una mera detenzione qualificata, non essendo stata accertata l’esistenza di un atto di interversione utile a mutarla in possesso ai fini richiesti.

Sulla base di tali premesse, la Suprema Corte, in parziale accoglimento dei motivi di ricorso, rinvia la causa alla Corte d’Appello di Bari affinché proceda a valutare nuovamente il rapporto concretamente esistente tra le parti al fine di determinare se, pur in presenza della evidente causa di nullità del contratto di compravendita tra loro intercorso, possa configurarsi un possesso utile ad usucapionem e l’eventuale acquisto del diritto di proprietà a tal titolo in capo ai controricorrenti.

CASSAZIONE CIVILE, ORDINANZA N. 21726/2019 >> SCARICA IL TESTO PDF

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