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Il passaggio di consegne resta fissato all’1 marzo, poi le Zone economiche speciali (Zes) del Sud Italia, tra cui quelle pugliesi, convergeranno nella Zes unica Meridionale. Lo switch sarebbe dovuto avvenire l’1 gennaio, ma il ministro per la Coesione e per il Sud, Raffaele Fitto, ha prorogato di due mesi i commissari, in modo da rendere quanto più omogeneo possibile il passaggio di consegne ai vertici della Struttura di missione della Zes unica, nominati dallo stesso ministro qualche settimana fa e coordinati da Antonio Caponetto.
Per mettere al meglio a frutto questo periodo cuscinetto – ma anche per rassicurare gli operatori di piccole e medie dimensioni, che chiedono maggiori certezze sul futuro – una proposta arriva dalla Puglia. «Conserviamo le antenne territoriali delle attuali strutture commissariali – propone Riccardo Figliolia, segretario generale di Confimi Industria Bari, Bat e Foggia e di Confimi Industria Puglia – e assegniamo alla Struttura Centrale un indispensabile ruolo di impulso e coordinamento degli interventi».
La proposta pugliese
La proposta arriva dopo una riflessione che vede Confimi accanto al ministro Fitto nella concezione della Zes unica come «uno strumento potente di sviluppo». «La Zes Unica – conferma Figliolia – rimane uno strumento di importanza straordinaria nella prospettiva auspicata di dare finalmente la stura allo sviluppo del Mezzogiorno, ma stiamo raccogliendo molte preoccupazioni tra gli operatori per le ombre che si addensano sulla fase di passaggio tra il vecchio regime e il nuovo. Allargare le opportunità della Zes a tutti i territori del Sud ha risolto un grande problema di pari opportunità e concorrenza, ma sta presentando alcune criticità».
Una svolta, quella della Zes Unica, che il governo ritiene fondamentale per accrescere l’attrattività e il ruolo euromediterraneo del Mezzogiorno, ma sulla quale continuano a non mancare dubbi e polemiche.
L’iter e i problemi
Un primo ordine di problemi riguarda la burocrazia: «I vari software, tra sportelli dei vari Commissari e Struttura centrale ministeriale – rileva Figliolia – non dialogano. Le nuove domande vanno presentate ai Suap comunali, i cui sistemi non sono pronti a riversare la documentazione sui portali delle vecchie Zes territoriali, per cui bisogna usare le pec, che si stanno stratificando sui computer, rallentando rovinosamente tutto l’iter delle procedure».
Il timore prevalente è quello dei ritardi: «Manca il Piano di Sviluppo per valutare le domande e il suo iter di approvazione potrebbe rivelarsi particolarmente accidentato, provocando altro pericoloso ritardo. Al momento, manca altresì il provvedimento di sblocco del credito d’imposta, non c’è quindi la certezza degli incentivi e ciò favorisce immancabilmente gli operatori più facoltosi». Per questo, ad essere preoccupati sono prevalentemente gli operatori delle piccole medie imprese, timorosi anche del fatto che la centralizzazione della Zes negli uffici romani possa far venire meno la possibilità di ricevere un’assistenza diretta e puntuale in caso di difficoltà, com’è stato finora con gli uffici territoriali. «Preoccupa – sottolineano da Confimi – la modalità di centralizzazione tutta “romana” della Zes, perché questo potrebbe favorire le grandi organizzazioni e costituire un ostacolo all’operabilità delle piccole organizzazioni che oggi trovano certamente più “semplice” ricevere risposte ed assistenza attraverso i presidi territoriali attuali, che si prevede di eliminare dal primo marzo. Si rischia così di perdere quella preziosa e puntuale conoscenza della vivacità locale delle piccole imprese accumulata in questi anni».
Da queste riflessioni, dunque, matura la richiesta di tenere in vita gli otto presidi territoriali delle Zes – Campania, Calabria, Ionica (Puglia-Basilicata), Adriatica (Puglia-Molise), Sardegna, Abruzzo, Sicilia Orientale e Sicilia Occidentale – di certo più vicini alle organizzazioni che operano nello stesso bacino, e affidare alla neonata Zes unica un ruolo di coordinamento.
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